Si è concluso poco fa il nuovo ciclo di colloqui a Doha, in Qatar, per raggiungere l’accordo per un cessate il fuoco, dopo che i mediatori di Qatar, Egitto e Stati Uniti hanno definito la giornata di ieri «costruttiva». I negoziatori di Usa, Egitto e Qatar hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui si parla di progressi ma anche di alcuni «nodi da sciogliere» che rimangono. 

Gli alti funzionari avranno nuovi colloqui prima della fine della prossima settimana, nella speranza di raggiungere un accordo basato sui termini stabiliti venerdì. 

Hamas nel frattempo respinge le «nuove condizioni israeliane». 

Joe Biden ha detto che «siamo più vicini che mai» a concludere un accordo, ma per Hamas è un «falso positivo». 

Anche il presidente israeliano ha espresso il proprio apprezzamento per gli sforzi compiuti dagli Stati Uniti e da altri mediatori nel tentativo di convincere Hamas ad accettare un accordo. 

La proposta Usa  

Gli Stati Uniti, supportati da Egitto e Qatar, avrebbero presentato a entrambe le parti una proposta coerente sia con i principi stabiliti dal presidente Joe Biden il 31 maggio 2024 sia con la Risoluzione n. 2735 del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Questa proposta si basa su alcuni punti di accordo raggiunti in precedenza e tenta di colmare i gap rimanenti in modo da consentire una rapida attuazione dell'accordo stesso, a riportarlo è la Casa Bianca. 

Usa, Egitto e Qatar, paesi mediatori nei negoziati che si sono tenuti ieri e oggi a Doha, hanno poi pubblicato una dichiarazione congiunta, dove affermano che continueranno a lavorare nei prossimi giorni sui dettagli della proposta degli Stati Uniti. Gli alti funzionari, infatti, si incontreranno di nuovo la prossima settimana, nella speranza di raggiungere un accordo basato sui termini stabiliti oggi. «Questi colloqui sono stati seri e costruttivi e si sono svolti in un'atmosfera positiva», si legge nella dichiarazione. 

Nella giornata di oggi il presidente degli Stati Uniti terrà delle telefonate con l'emiro del Qatar Tamim e con il presidente egiziano Sissi per discutere dei colloqui conclusi, a riportarlo è Axios.

Joe Biden ha intanto rilasciato delle dichiarazioni che danno speranze sul possibile raggiungimento di un accordo. Durante una conferenza stampa nello Studio Ovale ha detto che «siamo più vicini che mai» ad un accordo per il cessate il fuoco e per la liberazione degli ostaggi. Ha specificato che un accordo non è ancora maturo attualmente, ma che le parti sono più vicine a raggiungerlo di quanto non lo fossero tre giorni fa. 

Alle parole di Biden ha risposto immediatamente un alto funzionario di Hamas, Sami Abu Zuhri, che ha accusato l'amministrazione Biden di aver tentato di creare un «clima falso positivo» riguardo alla possibilità di un accordo sugli ostaggi dopo il vertice di oggi.

Inoltre, secondo quanto riportato da alcuni media israeliani, il Segretario di Stato americano Antony Blinken si recherà in Israele domenica. L’obiettivo della visita sarebbe quello di fare pressione sul premier Benjamin Netanyahu affinché accetti un accordo per il cessate il fuoco.

Secondo quanto riportato dal Times of Israel, l'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu fatto sapere che il presidente ha apprezzato gli sforzi fatti dai mediatori in questi giorni per raggiungere un accordo. 

Pareri opposti sono arrivarti da un alto funzionario di Hamas che ha dichiarato alla Reuters che gli accordi negoziati nella giornata di oggi «non sono in linea con la proposta di luglio». Secondo due leader del movimento islamico palestinese che hanno parlato con l’agenzia di stampa francese Afp per conto di Hamas, «non accetteremo altro che un cessate il fuoco completo, un ritiro completo delle truppe israeliane dalla Striscia, il ritorno degli sfollati e un accordo per lo scambio [degli ostaggi ndr]. 

