Brooke Rollins e Linda McMahon sono state selezionate per completare la squadra di governo di Donald Trump. La prima sarà segretaria dell’Agricoltura, la seconda dell’Educazione. Ma un’altra cosa le accomuna: hanno fondato e diretto insieme l’America First Policy Institute (Afpi), un think tank lanciato a fari spenti nel 2020 nel quale un gruppo di consiglieri di Trump ha riversato le proprie idee per farsi trovare pronti al primo giorno della nuova amministrazione repubblicana.

È quello il serbatoio da cui il team della transizione sta prendendo candidature e concetti fondamentali per dare una forma alla nascente amministrazione. Mentre l’attenzione era rivolta altrove – ad esempio al Project 2025, il documento programmatico scritto dalla Heritage Foundation, nel quale tutto il mondo ha cercato indicazioni sul futuro – gli analisti di Afpi lavoravano a 300 ordini esecutivi da diramare subito dopo l’insediamento e hanno messo a punto un’agenda di riforme in dieci punti per dare la linea. Il programma del think tank è perfettamente sovrapponibile alle indicazioni che stanno arrivando in queste febbrili settimane di transizione.

Il decimo pilastro dell’agenda, ad esempio, prescrive di «combattere la corruzione nel governo prosciugando la palude» e dettaglia in vari capitoli il programma di efficientamento, riduzione degli sprechi e «smantellamento dello stato amministrativo» che Trump ha affidato al Doge di Elon Musk e Vivek Ramaswamy. Sono descritti tutti i passaggi per riformare il funzionamento della burocrazia, descritta come un sospetto esercito di funzionari non eletti (né nominati dalla Casa Bianca) che prende decisioni di cui non risponde a nessuno, godendo nel frattempo di speciali protezioni per l’impiego pubblico che lo mette al di sopra dei rivolgimenti della politica.

Questo meccanismo, spiega il report del centro studi, è di fatto un tradimento della Costituzione, che «è stata concepita per proteggere il popolo americano da un potere dello stato accentratore e non sottoposto al controllo dei cittadini». Sono praticamente le stesse parole usate da Musk e Ramaswamy per spiegare, in un intervento pubblicato dal Wall Street Journal, perché Doge è un organo di salvaguardia costituzionale, non soltanto un centro per la razionalizzazione delle risorse.

Rappresentazione fedele

Fra gli altri pilastri dell’Afpi ci sono una sterzata commerciale in senso protezionista per «mettere la più grande economia del mondo al servizio di tutti gli americani», una riforma sanitaria che rimette al centro medici e pazienti, ridare potere alle famiglie e ai poteri locali sull’educazione, un progetto per l’indipendenza energetica americana e, naturalmente, l’ermetica chiusura dei confini per difendersi dai flussi migratori, articolata anche come manovra antiterrorismo e di difesa dall’ingresso di oppiacei come il fentanyl, prodotto principalmente in Cina e smerciato in America tramite i cartelli della droga messicani.

Insomma, il lavoro sotto traccia di Afpi ha prodotto l’anticipazione più fedele di quello che ora l’entrante amministrazione sta manifestando sotto forma di posizionamenti e nomine. Scrutando fra i vari affiliati al think tank si trovano molti dei principali consiglieri e collaboratori di Trump in questa fase, da Pam Bondi, nominata per il ruolo di procuratrice generale, il consigliere economico Larry Kudlow, l’architetto della politica di separazione delle famiglie di migranti Chad Wolf e molti altri.

I finanziatori

Il centro studi è nato quando Rollins e McMahon, che avevano avuto entrambi ruoli nella prima amministrazione Trump, hanno approcciato il ricchissimo petroliere texano Tim Dunn, proponendogli di finanziare un centro di pianificazione strategica che si sarebbe occupato di mettere le fondamenta per una nuova amministrazione repubblicana dopo quello che, pensavano, sarebbe stato soltanto un interregno democratico.

Dunn era l’uomo giusto per l’operazione. In Texas aveva da tempo messo in piedi una potente macchina fatta di centri studi, attivisti e lobbisti per influenzare la politica dello stato, tanto che perfino alcuni conservatori da quelle parti lo hanno paragonato a un oligarca russo. Nella proposta delle due consigliere di Trump ha visto la possibilità di fare su scala nazionale quello che aveva già fatto nel suo stato.

Così ha coinvolto altri due miliardari locali Cody Campbell e Tim Lyles, che a loro volta hanno sottoposto l’idea a aziende e grandi investitori repubblicani, e hanno aperto Afpi, affidandone la guida a Rollins e McMahon, una nel ruolo di capo del board, l’altra come presidente e amministratrice delegata. Le due alleate hanno background molto diversi e sono così diventate elementi complementari al servizio della costruzione della nuova fase trumpiana.

Rollins viene dal mondo dei think tank e del lobbismo per conto dell’industria fossile. Ha lavorato con l’ex governatore del Texas, Rick Perry, e ha condotto campagne per la riforma del sistema carcerario. McMahon viene invece dal mondo del wrestling: è stata atleta-performer e poi amministratrice della categoria. Ha lasciato quel mondo per darsi alla politica con i repubblicani, e Trump l’ha messa a capo della Small Business Administration, agenzia che si occupa della piccola impresa. Ora le ha affidato il compito di gestire un ministero delicato che, a tendere, vorrebbe smantellare, per togliere l’educazione dalle mani dello stato federale e restituirla agli stati.

Quando è stata nominata, la rete è stata invasa da suoi vecchi video sul ring che avrebbero dovuto mostrare l’incompetenza di McMahon.

Ma attraverso l’Afpi la segretaria per l’Educazione, assieme a Rollins, ha fatto per il successo di Trump e del trumpismo molto più di tanti che hanno ricevuto incarichi più prestigiosi.

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