La settimana inizia con la promessa di misure per gli imprenditori, Confindustria chiede interventi ad hoc sulla mobilità dei lavoratori. Meloni si prepara al forum di Cernobbio, che per consuetudine è il primo passo verso la definizione della legge di bilancio
Le perplessità sono numerose, le certezze poche, le richieste abbondano. E in tutto questo il governo ancora balbetta, cercando di fare cassa ovunque, magari anche sulla sanità.
La legge di Bilancio è tutta da scrivere. Ed è attesa con cautela dai potentati economici, quel che resta dei poteri forti, per capire quale sia la direzione del governo. C’è un po’ di scetticismo, ma al momento non si registra un’aperta ostilità. Sul fronte della spesa, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha rassicurato tutti.
Certo, non aiutano le dichiarazioni, in primis di Matteo Salvini e dei leghisti, su Quota 41 e taglio delle tasse nel mood delle eterne promesse impossibili da mantenere. Addirittura Antonio Tajani ha ripreso un cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi: l’aumento delle pensioni minime.
Un cortocircuito rispetto alle ventilate possibilità di fare cassa sulla spesa previdenziale e sulla sanità. La linea infastidisce i poteri forti.
Messaggio alle imprese
Intimorita da un possibile scontro aperto con il mondo delle imprese, Giorgia Meloni ha spostato il focus. «La stagione dei soldi gettati dalla finestra e dei bonus è finita e non tornerà fin quando ci saremo noi al governo», ha scritto sui social. E ha rilanciato: «Tutte le risorse disponibili devono continuare a essere concentrate nel sostegno alle imprese che assumono e che creano posti di lavoro e per rafforzare il potere di acquisto delle famiglie e dei lavoratori».
Un messaggio pro imprese dal timing non casuale: è arrivato all’inizio della settimana in cui la presidente del Consiglio presenzierà al forum di Cernobbio, che per consuetudine è il primo passo verso la definizione della manovra economica.
Occorreva stabilire una sintonia con quella platea. Lo staff della presidenza del Consiglio vuole garantire l’approvazione dagli interlocutori dell’evento di Ambrosetti. Al vaglio c’è un discorso tutto imprese e sviluppo, esaltando alcune delle parole d’ordine come sburocratizzazione e semplificazione. Nel fine settimana, insomma, Meloni dovrà portare qualcosa in dote all’evento che riunisce il gotha dell’economia italiana e internazionale. E allontanare le nuvole dello scetticismo.
Il Piano del Mef
Sono giorni intensi a via XX settembre, sede del ministero dell’Economia. Giorgetti è alle prese con la definizione del Piano strutturale di bilancio per tracciare la road map dell’esecutivo sull’abbattimento del deficit. Qualcosa di concreto verrà affrontato nel prossimo Consiglio dei ministri che dovrebbe tenersi entro la settimana, probabilmente il 6 settembre, anche se si vociferava già di domani 4. Opzione poi smentita da fonti governative.
«Prima della manovra sarà licenziato il Piano strutturale di bilancio», ha ricordato il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, lasciando intendere che è ancora tutto in divenire. C’è stata comunque un’anticipazione. La legge di Bilancio sarà di «circa 25 miliardi di euro», ha detto l’uomo di fiducia di Giorgetti.
Questioni tecniche che non possono oscurare un altro aspetto: al forum Ambrosetti bisogna portare delle risposte. Confindustria, con il nuovo corso del presidente Emanuele Orsini, ha chiesto un colpo d’ala, guardando già oltre il Pnrr. L’attuazione del Piano è essenziale per spingere il Pil.
Solo che il 2026, anno di scadenza del Recovery plan, non è così lontano: occorre pensare a quello che verrà dopo. Sul punto il governo appare avvitato su sé stesso con misure che non guardano oltre il presente. Da un lato Meloni giura «mai più bonus», dall’altro agisce con una miriade di incentivi a tempo. Cioè i bonus.
Di sicuro da Confindustria puntano a garantire che al fianco degli stanziamenti ci possano essere delle iniziative ad hoc. Una delle proposte messe in campo riguarda la facilitazione della mobilità dei lavoratori, prevedendo la possibilità di affitti calmierati per i neo assunti che devono cambiare città. Un progetto specifico a metà tra le politiche del lavoro e quelle sociali da realizzare prima possibile, almeno nelle intenzioni degli industriali.
Meloni ha affidato il dossier al ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che si è tenuto sul generico: «Serve un piano strutturale». Detta così assomiglia a una strategia dilatoria, in attesa degli eventi, benché sia confermato un dialogo sulla misura.
Di mezzo ci sono poi le iniziative di sostegno agli investimenti, nella consapevolezza che le risorse sono limitate, e un programma di revisione delle agevolazioni fiscali, che al ministero dell’Economia stanno seriamente valutando.
Restano da vedere le possibili modalità di realizzazione e da quale voce possono essere attinte le risorse. Il bancomat potrebbe essere la sanità in nome della razionalizzazione della spesa.
C’è una partita complicata sul piano politico. Nel ruolo di presidente del Consiglio, Meloni è senza dubbio l’interlocutrice privilegiata dei potentati. Ma di mezzo ci sono i risvolti politici. Forza Italia vuole farsi portatrice delle istanze delle imprese, ma anche delle istituzioni economiche nel segno del verbo liberale che vorrebbe diffondere nella coalizione.
Il segretario Antonio Tajani ha chiesto al deputato e responsabile economia del partito, Maurizio Casasco, di farsi messaggero quantomeno verso il mondo imprenditoriale, che da ex presidente Confapi (la confederazione della piccola e media industria) conosce molto bene. Le priorità sono «crescita e liberalizzazioni», ha ribadito il parlamentare azzurro riprendendo degli argomenti già usati in passato.
La sponda dei berlusconiani arriva anche all’Ance, l’associazione che unisce i principali costruttori. Sul tavolo c’è la richiesta di stimoli all’edilizia soprattutto con un piano di «rigenerazione urbana». E ancora di più è stata presentata l’esigenza di una proroga dell’intervento sul caro-materiali.
La presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, ha già lasciato intendere che la questione è cruciale: l’alternativa è la chiusura dei cantieri all’inizio del nuovo anno. Una catastrofe in tempi di realizzazione del Pnrr.
© Riproduzione riservata