Da anni a settembre le scuole sono in subbuglio perché l’algoritmo che dovrebbe assegnare i docenti presenta degli errori che non sono ancora stati corretti: «Decisioni che hanno un peso giuridico nella vita degli individui non possono essere rimesse esclusivamente nelle mani delle tecnologie»
I.F. vive in provincia di Catania ed è un’insegnante di sostegno nella scuola dell’infanzia, è precaria iscritta da cinque anni alle liste di graduatorie per i supplenti (Gps). Ha un figlio titolare di 104, per questo lei in quanto sua tutrice legale ha la precedenza nelle graduatorie Gps: le deve essere concessa la cattedra nella sede più vicina alla sua residenza. Lo prevede la legge.
Quest’anno non è successo, l’algoritmo non ha riconosciuto la sua precedenza e le è stata assegnata una cattedra in un comune lontano dal suo luogo di residenza, nonostante alcune sue colleghe con lo stesso punteggio e senza 104 siano riuscite a ottenere un posto più vicino.
L’algoritmo non ha tenuto in considerazione la 104 e il Protettorato ha confermato il risultato. Così I.F. si è dovuta rivolgere al sindacato degli insegnanti Gilda e a un avvocato esperto di diritto del lavoro. Le hanno detto che vincerà sicuramente la causa, intanto la scuola è cominciata e ha dovuto accettare di prendere servizio a Grammichele, distante 30 chilometri dal luogo in cui abita: «Quando verrà verificato l’errore, la docente che ora è al mio posto dovrà lasciare la sua classe, dove avrà già cominciato l’inserimento, e lo stesso avverrà con me».
Il suo non è l’unico caso di questo genere, anzi secondo Giorgio la Placa, sindacalista della Gilda e insegnante, «è uno dei più diffusi quest’anno, almeno in Sicilia». «L’algoritmo riconosce l’opzione di 104 soltanto nelle graduatorie dei comuni di residenza, ma non fuori da questi».
Anche se in un certo senso I.F è stata fortunata, negli ultimi quattro anni è stata risparmiata dall’algoritmo, ma molti colleghi non possono dire lo stesso.
Storia dell’algoritmo
È il 2020, la pandemia ha sconvolto la pubblica amministrazione e l’allora ministra per l’istruzione Lucia Azzolina decide di informatizzare le graduatorie per i supplenti (Gps). Prima di quel momento le cattedre venivano assegnate in presenza: «Certo c’erano problemi anche allora, non possiamo negarlo – dice Lucia Donat Cattin, insegnante parte del sindacato Usb – però ci potevamo ribellare se notavamo un broglio o un’incongruenza».
L’algoritmo utilizzato per l'assegnazione delle cattedre è il Nmrp, un matching algoritm che dovrebbe assegnare un candidato A alla sua scelta B di preferenza.
L’algoritmo esamina i candidati e i loro titoli e sulla base delle preferenze indicate procede all’abbinamento nome-cattedra. Quello che viene utilizzato dal ministero dell’Istruzione è stato sviluppato dalla società informatica controllata dalla multinazionale statunitense Dxc Technology, e dalla società partecipata dallo stato italiano che agisce nel settore della difesa, Leonardo.
Dopo la prima tornata di assegnazioni, nell’anno scolastico ‘21/’22 scoppia il caos: la procedura automatizzata non funziona correttamente e molti docenti, nonostante un punteggio alto, vengono superati da altri colleghi con un punteggio più basso in graduatoria. Viene presentato un ricorso al Tar di Latina, che viene vinto, ed emerge «l’uso illegittimo di un algoritmo utilizzato per assegnare incarichi di supplenza scolastica».
Come spiega la ricercatrice e attivista Diletta Huyskes, «la sentenza del Tar doveva funzionare come precedente. La sentenza consolida l’articolo 22 del Gdpr che parla delle decisioni automatizzate specificando che decisioni che hanno un peso giuridico nella vita degli individui non possono essere rimesse esclusivamente nelle mani delle tecnologie».
Il caso del 2021 non è servito. Nel 2022 il caos è scoppiato nuovamente, nonostante il ministero avesse comunicato di aver aggiustato l’errore nel sistema. La testata giornalistica Wired chiede al ministero dell’Istruzione l’accesso agli atti, che vengono rilasciati solo in parte e comunque non viene fornito il codice: solo così si possono verificare i bug.
Cosa è successo a inizio settembre
Quattro anni dopo gli insegnanti sono disperati, i sindacati si sentono inascoltati e chiedono il ritorno alla procedura in presenza. Questo settembre si è ripresentato lo stesso scompiglio di ogni anno.
Alessandro Marino, portavoce del Movimento educazione senza prezzo (M.S.P.), dice che l’algoritmo continua ad avere due problemi: «Poca trasparenza nell’assegnazione delle cattedre, infatti succede spesso che si trovino cattedre assegnate a chi ha un punteggio più basso in graduatoria e poi la pochissima tempestività con cui vengono comunicate le scelte: quest’anno le disponibilità sono uscite tardi e i docenti hanno inserito le loro preferenze al buio». L’M.S.P. chiede di tornare momentaneamente con l’assegnazione in presenza, finché non verrà fornita più trasparenza e finché non verrà attuato un meccanismo che permetta di tornare indietro.
Il sindacato Gilda, appoggiatosi alla studio legale Bonetti & Delia, è riuscito a far causa al ministero dell’Istruzione e, dopo averla vinta, a ottenere i codici per esaminare l’algoritmo. Il problema è comunque rimasto: per poter eseguire e testare il software, il ministero dovrebbe estrapolare solo i dati necessari, un’operazione che ha un costo di circa 40mila euro che viene intestato ai richiedenti l’accesso.
I legali hanno impugnato tale determinazione, che renderebbe impossibile il concreto dispiegarsi dell'accesso, ottenendo la nomina di un commissario adatta per la rivelazione dei codici. Tuttavia, solo nei prossimi mesi si potrebbero avere ulteriori sviluppi sulla vicenda.
In sostanza, al momento, chiunque voglia fare una verifica indipendente dell’algoritmo deve sborsare una cifra importante, a cui si aggiungono poi le spese legali.
Il problema non è l’algoritmo
Diletta Huyskes, che sta lavorando a una tesi di dottorato sulla digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni facendo una ricerca comparata tra Italia e Olanda, segue il caso da tempo con attenzione: «Il problema dell’introduzione degli algoritmi all’interno dei processi di pubblica amministrazione è sempre lo stesso: vengono delegati ai calcoli le decisioni e non li si controlla mai».Questo è stato possibile, secondo la sindacalista Donat Cattin, perché anni di politiche di snellimento della pubblica amministrazione hanno portato ad avere un organico estremamente ridotto: «Come possono gli uffici scolastici avere le risorse per controllare un numero così alto di richieste?».
«Non è l’algoritmo il problema, ma come lo si usa e finché il governo non mostrerà più trasparenza il risultato non cambierà. La soluzione non è l’assenza di digitalizzazione, ma la trasparenza nella pubblica amministrazione», conclude Huyskes.
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