Intorno alle 19.40 il cielo sopra Israele era illuminato dalla scia di centinaia di missili balistici e da crociera lanciati dall’Iran e fatti brillare dal sistema di difesa aereo Iron Dome. Mentre le sirene suonavano in diverse parti del paese, le forze di sicurezza erano impiegate per rispondere anche a due attentati avvenuti a Giaffa e Tel Aviv, dove diversi uomini armati hanno sparato rispettivamente nei pressi di una metropolitana e di un centro commerciale.

A Giaffa sono state uccise otto persone (oltre i due attentatori) e ferite altre sette. I missili, circa duecento secondo l’Idf, sono stati tutti intercettati e non hanno causato vittime o feriti, nonostante alcuni detriti siano caduti in zone abitate.

L’attacco aereo e quello terroristico via terrestre sono stati la prima risposta coordinata tra Teheran e i suoi alleati per l’assassinio del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Una risposta arrivata dopo ore di trepida attesa e con l’incursione via terra dell’esercito israeliano nel sud del Libano che ha accelerato i preparativi. Dopo l’ondata missilistica i Pasdaran hanno fatto intendere che non ci saranno ulteriori attacchi, per il momento. Hanno annunciato che l’azione è una risposta per tutti i colpi incassati negli ultimi tre mesi e che «se il regime sionista reagisce alle operazioni iraniane, dovrà affrontare attacchi demolitori».

Su X la missione iraniana all’Onu ha scritto: «La risposta legale, razionale e legittima dell’Iran agli atti terroristici del regime sionista, che hanno coinvolto cittadini e interessi iraniani e violato la sovranità nazionale della Repubblica islamica dell’Iran, è stata debitamente eseguita».

E poi l’avvertimento: «Se il regime sionista osasse rispondere o commettere ulteriori atti di malevolenza, ne conseguirebbe una successiva e schiacciante risposta. Si consiglia agli stati regionali e ai sostenitori dei sionisti di separarsi dal regime». Erano mesi che l’Iran stava preparando la sua risposta militare. Le guardie rivoluzionarie hanno atteso per la “vendetta”, dopo che il Mossad e l’esercito hanno decapitato quasi tutti i vertici degli alleati che formano l’asse della resistenza (Hamas, Hezbollah e Houthi in Yemen). Secondo Reuters, a ordinare l’attacco sarebbe stato Khamenei in persona. Ma il portavoce militare israeliano, Daniel Hagari, ha già detto che ci saranno conseguenze.

L’avvertimento

L’attacco iraniano però non è stato inaspettato, a differenza dei due attentati di Giaffa e Tel Aviv. Già nel pomeriggio di martedì funzionari di alto livello della Casa Bianca avevano avvertito Israele dell’imminente attacco. «Stiamo sostenendo attivamente i preparativi per difendere Israele», aveva detto un funzionario dell’amministrazione guidata dall’uscente Joe Biden. Le autorità israeliane erano ben informate e insieme ai suoi alleati hanno innalzato le difese fin dal primo pomeriggio, con il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, che ha tenuto una riunione di emergenza con il capo di Stato maggiore, Herzi Halevi e altri membri delle Idf.

A Tel Aviv sono stati evitati assembramenti e i giornalisti sul posto hanno riferito di una città silenziosa, semideserta e impaurita dall’imminente risposta iraniana. Qualche ora prima lo stesso premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva mandato un breve videomessaggio ai suoi connazionali. Saranno «giorni di grandi sfide», ha detto, chiedendo «di obbedire rigorosamente alle direttive del Comando del fronte interno» e «di restare uniti».

Il Pentagono, da parte sua, ha annunciato l’invio in Medio Oriente di mille soldati che si aggiungono ai già 40mila presenti nella regione. Resta da capire nelle prossime ore gli effetti dell’attacco iraniano. L’ultimo di questa portata risale al 13 aprile scorso quando centinaia tra droni e missili di crociera sono stati lanciati verso Israele, con danni quasi nulli visto che oltre il 90 per cento di questi erano stati intercettati dal sistema di difesa europeo Iron Dome. Dopo quell’attacco è stata evitata un’escalation militare di più ampio respiro, ma il contesto attuale è molto diverso da quello di sei mesi fa.

Il fronte con Hezbollah

In giornata Hezbollah aveva rivendicato un nuovo lancio di razzi contro una base aerea nei pressi di Tel Aviv e contro la base Glilot, sede del quartier generale del Mossad e dell’unità 8200 accusata di essere dietro l’esplosione dei cercapersone e walkie talkie in Libano delle scorse settimane. Nel pomeriggio, le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno annunciato di aver «eliminato» nell’attacco a Beirut, in Libano, Muhammad Ja’far Qasir, «comandante dei trasferimenti di armi dall’Iran a Hezbollah in Libano (Unità 4400)» e considerato «una delle figure più forti» dell’organizzazione.

Diplomazia

Lo scenario in Medio Oriente sta facendo preoccupare tutti i governi europei e non solo. I Paesi Bassi hanno annunciato il rimpatrio di tutti i propri cittadini dal Libano. A Palazzo Chigi la premier Giorgia Meloni ha convocato una riunione di emergenza a cui hanno partecipato anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto.

La Giordania e l’Iraq hanno chiuso il loro spazio aereo. Tutti sperano di scongiurare un’escalation definitiva. Ora l’impressione è che la palla sia nelle mani di Netanyahu dopo l’attacco condotto da Teheran.
Secondo quanto riportano media israeliani in serata era atteso un colloquio telefonico tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente russo Vladimir Putin, principale interlocutore con la leadership iraniana. Putin gode di ottimi rapporti con Teheran visto anche l’isolamento internazionale del Cremlino a causa della guerra in Ucraina e potrebbe essere l’ago che raggiunge un equilibrio tra le parti.

Per oggi, invece, è attesa la visita del neo presidente iraniano Masoud Pezeshkian in Qatar che fino a oggi aveva mantenuto un approccio più cauto nella risposta contro Israele salvo poi cambiare idea dopo l’uccisione di Nasrallah avvenuta lo scorso venerdì.

Pezeshkian incontrerà a Doha l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad bin Khalifa Al Thani, uno dei principali mediatori nei negoziati tra Israele e Hamas.

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