Se l’obiettivo politico principale del massacro di Hamas del 7 ottobre era fermare l’avvicinamento di Riad agli Accordi di Abramo e alla normalizzazione dei rapporti diplomatici con Tel Aviv in funzione antiraniana, ieri c’è stato un nuovo avvertimento alla dirigenza israeliana da parte dell’Arabia Saudita, che ha condannato i «continui massacri genocidi» perpetrati dall’esercito israeliano contro i «rifugiati palestinesi indifesi a Rafah».

In una dichiarazione, il ministero degli Esteri saudita ha denunciato le «continue palesi violazioni di tutte le risoluzioni, leggi e norme internazionali e umanitarie» da parte dell’Idf e ha invitato la comunità internazionale a «fermare i massacri contro il popolo palestinese e a chiamare a risponderne i responsabili». Solo una escalation di retorica saudita? Non proprio.

Il ministro degli Esteri iraniano ad interim, Ali Bagheri, ha confermato le indiscrezioni di stampa secondo cui il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, si recherà presto in visita ufficiale a Teheran. Rivolgendosi ai giornalisti dopo la consueta riunione settimanale del mercoledì, Bagheri ha precisato tuttavia che i tempi della visita del principe ereditario saudita a Teheran non sono ancora definiti. Resta comunque un messaggio importante dopo la drammatica scomparsa di Raisi e l’elezione di un nuovo presidente in corso in Iran.

Le parole di Hanegbi

«I combattimenti a Gaza continueranno almeno per altri 7 mesi», ha detto il consigliere per la Sicurezza nazionale di Israele, Tzachi Hanegbi. Il funzionario ha così respinto l’idea di una rapida fine della guerra, anche se non era chiaro se fosse solo un tentativo per sondare le reazioni dell’alleato americano, che intanto si mostra indulgente nel ritenere che a Rafah non è stata ancora superata la linea rossa dell’assedio di terra.

Nonostante i carri armati abbiano raggiunto il cuore della città. E nonostante le munizioni prodotte negli Stati Uniti siano state utilizzate domenica scorsa nell’attacco israeliano contro un campo profughi a Rafah che ha provocato 45 morti. Lo sostiene un’analisi della Cnn, che ha ottenuto alcuni video della scena e sentito esperti di armi esplosive.

Nel video condiviso sui social media, che la Cnn ha geolocalizzato sulla stessa scena confrontando dettagli tra cui il cartello di ingresso del campo e le mattonelle sul terreno, è visibile la coda di una bomba di piccolo diametro (Sdb) GBU-39 di fabbricazione statunitense, secondo quattro esperti di armi esplosive che hanno esaminato il video per la Cnn. I funzionari statunitensi avrebbero spinto Israele a utilizzare maggiormente questo tipo di bomba, che secondo loro può ridurre le vittime civili.

Nikki Haley firma i missili

È forte polemica per la “dedica” scritta da Nikki Haley, ex ambasciatrice americana all’Onu e sfidante di Donald Trump alle primarie repubblicane, sui missili di Israele destinati alla Striscia di Gaza: «Finiteli! L’America ama Israele».

Un messaggio presumibilmente rivolto ad Hamas, che arriva però a pochi giorni dal raid dell’Idf su un campo profughi di Rafah che ha causato oltre 40 vittime e mentre la comunità internazionale chiede in ogni modo a Netanyahu di fermare le operazioni militari a Gaza. L’ex aspirante alla presidenza e candidata di spicco del partito repubblicano ha visitato Israele, al confine con il Libano, in compagnia dell’attuale membro della Knesset ed ex inviato delle Nazioni unite Danny Danon.

La foto di Haley è diventata virale ed è stata rilanciata anche dal politologo statunitense Ian Bremmer: «Il governo degli Stati Uniti ha fornito proiettili di artiglieria per gli attacchi israeliani a Gaza, ora firmati “Finish them” da Nikki Haley in visita in Israele. La politica americana su Israele è essenzialmente la stessa tra Biden e il partito repubblicano».

Appello della Francia

Sul lato diplomatico, l’Algeria ha presentato una bozza di risoluzione all’Onu che chiede il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, il rilascio di tutti gli ostaggi detenuti da Hamas e lo stop di Israele alle ostilità. La Francia di Emmanuel Macron ha chiesto alle Nazioni unite di adottare una risoluzione per fermare subito la guerra a Gaza. L’ambasciatore francese all’Onu Nicolas de Riviere ha messo in guardia da ogni ulteriore aggravarsi del conflitto a Rafah, dicendo che è «arrivato il momento» per il Consiglio di sicurezza di «passare all’azione e adottare una nuova risoluzione».

«Ci deve essere», ha dichiarato, «un immediato cessate il fuoco a Gaza e il rilascio incondizionato degli ostaggi. Non c’è zona di sicurezza per i civili palestinesi a Rafah». Il rappresentante francese ha aggiunto che il Consiglio di sicurezza «deve agire ora». «Deve permettere alle Nazioni unite», ha sottolineato, «di rispondere alle stringenti necessità della popolazione». Intanto è di 29 morti e decine di feriti il bilancio dei raid dell’aviazione israeliana su Rafah, il giorno dopo l’attacco che ha causato oltre 45 vittime e che Netanyahu ha definito «un tragico errore». Ieri l’Idf ha preso di mira i campi profughi di Tal al-Sultan, dove sono morte 8 persone, e di Al-Mawasi, dove si contano 21 vittime.

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