L’esercito israeliano, continua a martellare senza sosta il nord di Gaza e il Libano, nonostante le speranze degli Stati Uniti che la recente uccisione del leader di Hamas, Yahya Sinwar potesse essere un punto di svolta nel conflitto che dura da più di un anno. Non è così per Benjamin Netanyahu che vuole cambiare con la politica del fatto compiuto gli equilibri nella regione a suo favore prima delle elezioni americane.

Infatti è salito a 87 morti e oltre 40 feriti il  bilancio del numero dei morti nell’attacco israeliano di ieri sera sulla città di Beit Lahiya, nel nord di Gaza. Lo riporta il ministero della Sanità di Hamas. Nel suo ultimo aggiornamento, il ministero aggiunge che diverse persone sono ancora sotto le macerie e su strade che le squadre dei soccorritori e le ambulanze non possono raggiungere.

L’attacco, scrive la tv Al Jazeera, fa parte del assedio israeliano in corso nel nord di Gaza e del tentativo dell’esercito di Israele di creare una zona cuscinetto e di liberare l’area da circa 400mila residenti per poi magari passarla nel tempo ai coloni sostenuti dai partiti nazionalisti e messianici. Molti palestinesi si rifiutano però di andarsene perché credono, non senza ovvi motivi dopo più di un anno di guerra e numerosi dislocamenti in “zone sicure”, che saranno presi di mira dai raid e mortai ovunque vadano nella striscia diventata da prigione a cimitero a cielo aperto.

Anche l’Autorità palestinese ha condannato il «massacro» nella Striscia, dopo l’attacco israeliano a Beit Lahiya, nel nord della Striscia. Per il ministero degli Esteri palestinese, «il governo israeliano e la comunità internazionale sono interamente e direttamente responsabili del massacro in corso». «Ancora una volta rivolgiamo un appello»,  aggiungono, «per imporre un cessate il fuoco immediato». Da parte palestinese denunciano «il fallimento a livello internazionale per fermare la guerra contro il nostro popolo». 

Onu, «l’incubo si intensifica»

«L’incubo a Gaza si sta intensificando. Scene orribili si stanno svolgendo nella Striscia settentrionale, tra conflitti, incessanti attacchi israeliani e una crisi umanitaria in continuo peggioramento». È l’allarme del coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente Tor Wennesland per il quale nella Striscia nessun luogo è sicuro per i civili per sfuggire ai bombardamenti. «A Beit Lahiya la scorsa notte, decine di persone sarebbero state uccise in raid aerei israeliani. Ciò segue settimane di operazioni che hanno causato decine di vittime civili e una quasi totale mancanza di aiuti umanitari al nord».

L’azione militare sembra essere quella che i media israeliani avevano definito come “il piano dei Generali” consistente nel blocco delle forniture di cibo e negli sfollamenti forzati dei profughi, (alcuni eredi della Nacba, l’esodo forzato di 700mila palestinesi nel 1948 dalle loro case), per liberare Gaza Nord e trasformarla in una zona cuscinetto.

Ma non va meglio nel sud della Striscia. Almeno otto palestinesi sono rimasti uccisi in una serie di attacchi aerei condotti da Israele in diverse località della Striscia. Fonti locali hanno riferito che un drone israeliano ha preso di mira un gruppo di individui nella regione di al-Mawasi, a ovest di Khan Younis, causando l’uccisione di due palestinesi. Inoltre, un altro drone ha colpito l’area di Khirbet al-Adas, a est di Rafah, causando la morte di altre due persone. In un attacco separato, i caccia israeliani hanno lanciato un raid contro al-Saftawi, a nord-est di Gaza City, uccidendo una persona. Per tutta la notte, le forze israeliane hanno intensificato i bombardamenti sul campo profughi di Jabalia, causando panico tra la popolazione locale.

Anche in Libano lo spartito di guerra prevede bombardamenti nel sud di Beirut. Le forze israeliane hanno reso noto dell’uccisione di un comandante di Hezbollah nel sud del Libano, al-Hajj Abbas Salameh. Uccisi anche, riferiscono via X, Rada Abbas Awada, esperto di Hezbollah per le comunicazioni, e Ahmed Ali Hussain, indicato come responsabile per la fabbricazione di armi. Mentre Hezbollah dice di aver risposto all’attacco nei quartieri meridionali di Beirut lanciando razzi su Haifa. 

Il colloquio Trump-Netanyahu

La vicenda palestinese entra nella corsa alla casa Bianca. Donald Trump ha confermato, in un comizio in Pennsylvania, di aver parlato con Netanyahu dopo che un drone ha preso di mira la sua casa a Cesarea. Trump ha criticato il presidente Joe Biden per il fatto che dice a Bibi «non fare questo, non fare quello». Non è chiaro però cosa sia ciò che Netanyahu abbia rinunciato per assecondare Biden.

La versione dell’Iran

Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei, ha respinto le accuse secondo cui l’Iran avrebbe avuto un ruolo nell’attacco di sabato contro la residenza di Netanyahu. Ieri un alto funzionario del governo israeliano prima e poi lo stesso premier avevano riferito che «l’Iran ha cercato di eliminare il primo ministro». Un motivo in più forse per colpire più duramente l’Iran, più di quanto concordato con Biden.

© Riproduzione riservata