Più si politicizza la questione migratoria e meno se ne esce. Davanti a 120 milioni di rifugiati nel mondo, meglio sarebbe preparare una ragionevole strategia bipartisan. Invece, tra centri off shore e respingimenti in mare, stiamo diventando antipatici a tutti
«L’ong ha scelto di bighellonare…»: si racchiude in questo termine tutta la cultura (dis)umanistica dell’avvocata Giulia Bongiorno a difesa del ministro Matteo Salvini. Se salvare vite è paragonabile a bighellonare, allora vuol dire che siamo del tutto fuori e lontani dalla tradizione e dalla cultura umanistica, civile e giuridica euro-occidentale.
Si può essere in disaccordo sul fattoi che le ong si facciano carico di un’incombenza che dovrebbe essere della Guardia costiera; si può pensare che la questione migratoria debba essere risolta in altro modo e non con interventi di questo tipo. Ci si può scontrare sul credere che difendere i confini sia più importante che difendere la vita, anche se siamo già al limite.
Ma disprezzare con termini beffardi l’impegno di giovani che decidono di dedicarsi alla salvezza in mare invece che farsi gli affari propri e curare soltanto la propria carriera, è dimostrazione di un cinismo e di una insensibilità che sa di anti democratico.
Politicizzare i migranti
È abitudine delle culture autoritarie quella di diffamare l’avversario con epiteti beffardi. Sì perché una delle caratteristiche della democrazia è occuparsi della res publica, cioè sentirsi responsabili degli altri, della collettività, delle vite degli altri come una cosa preziosa.
È questo che è iscritto sui più importanti codici della nostra civiltà ma l’avvocata Bongiorno fa finta di non saperlo e irride. Non sa e non conosce (ma probabilmente simula) cosa sia la disumanità delle condizioni di molti migranti, oppure (peggio) dà loro la colpa di tale situazione.
Non sa e non vuole sapere cosa sia la disumanizzazione del nostro mondo che ormai si è abituato a tutto e non prova più nessuna empatia. Una società così è una società che si prepara alla ferocia e poi alla guerra. Sarebbe meglio litigare tra di noi invece che schernire o deridere chi aiuta: dimostrerebbe maggior sensibilità. Criminalizzare e dileggiare chi aiuta gli altri non è degno della nostra civiltà. Ci sarebbe da dire: se non lo vuoi fare non farlo, critica pure ma porta rispetto.
Detto questo resta vero ciò che ha dichiarato il cardinale Matteo Zuppi in materia migratoria: finché sarà politicizzata non se ne esce. Anzi, la questione dei migranti torna indietro come un boomerang verso chi l’ha troppo manipolata creando allarmismo che si rivela vacuo.
Infatti non c’è invasione ma siamo nel cul de sac dei respingimenti in mare e dei centri off shore d’Albania. Il diritto internazionale e quello europeo non sono cambiati e anche se muterà quello nazionale ci aspettano lunghi mesi di diatribe, scontri e polemiche.
Trovare un futuro
Perché costituzionalmente il parlamento può votare leggi che poi vengano dichiarate non conformi alla Carta e ai diritti dell’uomo: può accadere. Ne andrà di mezzo la giustizia stessa e tutto questo si ritorcerà contro tutti.
Una perdita e di tempo e una macchinazione inutile invece di guardare all’essenziale che è anche molto più semplice: c’è chi ha solo bisogno di trovare un futuro perché gli è stato negato nel proprio paese di origine. Lo possono testimoniare afghani, libici, siriani e così via.
Lo possono raccontare tante donne la cui vita non è per niente “sicura” anche in paesi non sospetti. Dovremmo resistere alla tentazione di fare dei migranti una sfida elettorale e concentraci su cosa fare (in maniera bipartisan se possibile) perché il fenomeno durerà.
Non si tratta di un’invasione: da noi i numeri sono piccoli ma se allarghiamo lo sguardo notiamo che non tanto distante si svolgono dei drammi. Siria 5 milioni di sfollati e 6 di rifugiati; Sudan 7 milioni di sfollati e 2,5 di rifugiati. E poi c’è l’Afghanistan, Gaza, il Kivu ecc., senza dimenticare gli ucraini (che già i polacchi non sopportano più): 120 milioni di profughi nel 2024. Davvero pensiamo di rimanere immuni da tutto questo? Davvero – per usare le parole di papa Francesco – crediamo di rimanere sani in un mondo malato?
Prima o poi le conseguenze di tali immani spostamenti di popolazione arriveranno da noi e non sarà possibile difendere nessun confine. Meglio organizzarci subito e con ragionevolezza invece che sbraitare alla luna e diventare sempre più cattivi.
Restiamo umani
C’è in Europa una convinzione: siamo troppo buoni e basta diventare più cattivi per respingere “l’invasione”, per difenderci e così via. Il mondo è minaccioso e l’unica soluzione sarebbe incattivirsi per proteggersi meglio. Si tratta di un’idea puerile: davanti agli sconvolgimenti del mondo attuale ci vuole intelligenza e non rigidità ottusa.
La storia già abbondantemente dimostra che i confini non si difendono dalla masse che si muovono: meglio orientarle, accompagnarle, aiutarle e procedere, trovare misure multilaterali e solidali assieme ad altri. Meglio ancora: applicarsi a risolvere le cause di tale caos.
Se gli stati europei non rispondono, facciamolo con altri ma in modo umano. Se resteremo soli ed arrabbiati a difendere i nostri privilegi nessuna grande muraglia ci proteggerà. Incattivirsi avrà come unico risultato di renderci la vita più difficile, di dividerci internamente, di farci diventare più antipatici al resto del mondo. Se c’è una cosa che caratterizza gli italiani è la loro umanità e simpatia: è qualcosa che ci difende meglio di tante altre. Se perdiamo anche questo non aumenta la stima per altro: davvero ci conviene?
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