C’è un segmento cruciale che molto probabilmente farà mancare il suo sostegno ai democratici ed è quello degli arabi americani. O almeno non voterà in massa per il ticket guidato da Kamala Harris in Michigan, dove vivono 200mila cittadini di origine araba.

Il sondaggio 

Un sondaggio svolto dall’Arab American Institute su 500 potenziali elettori nello stato della Rust Belt ha avuto un risultato choc: a sorpresa Donald Trump è in vantaggio con il 46 per cento dei consensi mentre la vicepresidente registra solo il 42 per cento.

Le ragioni sono presto spiegabili e d’immediata comprensione: il sostegno a Israele da parte dell’amministrazione di Joe Biden che la scorsa primavera ha visto nascere proprio in Michigan il movimento “uncommitted” che mirava a eleggere delegati che si astenessero alla convention di agosto per protestare per il sostegno americano alla guerra di Israele contro Hamas.

Sempre nel medesimo sondaggio si chiede cosa accadrebbe se Harris invece chiedesse un immediato cessate il fuoco in Libano, si attivasse per distribuire gli aiuti umanitari a Gaza e minacciasse di bloccare le forniture militari a Israele. In quel modo i suoi consensi salirebbero al 60 per cento.

Numeri comunque bassi rispetto al 2020, quando oltre il 66 per cento scelse Joe Biden contro un Donald Trump che aveva passato quattro anni a indulgere spesso nella retorica islamofoba. Cosa che ha anche fatto di recente, quando ha definito «terroristi» gli immigrati di origine yemenita a un comizio in Pennsylvania.

Ad ogni modo non è lui ad avvantaggiarsi di questo stato di cose, ma una terza candidata, la sempiterna Jill Stein, leader dei Verdi Americani che afferma di essere «l’unica candidata» contro il «genocidio palestinese». A chi l’accusa di favorire Trump lei risponde che un nuovo quadriennio democratico sarebbe «altrettanto terribile» come uno sotto il tycoon.

Un cerchiobottismo che, sempre secondo il sondaggio, le attira il 12 per cento dei consensi della comunità araba. Poco, ma anche pochi voti sottratti a una coalizione dem sfilacciata potrebbero consegnare la vittoria in Michigan a Donald Trump.

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Né con Harris né con Trump

A suggellare questo preoccupante stato di cose per i dem è anche il comunicato dell’Arab American Pac di lunedì sera che ha dato un endorsement per l’astensione alle prossime presidenziali: entrambi i candidati «sostengono la guerra e il genocidio».

Questa è la prima volta che non danno il loro sostegno ai democratici, ma motivano la cosa per denunciare il sostegno «al governo estremista di destra di Israele». Nel comunicato si afferma anche «non bisogna sacrificare i propri principi per il minore dei due mali». Stesso principio astensionista anche per le elezioni al Senato: nessun sostegno per la deputata Elissa Slotkin contro il repubblicano Mike Rogers. Tutti e due «sono guerrafondai» si legge sempre nella nota.

Certo è che però nessuno dei due candidati alle presidenziali rimane inerte: da un lato la campagna di Trump sta facendo circolare sottotraccia il messaggio presso le comunità musulmane del Michigan dicendo «Kamala Harris si disinteressa a voi».

A capo di questo sforzo l’ex presidente ha nominato Massad Boulos, imprenditore di origine libanese e suocero della figlia Tiffany. Strategia che ha conquistato al tycoon il sostegno del sindaco dem di Hamtramck, cittadina di 28mila abitanti nell’area urbana di Detroit.

Dal canto suo Kamala Harris si è affidata alla deputata statale della Georgia Ruwa Romman, di origine palestinese, per evitare di perdere troppi consensi in questo segmento cruciale. Sembra però che nonostante tutto, a meno che non ci sia una svolta nelle prossime settimane, i dem dovranno fare a meno di questo segmento di elettorato, rischiando di perdere quelle poche migliaia di voti che servono per rimanere alla Casa Bianca. Proprio mentre Trump continua a usare retorica xenofoba in ogni comizio, caricando i toni sempre di più.

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