Parte lesa o appaltatrice di dossier? «Per sgombrare il tavolo da ricostruzioni fantasiose» questa mattina, 4 ottobre, la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli ha chiesto di essere ascoltata dai pm di Milano che hanno in mano l’inchiesta sugli hacker guidati da Enrico Pazzali e Carmine Gallo. La parlamentare azzurra era stata tirata in ballo negli atti dell’indagine sul gruppo legato alla società Equalize che, bucando banche dati strategiche, avrebbe compiuto presunte attività di dossieraggio illegale.

«I dossier mi rendono parte lesa»

Dopo oltre un’ora e mezza davanti ai pm della Dda milanese Francesco De Tommasi e Alessandra Dolci, al quarto piano di Palazzo di Giustizia accanto all’ufficio del procuratore capo Marcello Viola (anche lui presente), la vicepresidente del Senato ha cercato di chiarire la sua posizione: «La procura aveva già inteso e oggi ha preso definitivamente atto che non ho mai fatto richiesta di alcun dossier. Il fatto che Pazzali, di sua esclusiva iniziativa, abbia deciso di commissionare un’indagine su una professionista soltanto perché di mia conoscenza – continua la senatrice – mi mette nella posizione di parte lesa in quanto oggetto di un possibile ricatto. Mi riservo di adire le vie legali».

Il coinvolgimento di Ronzulli

Il nome di Licia Ronzulli compare più volte nella richiesta di custodie cautelari dei pm. In un’intercettazione del 18 luglio del 2022, il presidente di Fondazione Fiera Milano e proprietario della società d’investigazione al centro della bufera avrebbe riferito al super poliziotto, ora ai domiciliari, Carmine Gallo – ad di Equalize – che Forza Italia avrebbe «richiesto le informazioni» sulla manager «Simona Gelpi… di Autogrill» e avrebbe sollecitato la preparazione di «un relativo report».

L'interesse di Pazzali, scrivono gli inquirenti, «è in particolare quello di ottenere informazioni circa l'eventuale coinvolgimento di Gelpi Simona in qualche roba con Berlusconi: «Non lo so – si dicono Pazzali e Gallo – No no avrà una quarantina d'anni non lo so... e comunque lavora in Autogrill... guarda che non ci sia mai qualche roba con Berlusconi”».

Il nome della senatrice viene svelato il giorno dopo, il 19 luglio. «Mi arriva dalla Ronzulli, mi fa un po’ paura», spiega il presidente di Fondazione Fiera Milano intercettato. Riferendosi alla Gelpi, continuano i pm, Pazzali afferma: «No però mi sembrava che… non vorrei che fosse da giovane una delle letterine, quelle robe lì». Gallo lo tranquillizza, «riferendogli di avere un dossier sulle cosiddette “olgettine” e che la Gelpi non sarebbe stata di quello “staff lì”. (…) “Si è sempre occupata di comunicazione”», conclude.

La ricostruzione smentita dalla senatrice

Ricostruzione totalmente smentita da Ronzulli, che passa al contrattacco e minaccia via legali: «Chi mi ha definita spiona ne risponderà a tutela della mia immagine, onorabilità e integrità», ha detto all’uscita degli uffici dei pm. «Questa mattina ho raccontato come sono andati i fatti e ho spiegato chiaramente che non ho mai commissionato al presidente della Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali alcun controllo su una professionista». Le ricostruzioni finite sui giornali, ha proseguito, «sono totalmente false. In primis perché ciò presupporrebbe che io fossi stata a conoscenza che Pazzali avesse un’agenzia investigativa, quando invece ho scoperto tutto dai media. In secondo luogo, perché non avrei avuto alcun motivo di chiedere informazioni su una professionista che stimo e che conosco da tantissimi anni».

Se sono stati chiesti controlli sulla manager, aggiunge la vicepresidente del Senato, «non so con quale obiettivo. Non escludo magari per qualcosa che potesse screditarla in quanto in predicato di entrare del cda di Fiera Milano».

«Un verminaio inqualificabile»

Interpellata sui suoi rapporti con Pazzali, Ronzulli ha spiegato: «Lo conosco da quando era amministratore delegato di Fiera Spa nella consiliatura precedente a quella in cui sono entrata io nel 2015. Non era già più ad. Lo conoscevo perché in precedenza c’erano stati degli eventi fieristici, a cui ovviamente abbiamo partecipato anche per questioni politiche e istituzionali». La senatrice ha definito la vicenda «un verminaio inqualificabile» e ha ribadito l’intenzione di «fare qualcosa dal punto di vista legislativo».

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