I mediatori si incontreranno di nuovo al Cairo per cercare un accordo. Obiettivo: fine alla guerra e liberazione degli ostaggi rimasti in vita. Tra le divergenze maggiori ci sono i corridoi Philadelphia e il Netzarim: Israele vuole controllarli a lungo. Il timore dell’escalation regionale
L’accordo su Gaza «è più vicino di quanto sia mai stato». Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ci crede. E ci spera: «Non voglio portare sfortuna ma potremmo avere qualcosa. Non ci siamo ancora ma siamo più vicini di quanto non lo fossimo tre giorni fa», ha detto Biden, poche ore dopo la conclusione dei colloqui di Doha.
Un ottimismo che però stride con la freddezza dimostrata dai leader di Hamas, convinti che l’amministrazione americana stia cercando di creare «una falsa atmosfera positiva» senza però dimostrare la benché minima intenzione di fermare la guerra a Gaza, come riferito alla Reuters dal portavoce dell’organizzazione Sami Abu Zuhri.
«Oggi a Doha, gli Stati Uniti, con il supporto di Egitto e Qatar, hanno presentato a entrambe le parti una proposta-ponte coerente con i principi stabiliti dal presidente Joe Biden il 31 maggio 2024 e con la Risoluzione n. 2735 del Consiglio di sicurezza. Questa proposta si basa su punti di accordo raggiunti la scorsa settimana e colma le distanze rimanenti in modo da consentire una rapida attuazione dell'accordo»: aveva detto la Casa Bianca dopo il secondo giorno di negoziati a Doha.
I nodi irrisolti
Ci sono dunque progressi nei colloqui a Doha su Gaza, sebbene restino alcuni nodi da sciogliere per quanto riguarda la presenza di Israele nei corridoi di Netzarim, attraverso il quale si prevede che gli abitanti tornino nel nord della Striscia, e Philadelphia, tra Gaza e Egitto. In caso contrario si potrebbe aprire la porta al tentativo di annettere una parte del nord della Striscia così come auspicato dei partiti della destra religiosa israeliana che lisciano il pelo ai coloni scacciati ai tempi da Gaza dall’allora premier Ariel Sharon.
I colloqui per il cessate il fuoco a Doha sono stati sospesi venerdì e i negoziatori si incontreranno di nuovo la prossima settimana al Cairo per cercare un accordo per porre fine agli scontri tra Israele e Hamas e per liberare gli ostaggi rimasti. I mediatori continueranno a lavorare sulla proposta nei prossimi giorni. «La strada è ora tracciata per raggiungere questo risultato, salvando vite umane, portando sollievo alla popolazione di Gaza e allentando le tensioni regionali», hanno affermato i mediatori nella dichiarazione. Una fonte israeliana ha detto alla Reuters che la sua delegazione a Doha tornerà a casa e che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dovrebbe incontrare lunedì il segretario di Stato americano, Antony Blinken.
L’ultimo round di mesi di colloqui, finora senza risultati, per porre fine alla guerra a Gaza, che ha ucciso decine di migliaia di palestinesi, è iniziato giovedì tra Israele e i mediatori. Il gruppo militante palestinese Hamas non è stato direttamente coinvolto nei colloqui, ma è stato tenuto informato sui negoziati. I punti critici includono l'insistenza di Israele sul fatto che la pace sarà possibile solo se Hamas verrà completamente distrutta, mentre Hamas accetterà solo un cessate il fuoco permanente, invece che uno temporaneo come propone Netanyahu che vuole mantenere il diritto di intervenire in ogni momento.
Altre difficoltà includono la sequenza dell’accordo, il numero dei prigionieri palestinesi da rilasciare insieme agli ostaggi israeliani, il controllo sul confine tra Gaza e l’Egitto e la libera circolazione dei palestinesi all’interno di Gaza. Non proprio dei dettagli per un territorio praticamente distrutto totalmente. Durante la notte, le forze israeliane hanno colpito obiettivi nella Striscia e hanno emesso nuovi ordini di lasciare le aree precedentemente designate come zone sicure per i civili, affermando che Hamas le aveva usate per lanciare mortai e razzi contro Israele.
Nessun media internazionale ha potuto verificare queste accuse. Il conflitto è iniziato il 7 ottobre, quando i combattenti di Hamas hanno invaso Israele, uccidendo circa 1.200 persone e sequestrando circa 250 ostaggi secondo i conteggi israeliani. Secondo le autorità sanitarie palestinesi, la campagna militare israeliana ha ridotto gran parte di Gaza in macerie e ucciso più di 40 mila palestinesi, per lo più civili, pari al 2 per cento della popolazione della Striscia. Israele afferma di aver eliminato 17 mila combattenti sui 25 mila complessivi.
Il rischio escalation
La delegazione israeliana comprendeva il capo del Mossad, David Barnea, il capo del servizio di sicurezza interna, Shin bet, Ronen Bar e il capo dei servizi militari Nitzan Alon. La Casa Bianca ha inviato il direttore della Cia, Bill Burns e l’inviato americano per il Medio Oriente, Brett McGurk, che hanno partecipato ai colloqui con il primo ministro del Qatar Sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al Thani e il capo dell'intelligence egiziana, Abbas Kamel.
I negoziati si sono svolti nel timore di una escalation regionale, con l’Iran che minaccia ritorsioni contro Israele dopo l’assassinio del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, avvenuta a Teheran il 31 luglio con un missile per opera del Mossad. Washington spera che un accordo di cessate il fuoco a Gaza possa disinnescare il rischio di una guerra più ampia nella regione e dissuadere gli ayatollah dalla ritorsione.
Il candidato repubblicano alle presidenziali americane, Donald Trump ha riferito di aver chiesto a Netanyahu di porre fine rapidamente alla guerra di Gaza, ma l’ex presidente ha anche criticato le richieste di cessate il fuoco.
La Casa Bianca nel frattempo ha condannato gli attacchi dei coloni israeliani contro i civili palestinesi in Cisgiordania dopo che dozzine di coloni hanno assalito un villaggio, uccidendo almeno una persona e provocando la fuga di circa un centinaio di civili. Il presidente israeliano Herzog ha dichiarato che si tratta di «un pogrom».
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