I negoziati 

Gli incontri sono iniziati giovedì con la partecipazione dei capi delle agenzie di intelligence israeliane Mossad, con il direttore David Barnea, e Shin Bet, con la sua figura di vertice Ronen Bar. In rappresentanza di Tel Aviv era anche presente l’inviato militare, il generale Nitzan Alon. 

Hamas invece non ha inviato rappresentanti e ha precisato che le consultazioni con i mediatori avverranno alla fine della sessione di negoziati. Per gli Stati Uniti hanno preso invece parte il direttore della Cia, Bill Burns, e l’inviato per il Medio Oriente, Brett McGurk.

Il Qatar ha inviato il primo ministro Mohammed bin Abdulrahman al Thani e l’Egitto il capo dell’intelligence, Abbas Kamel.

In merito ai colloqui, il portavoce di Hamas, Osama Hamdan, ha detto venerdì mattina che al momento non ci sono segnali positivi dai negoziati di Doha per raggiungere la tregua e e il rilascio degli ostaggi a Gaza. Hamdan non ha partecipato ai colloqui, ma ha comunque riferito ad Al Jazeera che non ha motivo di credere che Israele abbia inviato segnali positivi fino ad ora. «I mediatori stanno ancora parlando di colmare le lacune, ma è chiaro che la parte israeliana sta aggiungendo altre condizioni, parlando di nuove questioni», ha detto Hamdan, aggiungendo di credere che Israele stia cercando di «indebolire il processo negoziale» di proposito. 

Hamas continua a chiedere un ritiro totale dell’esercito israeliano dalla Striscia, punto sul quale aveva precedentemente ricevuto rassicurazioni dai mediatori. Se Israele mandasse «segnali positivi», Hamas sarebbe anche disposta a partecipare ai colloqui, ma al momento non è così, ha concluso il portavoce.

L'attacco dei coloni in Cisgiordania 

La ripresa dei negoziati a Doha per raggiungere una tregua nella Striscia di Gaza, evitare la rappresaglia iraniana e consentire l’arrivo degli aiuti alla popolazione, è avvenuta dopo le condanne da parte degli Stati Uniti al sanguinoso attacco da parte dei coloni in Cisgiordania nel villaggio di Jit. Un morto, un ragazzo palestinese di 23 anni, e un ferito grave è il bilancio di quella che la Casa Bianca definisce una «violenza inaccettabile».

Nella notte tra giovedì e venerdì, decine di coloni israeliani mascherati hanno infatti attaccato il villaggio palestinese di Jit, situato nel nord della Cisgiordania.

Diversi video e foto dell'attacco che circolano sui social mostrano edifici e auto in fiamme. Alcuni dei coloni avevano il volto coperto, e le testimonianze sul loro numero variano: secondo il Times of Israel erano cinquanta, mentre un residente ha riferito ad Haaretz di averne contati circa cento. Questo residente, di nome Hassan, ha raccontato che i coloni lo hanno attaccato con gas lacrimogeni e incendiato la sua auto, prima di proseguire verso il centro del villaggio. Secondo Hassan, l'esercito israeliano sarebbe intervenuto solo un'ora dopo, permettendo ai coloni di agire indisturbati.

L'esercito israeliano, in un comunicato, ha invece affermato di essere intervenuto «nel giro di pochi minuti» dall'inizio dell'attacco, sparando colpi in aria per disperdere i coloni e allontanandoli dal villaggio. Secondo i media israeliani, l’unico aggressore che era stato arrestato, è stato rilasciato venerdì. 

Venerdì mattina, inoltre, sono stati uccisi sei civili palestinesi in un attacco aereo israeliano diretto al campo profughi di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza, che ha provocato anche diversi feriti, secondo quanto riporta l’agenzia di Zstampa palestinese Wafa. La Mezzaluna Rossa Palestinese (Prcs) ha confermato di aver recuperato i corpi di sei persone uccise e di altri feriti, trasportati all’ospedale indonesiano nella città di Beit Lahia. Una persona è invece stata uccisa in un attacco nel campo profughi di Nuseirat.

Giungono anche nuovi ordini di sgombero dalle forze israeliane, che riducono ulteriormente, inoltre, i confini della “zona umanitaria”, riferisce il Times of Israel. Le aree interessate sono Khan Yunis e a est di Deir al-Balah.

