La vicepresidente ha avuto una conversazione sulla rete che in genere canta le lodi del tycoon per cercare di convincere qualcuno a disagio con il nuovo corso repubblicano. Sui temi toccati come immigrazione, Medio Oriente e l’eredità dell’amministrazione Biden, il conduttore Bret Baier si è comportato più da avversario politico che da moderatore, tentando di pungerla nel vivo, anche se è difficile renderla più impopolare di fronte a tale audience
C’è un segmento che sembra marginale ma dove i democratici non hanno nulla da perdere e solo da guadagnare sia pure soltanto qualche voto. Si tratta degli ascoltatori di Fox News, che nella serata di mercoledì hanno avuto l’occasione rara di sentire la voce di Kamala Harris direttamente e non filtrata dalle opinioni di uno dei tanti loro anchorman che in genere cantano le lodi del trumpismo.
L’intervistatore scelto, il capo delle news politiche Bret Baier in genere si distacca dallo stile sfacciatamente partigiano di conduttori come Sean Hannity, Laura Ingraham o Dana Perino. In questa occasione però Baier si è fatto carico di molti temi di conversazioni cari al mondo trumpiano. Il risultato è stata un’intervista che però somigliava molto a un dibattito vero e proprio, con frequenti interruzioni reciproche e scambi di accuse di faziosità da una parte all’altra. Andiamo con ordine.
Prima dell’apparizione televisiva, la vicepresidente aveva presenziato a un comizio con circa un centinaio di ex repubblicani in Pennsylvania e in questo modo doveva rimarcare il fatto che qualsiasi conservatore disgustato da Donald Trump avrebbe trovato ascolto da parte di una sua eventuale amministrazione, nella quale ha promesso di nominare almeno un membro repubblicano, eventualità che non avviene sin dal tempo del secondo mandato di Barack Obama.
Lo scontro con Baier
Al centro del pugnace scambio di opinioni con Baier, ovviamente, c’è stato il tema del controllo della frontiera con il Messico e l’immigrazione illegale. Alla domanda «quanti clandestini pensa che siano stati rilasciati sotto la sua amministrazione?» la vicepresidente ha risposto che i repubblicani si sono rifiutati di votare un provvedimento di riforma complessivo del sistema perché hanno preferito «far campagna elettorale su un problema anziché risolverlo».
Al che il conduttore ha insinuato che alcuni dei problemi potrebbero essere stati causati dall’abbandono di alcune politiche restrittive dell’amministrazione Trump prima di citare la testimonianza di una madre che ha perso il figlio ucciso da un migrante clandestino. Harris ha ribattuto: bastava votare quel piano peraltro negoziato dal senatore James Lankford, repubblicano dell’Oklahoma che è stato abbandonato dal suo stesso schieramento per ordine di Trump.
Ed è proprio sul suo legame con l’amministrazione, spesso riferita come “sua” che Baier ha tentato di pungere nel vivo la vicepresidente, facendo riferimento a quanto detto qualche giorno fa in un’intervista dove affermava che «non cambierebbe nulla di quanto fatto» in questo quadriennio. E c’è stata una risposta a sorpresa: «La mia non sarà una continuazione della presidenza di Joe Biden» perché lei non è mai stata tutta la vita a Washington e sarebbe più disposta a fare proprie delle suggestioni che vengono da fuori. Senza però dire di preciso cosa farebbe di diverso.
E a quel punto c’è stato il riferimento alla diminuzione delle capacità mentali del presidente, ipotesi da lei rigettata dicendo che il presidente è nel pieno del suo giudizio per svolgere le sue funzioni, ma ha di fatto concesso che qualcosa c’è sia pur indirettamente, quando si è riferita alle scarse performance cognitive di Donald Trump che dal palco dei comizi in più occasioni è sembrato poco coerente e centrato nei suoi argomenti: «Lui è sulla scheda, mentre Biden no».
L’attacco a Trump
Sull’ex presidente ha detto che «non è stabile» e che gli americani sono stanchi di chi «si ritiene un leader e invece passa gran parte del suo tempo in lamentele e vendette personali», riferendosi proprio a quanto detto dallo stesso tycoon poche ore prima sulla stessa rete televisiva a proposito di un «nemico interno» da combattere.
Tema su cui ha tentato di strappare alcuni repubblicani vecchia maniera, che hanno una visione ampia della libertà d’espressione e si trovano a disagio con le pulsioni autoritarie di Trump.
Infine, c’è stato spazio anche per il Medio Oriente: Harris ha detto che l’Iran è l’avversario numero uno dell’America al che Baier ha controbattuto dicendo che forse l’amministrazione Biden-Harris «non ha fatto abbastanza». La vicepresidente ha accusato il conduttore-avversario dicendogli che si aspettava una conversazione basata «su fatti consolidati» e che lei è sempre stata incrollabile nel voler dare a Israele tutto ciò di cui ha bisogno per difendersi.
Un tema che però l’ha vista scoprirsi a sinistra, dove viene accusata invece di essere troppo indulgente con gli attacchi fatti da Tel Aviv ai civili a Gaza e in Libano.
Non è però un problema, dato che difficilmente si saranno sintonizzati sulla rete che diffonde soprattutto lodi a Trump e ai suoi seguaci. Resta da capire se questa uscita di Kamala Harris abbia prodotto risultati. Di sicuro, difficile diventare più impopolare di prima con l’ascoltatore medio del network di proprietà di Rupert Murdoch.
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