Nella Capitale le case popolari sono diventate una chimera. Chi non ha un reddito per pagarsi un affitto si trova costretto a occupare casa. Ma nel III municipio qualcosa si muove, per contrastare la crisi e arginare la deriva di B&B. Nel progetto anche una serie di appartamenti, pronti dal 2026, a disposizione di chi non ha un tetto, che potrà rimanerci da sei mesi a un anno
Anna (nome di fantasia) ha 69 anni, è rimasta vedova quando ne aveva 33. Ogni giorno porta un fiore al cimitero, a Roma, e controlla la posta. Ma è sempre la stessa storia. La comunicazione sull’assegnazione della casa popolare che ha richiesto non arriva, anzi non è mai arrivata.
«Sono in attesa che qualcosa si sblocchi da tutto questo tempo. Eppure non succede niente - dice Anna a Domani -. Sono completamente sola e ho una pensione di soli 600 euro: chi mi affitterebbe mai una casa?». Il discorso della donna non fa una piega ed è pure il motivo per cui ha scelto di occupare un immobile abbandonato. «Non ho tolto niente a nessuno - continua Anna - l’appartamento fatiscente in cui sto era vuoto, disabitato, lasciato a se stesso».
Ma forse non dovrebbe essere Anna a chiedersi se ha o meno sottratto qualcosa a qualcuno. La domanda giusta è di fatto di quanti e quali diritti Anna sia stata privata. Accanto a lei c’è un’altra donna. È Eleonora. Vive, nello stesso stabile occupato da Anna, con i suoi due figli. Per andare avanti fa le pulizie in un albergo della Capitale. «Più camere pulisci, più ti pagano», racconta come se il suo fosse un lavoro a cottimo ma a cottimo non è.
Per di più, l’Inps non riconosce la disabilità di uno dei suoi ragazzi. «Non percepiamo neanche la pensione di invalidità - prosegue Eleonora - La casa popolare non ci viene assegnata, nonostante le ripetute richieste e quindi non resta che stare qui».
Qui, nella casa occupata, perché le istituzioni in tutto questo tempo sono state silenti. «Io - dice ancora Eleonora - sono divorziata. Ai miei figli faccio da madre e da padre. Cerco di essere forte ma se penso al futuro, senza un tetto sulla testa, sto male».
L’immobile dove Anna e Eleonora si addormentano quando la preoccupazione non prende il sopravvento si trova nel III municipio di Roma, quello che va da via Salaria al Nomentano, lambendo finanche Monterotondo.
«Un municipio che è grande quanto tutta Padova - spiega Luca Blasi, assessore alle politiche abitative -. Conta 2.600 residenti in emergenza abitativa, molti di loro sono a rischio sfratto. E a sfrattarli potrebbe essere proprio l’Inps, proprietario di molti immobili sul territorio. L’ente - continua Blasi -, in virtù di una legge dello Stato, è chiamato a vendere quelle case, ma chi ci abita molto spesso non può permettersele e quindi è mandato via. Così. All’improvviso».
Angoli dimenticati non solo nel municipio di Luca Blasi, ma in tutta Roma. «E adesso col Giubileo - precisa l’assessore - la questione si aggraverà. In quanti verranno sfrattati dai proprietari che vorranno adibire le loro case a B&B?».
Protestano all’interno del municipio con la sala lettura intitolata a Giulio Regeni gli inquilini che cercano di scalfire l’indifferenza di chi non ha mai risposto alla loro richiesta di casa popolare. Sopravvivere con l’ombra dello sfratto sulla testa, con la paura di non riuscire a pagare l’affitto o di essere mandati via dall’autorita giudiziaria non è facile.
Consapevoli di questi drammi Luca Blasi e i colleghi del III municipio hanno dato vita a un progetto inedito, fondamentale per garantire il diritto alla casa. Un progetto finanziato in parte coi fondi del municipio, ma anche col milione di euro che il Campidoglio, in vista del Giubileo, ha elargito a tutti i municipi della città. Ogni municipio il tesoretto l’avrebbe potuto spendere discrezionalmente. Così c’è chi ha pensato bene di comprare sampietrini nuovi di zecca per il quartiere Coppedè e chi, come al municipio di Blasi, di dare dignità a chi da troppo tempo è stato privato di prerogative necessarie, importantissime.
L’agenzia per la Casa
«Da martedì 22 ottobre sarà attivo settimanalmente in municipio uno sportello che monitorerà sfratti e sgomberi, ma soprattutto raccoglierà dati. A Roma non c’è infatti una fotografia reale di quello che accade in termini di diritto alla casa, per quanto il tar del Lazio abbia di recente sottolineato quanto quella abitativa sul nostro territorio rappresenti una vera e propria emergenza», dice Blasi.
Ma non solo lo sportello e l’assistenza legale gratuita. Il progetto del III municipio - si chiama Agenzia per la casa ed è stata presentata lunedì mattina - consta anche di una serie di appartamenti, pronti dal 2026, messi a disposizione di persone senza un tetto. Potranno rimanere da sei mesi a un anno.
«Ci sono donne con trascorsi oncologici che hanno dovuto scegliere - dichiara Blasi - se curarsi o continuare a lavorare. Molto spesso licenziate non hanno potuto più sostenere le spese dall’affitto. Noi con la nostra Agenzia ci rivolgiamo proprio a loro, ai più fragili».
Questo è un caso simile a quello di Carla. Il marito ha subito un trapianto di fegato, ha perso il lavoro. «Per un periodo non siamo riusciti a pagare - dice la donna - Le spese delle cure e quelle per le nostre due figlie in età scolare. Anche ora, con una situazione più o meno stabile, viviamo col timore di essere sfrattati. E la casa popolare? Quella è una chimera».
Dal Campidoglio intanto si annuncia un nuovo corso. Un esempio? «I 220 milioni di euro per l’acquisto di case popolari, anche di proprietà dell’Inps, da mettere a disposizione dell’emergenza abitativa. E tra le altre cose la richiesta di sospensione degli sgomberi in periodo Giubileo inoltrata alla prefettura di Roma», afferma Yuri Trombetti, presidente della commissione patrimonio del comune.
Anna tira un sospiro di sollievo. Domani tornerà al cimitero e guarderà la posta. Come fa da 36 anni a questa parte.
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