«A causa dello sfruttamento della zona umanitaria per atti di terrorismo, e del continuo lancio di razzi in direzione dello Stato di Israele da blocchi» nei quartieri nel nord di Khan Younis «restare in queste zone è diventato pericoloso», comunica l’Idf.

«Gli attacchi dei coloni violenti contro i civili palestinesi in Cisgiordania sono inaccettabili e devono cessare», si legge in una dichiarazione del portavoce Usa del Consiglio di Sicurezza Nazionale al The Times of Israel. E aggiunge che «le autorità israeliane devono adottare misure per proteggere tutte le comunità. Questo comprende anche intervenire in tempo per fermare la violenza e chiamare a risponderne tutti gli autori».  

L’attacco è stato condannato anche dal presidente israeliano Isaac Herzog che è arrivato a definirlo pogrom: «Condanno fermamente il pogrom in Samaria», ha scritto su X usando il nome della provincia biblica corrispondente alla Cisgiordania settentrionale. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha assicurato in una nota che «i responsabili di eventuali atti criminali saranno arrestati e perseguiti».

Anche l’Alto rappresentante dell’Unione europea Josep Borrell ha commentato l’attacco su X, condannandolo fortemente. «Condanniamo gli attacchi dei coloni a Jit, volti a terrorizzare i civili palestinesi», comincia così il suo messaggio; auspica poi che l’Ue intervenga direttamente: «Il governo israeliano deve porre immediatamente fine a queste azioni inaccettabili. Confermo la mia intenzione di presentare una proposta di sanzioni dell'Ue contro i sostenitori dei coloni violenti, compresi alcuni membri del governo israeliano». 

Le parole di Israel Katz

Nel frattempo, il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha riferito che si auspica che gli alleati colpiscano l’Iran nel caso in cui decida di effettuare un attacco su Israele. «Se l'Iran attacca, ci aspettiamo che la coalizione si unisca a Israele non solo in difesa, ma anche attaccando obiettivi significativi in Iran», ha detto Katz agli omologhi britannico e francese, David Lammy e Stéphane Séjourné, entrambi in visita in Israele. 

Il viaggio dei due fa parte di uno sforzo diplomatico della comunità internazionale per arrivare a un accordo per il cessate il fuoco a Gaza, la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas e soprattutto la rinuncia della vendetta iraniana per l'uccisione a Teheran di Ismail Haniyeh. 

Il ministro degli Esteri britannico, David Lammy, ha definito questo momento storico come «molto pericoloso per il Medio Oriente», per questo motivo «cresce il rischio che la situazione si avviti fuori da ogni controllo e qualsiasi attacco iraniano avrebbe conseguenze devastanti per la regione». 

Trump: «Netanyahu vinca rapidamente»

L’ex presidente degli Stati Uniti e candidato repubblicano alle elezioni di novembre Donald Trump ha esorato il premier israeliano Benjamin Netanyahu a «ottenere rapidamente la vittoria perché le uccisioni a Gaza devono finire». Lo ha affermato in una conferenza stampa tenuta giovedì nello stato Usa del New Jersey. 

Il candidato repubblicano ha poi negato di aver incoraggiato Netanyahu a non accettare un accordo di cessate il fuoco con Hamas e ha dichiarato: «ho incoraggiato [il premier israeliano] a farla finita. Deve finire in fretta. Ottenere la vittoria e farla finita. Deve finire, le uccisioni devono finire». 

In un evento successivo sull’antisemitismo Trump ha criticato gli appelli per una tregua dell’avversaria democratica Kamala Harris: «Fin dall’inizio ha lavorato per legare le mani dietro la schiena a Israele, chiedendo sempre un cessate il fuoco immediato», ha detto riferendosi a Harris. Un atteggiamento che, secondo Trump, «darebbe solo ad Hamas il tempo di riorganizzarsi e lanciare un nuovo attacco in stile 7 ottobre».

L’ex presidente ha assicurato che darà a Israele «il sostegno di cui ha bisogno per vincere, ma voglio che vinca velocemente».

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