Elly Schlein ha aspettato un intero giorno per lasciare decantare la polemica. E poi da Tagadà su La7, e cioè dalla stessa trasmissione dove ventiquattro ore prima Marco Tarquinio aveva proposto di «sciogliere la Nato in Europa e costruire una nuova alleanza tra pari con gli Usa» (citiamo la frase esatta per evitare l’accusa di travisare la proposta), ha detto in maniera molto molto asciutta che no, lei non la pensa così: «Quella di Marco Tarquinio è un’autorevole candidatura indipendente. Ma la linea di politica estera la fa il Pd».

Il giorno prima, il tiro del pacifista era stato già corretto da Peppe Provenzano, responsabile Esteri dem e autorevole esponente della sinistra interna: «Noi siamo per un’autonomia strategica europea, che si esprima all’interno delle alleanze internazionali e rafforzando le istituzioni multilaterali». Non è bastato a stoppare gli attacchi di Forza Italia e degli amici-nemici Carlo Calenda e Matteo Renzi. Con grave irritazione di lettiani, franceschiniani e, soprattutto, dei riformisti del Pd.

Quell’area per un giorno intero ha ribollito. Ci sono quelli che si sono morsi la lingua. Chi, invece, sui social ha postato una maglietta filo Nato (Filippo Sensi), chi ha chiesto «un po’ più di rispetto per la comunità di cui sei ospite» (Giorgio Gori, in corsa nel Nord-Ovest), chi «Tarquinio è un candidato indipendente, ma sulla Nato è andato oltre. Capisco i toni da campagna elettorale, ma sulle questioni internazionali serve buon senso e maggiore equilibrio» (Alessia Morani, come Tarquinio anche lei candidata nel Centro), e chi ancora «La Nato non è in discussione. Molto autorevolmente lo ha ribadito il presidente della Repubblica, è stata la principale garanzia di stabilità e di pace per l’Italia e per l’Europa nel corso di questi anni. Va rafforzata con un rapporto più stringente con l’Ue» (Pina Picierno, candidata nel Sud).

Sulle chat interne si leggono parole poco amichevoli (del tipo: «Scemenze per far parlare di sé»).

Il rush finale della campagna

Alla fine la segretaria è intervenuta per ribadire la linea. E anche perché ieri, a sorpresa, Nicola Zingaretti ha mezzo dato ragione a Tarquinio sostenendo che le sue parole «non mettono in difficoltà il Pd». Ed è stato questo a fare drizzare le antenne ad alcuni. Perché nel futuro dell’ex segretario potrebbe esserci il posto da capodelegazione a Bruxelles.

C’è chi fa ha fatto due più due: non è che, attraverso il duo Tarquinio-Zingaretti, la segretaria vuole radicalizzare la linea del prossimo Pd fino a mettere in discussione la Nato? Così bruciando le possibilità a qualche autorevole esponente dem di correre per un incarico atlantico? E non è che Tarquinio si è messo d’accordo con lei per un finale tutto fuochi artificiali, che attiri l’elettorato pacifista su di lui, ma metta in difficoltà gli altri?

In realtà però le cose non stanno così. La sortita di Tarquinio è un do di petto deciso in solitaria. Schlein non ne era informata. Lei conosce, ovviamente, le posizioni dell’ex direttore di Avvenire e ripete che «gli indipendenti sono una ricchezza per le liste del Pd».

Ma est modus in rebus: la questione sollevata, lo stato di salute della Nato, non è nuova (nel 2019 il francese Emmanuel Macron ha parlato di una Nato «in stato di morte cerebrale»), ma non è di quelle che si possono affrontare in due battute in tv, a meno che (appunto) non si voglia lanciare un segnale all’elettorato pacifista di sinistra-sinistra. Ed è vero che nel rush finale della campagna elettorale vale tutto per fare acchiappanza degli ultimi voti.

Ma non c’è nessun “tana libera tutti”. La segretaria vuole continuare fino all’ultimo a puntare sui rocciosi temi sociali (sanità e lavoro), e non a dover impegnare il poco tempo che resta a placare polemiche.

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