Il governo era in ritardo di 11 mesi. Ora la relazione è stata presentata (prima sul sito della Rete Pro Choice e solo dopo su quello del ministero della Salute), ma mancano i due allegati relativi ai dati comparati sull’obiezione di coscienza e sui consultori pubblici attivi. Sportiello (M5s): «Chiederemo, per l’ennesima volta, quello che continua a spettarci di diritto»
Dopo due mesi di interrogazioni parlamentari al ministero della Salute per la pubblicazione del report sulla legge 194 con i dati relativi al 2022, il 4 dicembre la Rete italiana contraccezione aborto “Pro Choice” ha pubblicato sul proprio sito, in anteprima, la relazione annuale “sulla attuazione delle norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione di gravidanza”, pubblicata solamente nella giornata di giovedì sul sito del ministero della Salute, con quasi undici mesi di ritardo, come aveva denunciato anche Domani.
Le tabelle mancanti
Federica di Martino, attivista del progetto “Ivg, ho abortito e sto benissimo”, racconta a Domani: «Abbiamo atteso quasi undici mesi portando avanti richieste incessanti rispetto alla possibilità che il ministero della Salute pubblicasse questo report. Troviamo assolutamente vergognosa e indegna questa attesa».
«Troviamo ancora più assurdo il fatto che questo report sia stato pubblicato in anteprima non dal ministero della Salute, ma da una rete non istituzionale. Ci domandiamo quale sia il potere d’azione delle istituzioni rispetto al rendere conto alle proprie cittadine e ai propri cittadini rispetto dei dati così importanti», continua l’attivista.
Ancora una volta, dunque, sono le reti che si muovono dal basso per la tutela della salute e dell’autodeterminazione a dover prima rivendicare e poi rendere pubblica una relazione che da tempo la cittadinanza e le associazioni stavano attendendo da parte del governo, tramite il ministero guidato da Orazio Schillaci.
Ma oltre alla lunga attesa della pubblicazione, arriva l'ennesimo dato allarmante: «Quello che aspettavamo erano delle tabelle che ci dessero un quadro specifico in termini di dati e di aggregazione rispetto a degli elementi fondamentali, come l’obiezione di coscienza, rispetto alle azioni consultoriali», continua di Martino. Oltretutto, all’interno del report prodotto dallo stesso ministero, «nella parte finale c’è un indice in cui vengono indicate le tabelle e la loro stessa didascalia. Peccato che, all’interno dello stesso report, queste tabelle non siano presenti».
I numeri present
ati sono già inattuali e incompleti «per problemi anche legati ai dati che vengono forniti dalle regioni e dagli ospedali che non ci offrono una fotografia della situazione», per cui «quello a cui ci troviamo davanti è un quadro impietoso in cui nemmeno tutte le informazioni che dovrebbero essere raccolte, di fatto, vengono pubblicate».L’utilità dei dati e delle tabelle, al momento mancanti, «ci permetterebbe in minima parte, perché i dati non vengono aggregati in maniera completa, di avere un quadro della situazione rispetto ai divari tra le varie regioni, tra Nord e Sud del paese e all’incidenza dell’obiezione di coscienza tra personale medico e personale sanitario», conclude di Martino.
Una nuova interrogazione al ministero della salute
Federica di Martino e Gilda Sportiello (M5s) hanno scritto nuovamente il testo di un’interrogazione, che Sportiello depositerà nella giornata di venerdì 6 dicembre, proprio sulla mancanza di queste tabelle: «Evidentemente - riflette di Martino – è soltanto questo il modo in cui il ministero comincia a smuoversi. Chiederemo, per l’ennesima volta, quello che continua a spettarci di diritto».
Gilda Sportiello, raggiunta da Domani, aggiunge: «Ho depositato un'interrogazione al ministro della Salute per chiedere come mai la relazione sull'applicazione della legge 194 è priva delle tabelle che recano dati fondamentali, come quelli relativi all’obiezione di coscienza. Ed è incredibile che per vedere pubblicata la relazione sull’attuazione della 194 con i dati relativi al 2022 abbiamo dovuto sopportare un ritardo che mai si era registrato. Adesso dobbiamo anche andare a controllare che tutto quello che ci spetta per legge e per diritto sia pubblicato in forma corretta».
Cosa dice la relazione pubblicata
In merito ai primi dati riportati all’interno della relazione, di Martino afferma che il dato che è emerso «in maniera assolutamente approssimativa», ma che va inquadrato in un quadro più ampio, è quello relativo all’incremento del numero di interruzioni di gravidanza da parte delle persone minorenni. Per di Martino «rispetto a quelli che sono i dati forniti dall’Istat, questo viene considerato come un elemento di rientro dalla pandemia. Ricordiamo che i dati di accesso sono quelli relativi al 2022, quindi quelli della fuoriuscita da un periodo pandemico. Tendo a domandarmi se e quanto le politiche di deterrenza, che hanno cominciato a farsi spazio nella cultura oltre che nei luoghi della salute, abbiano eventualmente inciso nel dato, insieme alla mancanza di un'educazione sessuo-affettiva all'interno delle scuole».
Sicuramente è rilevante, e continua a essere un elemento fondamentale rispetto al trend in calo rispetto alle interruzioni volontarie di gravidanza, la questione legata all’accesso alla contraccezione d’emergenza, «in particolare quella dei cinque giorni dopo, che non prevede ricette mediche per le persone minorenni. Quindi, evidentemente, c’è una maggiore semplicità d’acquisto, nonostante i costi siano più rilevanti».
Si nota anche un incremento rispetto all’utilizzo dell’aborto farmacologico, che supera il 50 per cento, «nonostante, come soglia, sia molto indietro rispetto ad altre nazioni europee. Dirimenti è interessante notare come solo lo 0,3 per cento di queste interruzioni di gravidanza farmacologiche vengano effettuate nei consultori. Nel 2020, una circolare del ministero favoriva la possibilità di somministrazione della pillola all’interno di questi presidi di salute».
Raccogliere e raffrontare questi dati, a fronte del numero dei consultori pubblici che hanno resistito allo smantellamento degli stessi come spazi pubblici, è assai importante.
Un ultimo elemento è il dato con cui il ministero «sottolinea come il carico di lavoro per i medici non obiettori sia assolutamente residuale. Tuttavia, all’interno dello stesso report, viene dichiarato dallo stesso ministero che anche in quelle strutture dove i medici sono obiettori, viene comunque garantito il servizio grazie alla mobilità, ma per la legge 194 l’obiezione di struttura è vietata e su questo dovremmo cominciare a porci delle domande», dice ancora di Martino.
Domande lecite, anche per quanto concerne il ruolo dei medici non obiettori «che vengono costretti a spostarsi da un ospedale all’altro perché altri medici non garantiscono il loro servizio». I dati, conclude di Martino, «non sono mai letture semplici, ma devono essere corredati da analisi complesse, intrecciate con il tempo e la storia politica in cui viviamo».
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