La legge di Bilancio prevede una significativa riduzione dei costri del personale per arginare il debito monstre dell’azienda. Nemmeno FdI ha presentato emendamenti soppressivi
Il termine per gli emendamenti alla manovra è chiuso, ma in Rai restano fiduciosi. «Ci pensa il partito, la soluzione si trova». Il riferimento è all’articolo 113 della bozza della legge di Bilancio, tanto preoccupante per viale Mazzini che qualcuno l’ha pure stampato su carta e se lo porta dietro nella tasca della giacca.
Il testo prevede, per il 2026, tagli al personale per il 2 per cento della media delle spese sostenute nel triennio 2021-2023. Per l’anno 2027, la riduzione della spesa sale al 4 per cento. A spanne, per il 2026 si parla di una cifra intorno ai 20 milioni di euro, anche se nessuno si è ancora applicato per fare il calcolo preciso.
Al settimo piano non sono preoccupati. Il soccorso di palazzo Chigi arriverà. Manca solo la certezza dello strumento. C’è chi evoca il maxiemendamento che immancabilmente arriverà e chi spera in un intervento della relatrice di FdI, Ylenja Lucaselli.
Scadenza ravvicinata
Ma il tempo stringe. Quel che salta all’occhio è che nessuno in Fratelli d’Italia abbia ritenuto di proporre nel primo fascicolo di emendamenti – oltre un migliaio solo quelli della maggioranza – la soppressione del taglio proposto dal ministero di Giorgetti.
Eppure il cda della Rai ha commentato, in una delle ultime riunioni, l’iniziativa del governo. I membri, dopo l’incontro a fine ottobre, hanno espresso «apprensione per i provvedimenti riguardanti il futuro dell’azienda contenuti nel disegno di legge della manovra di bilancio 2025 che rischierebbero di limitare l’autonomia del nostro servizio pubblico e di condizionarne le scelte e le attività con possibili impatti sull’occupazione, nonché sull’indotto».
Insomma, un segnale era stato lanciato in direzione Chigi anche pubblicamente, oltre che per i canali riservati che legano la governance Rai al partito della premier Giorgia Meloni.
Eppure, di risultati non ne sono arrivati. L’unico attivismo che si è registrato in parlamento è stato quello della Lega che, come da copione, è intervenuta a gamba tesa sul canone. Dopo che il taglio di 20 euro, da 90 a 70 euro annui, non è stato rinnovato nel testo base, il partito di Matteo Salvini si è premurato di inserire subito un correttivo nel proprio pacchetto di emendamenti al decreto fiscale che accompagna la manovra, proponendo la stessa soluzione del 2023, cioè il finanziamento degli oltre 400 milioni mancanti con fondi della fiscalità generale.
L’anno scorso era stata la chiave per disinnescare le critiche di Forza Italia, preoccupata che i soldi venuti meno fossero compensati da un innalzamento del tetto pubblicitario che lederebbe Mediaset. Fratelli d’Italia nello scontro tra partner di maggioranza è rimasto nell’ombra.
Anche ora, la linea è attendista sia sui tagli sia sul canone. «Stiamo ancora ragionando su tutte e due le questioni» confidano dal partito. Anche al ministero dell’Economia la notizia di un intervento in senso correttivo da parte di FdI sui compiti a casa per viale Mazzini non è ancora arrivata. Ma la fiducia in un intervento in Rai resta incrollabile.
Dove tagliare
Che poi, la consapevolezza del fatto che la Rai di tagli avrebbe disperatamente bisogno c’è. Certo, l’indicazione dell’area su cui intervenire è percepita come un’ingerenza fuori luogo, ma il bilancio del servizio pubblico sta diventando sempre più insostenibile: quasi 600 milioni di euro di debito. Di piani di razionalizzazione in passato ne sono stati approvati, non ultimo il newsroom, ma sono finiti dritti in un cassetto.
Produzioni esterne faraoniche con risultati deboli – come Avanti popolo e L’altra Italia – e ingaggi stellari non aiutano. Della nuova generosità si è reso conto anche Bruno Vespa, che scocca un’altra frecciata all’indirizzo della governance, dopo essersi lamentato a inizio stagione del traino di Porta a porta. Stavolta l’ex direttore del Tg1 ha messo in chiaro le cose in vista della trattativa sul rinnovo del suo contratto, in scadenza ad agosto 2025.
«Ho visto che la Rai è stata tanto generosa, giustamente, con tanti colleghi, e non vorrei trovarmi spiazzato» ha detto a Un giorno da pecora, confidando di aver ricevuto più volte offerte da Mediaset. Un’opzione per l’anno prossimo? «Chissà». Ma Vespa non rischia, la manovra si concentra su personale e consulenze. Brutte notizie quindi – a meno di un intervento di FdI – per i precari della cosiddetta “fase 2” che martedì hanno manifestato sotto viale Mazzini per ottenere una regolarizzazione delle loro posizioni.
Spesso sono assunti a tempo con contratti diversi da quello giornalistico e sperano di entrare in azienda a pieno titolo. Sulle loro spalle si reggono tanti programmi d’informazione. Al presidio ha partecipato anche Unirai, il sindacato “di destra” nato quasi un anno fa per mettere in piedi un’alternativa a Usigrai. Ma più di qualcuno si chiedeva quanto spazio di manovra rimanga alla Rai, con un compito così gravoso sulle spalle: «Già devono tagliare, e a noi che rimane?».
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