Sono 43 le persone trattenute nel centro di Gjadër a cui possono essere applicate le procedure accelerate di frontiera. Dopo la riforma, hanno solo sette giorni per fare ricorso contro il diniego della protezione internazionale
Tutte le richieste di protezione internazionale presentate dai migranti portati nei centri in Albania sono state dichiarate manifestamente infondate. Dopo una giornata di colloqui, i richiedenti asilo trattenuti hanno ricevuto una risposta lampo dalla Commissione territoriale, un organo amministrativo, nominato con decreto del ministero dell’Interno. Tempistiche, ancora una volta, che è raro osservare per chi non viene portato nei centri albanesi, per cui la risposta della Commissione spesso arriva dopo mesi, se non anni.
Ora le persone trattenute rimaste nel centro di trattenimento di Gjadër, nel nord dell’Albania, di origine bengalese ed egiziana, hanno il diritto di fare ricorso, ma non è certo che riescano a esercitarlo nei tempi già brevissimi, ridotti ulteriormente con le recenti modifiche.
I nuovi termini
Le 43 persone trattenute nel centro, a cui possono essere applicate le procedure accelerate, hanno solo sette giorni di tempo (non più 14) per presentare ricorso. È una delle recenti modifiche introdotte con il decreto flussi e la legge di conversione. Lo stesso pacchetto di norme con cui il governo ha deciso di togliere la competenza sulle convalide dei trattenimenti alle sezioni specializzate in materia migratoria, che avevano preso decisioni non gradite alla maggioranza, trasferendola alle Corti d’appello.
Solo una persona, che è stata dichiarata in condizioni di vulnerabilità medica mercoledì, non ha ricevuto il diniego e, una volta rientrata in Italia, sarà ascoltata con una procedura ordinaria.
Sarà complicato invece per i trattenuti, in un tempo così breve, trovare un avvocato che possa presentare l’opposizione alla decisione della Commissione, sia nell’ipotesi in cui dovessero rimanere nel centro al di là dell’Adriatico, dove è complicato affermare che il diritto di difesa sia pienamente garantito; sia nel caso in cui venerdì i giudici della Corte d’appello decidano di non convalidare il trattenimento (o di sospendere la decisione in attesa della pronuncia della Corte di giustizia dell’Ue).
Se dovessero essere rilasciati, il protocollo prevede che tornino in libertà sul territorio italiano. Considerato il tempo del viaggio via mare, rimarrebbero pochi giorni per poter trovare un avvocato, preparare un ricorso e depositarlo. Perché l’avvocato che viene assegnato loro d’ufficio per le udienze che si terranno venerdì si occuperà solo del procedimento relativo alla convalida del trattenimento.
«Le persone non hanno potuto farsi assistere da un legale né sono state messe in grado di prepararsi per le audizioni con adeguata informazione legale», ha denunciato il Tavolo asilo e immigrazione, composto da diverse organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti delle persone straniere. I rappresentanti del Tavolo, da tre giorni, insieme alle deputate del Partito democratico Rachele Scarpa e Nadia Romeo e al deputato Toni Ricciardi, stanno monitorando le procedure in Albania di questo terzo trasferimento.
Per il Tavolo «è eclatante la violazione del diritto di difesa e dunque una violazione della Costituzione». I rappresentanti delle organizzazioni ricordano poi che «si tratta di decisioni che riguardano la vita dei richiedenti asilo, di persone che hanno alle spalle storie terribili di violenze e torture e non possono essere prese in poco tempo e senza alcuna possibilità di essere assistiti».
La commissione territoriale
L’organo che ha notificato in tempo record i dinieghi alle persone trattenute in Albania è la commissione territoriale, che ha sentito, nella giornata di mercoledì, 44 migranti, dedicando presumibilmente poco tempo alla storia di ognuno. Non solo, la rapidità con cui sono stati fissati i colloqui non ha permesso ai reclusi di prepararsi per l’incontro e capire quali fossero gli elementi rilevanti da raccontare.
La commissione territoriale è, come detto, un organo amministrativo, nominato con decreto del ministero dell’Interno. Nel maggio 2024 le commissioni hanno scioperato per i tagli del governo sui servizi di interpretariato e sui gettoni di presenza, a cui si è aggiunta un’accelerazione dei tempi di esame delle domande di asilo. Nell’ultimo anno c’è stata sì un’infornata di personale, ma senza specifico concorso e proveniente da altre graduatorie. Significa meno specializzazione in materie di immigrazione e di protezione internazionale.
Gli scenari
Bisogna poi distinguere il procedimento per la domanda di asilo da quello sulle convalide. Se il secondo incide sulla libertà personale, il primo è più importante in una prospettiva di lungo periodo, perché è da questo che dipende la permanenza o meno in Italia. O meglio, la permanenza con documenti regolari.
Presentare il ricorso significa trovare un avvocato di fiducia, raccontare la propria storia, nella maggior parte dei casi, con l’aiuto di un mediatore, lasciare il tempo al legale di fare approfondimenti sul proprio paese d’origine. A questo punto, il difensore deve scrivere il ricorso e depositarlo. E l’accesso al diritto di difesa dipenderà dall’esito delle udienze di convalida del trattenimento.
Di fronte a una non convalida e al ritorno in Italia, i richiedenti asilo avrebbero solo due o tre giorni per organizzare il ricorso, se si esclude il tempo di viaggio. Si troverebbero in un paese sconosciuto, di cui non conoscono la lingua né, tantomeno, la normativa, ed è possibile che non riescano a opporsi al diniego entro i termini.
Se invece i giudici della Corte d’appello dovessero convalidare i trattenimenti, entrerebbe in gioco una questione fondamentale, su cui esistono forti dubbi fin dalla fase iniziale del progetto Albania, tanto voluto e difeso dal governo Meloni: il diritto di difesa. È garantito il diritto previsto dall’articolo 24 della Costituzione? Come possono le persone recluse, in un territorio fuori dallo stato italiano, senza alcuna rete di sostegno, né un telefono a disposizione, individuare un avvocato di fiducia? Non è chiaro come avvenga la nomina degli avvocati e, quindi, la possibilità di presentare il ricorso entro i termini.
Infine, se i 43 cittadini egiziani e bengalesi non riuscissero a opporsi al diniego, scaduto il termine dei sette giorni, diventerebbero automaticamente irregolari, e quindi trattenibili ed espellibili. Se sul territorio italiano, potrebbero essere rinchiusi nei Centri di permanenza per i rimpatri e, in alcuni casi, rimpatriati. Altrimenti, dal centro di trattenimento in Albania, passerebbero nel Cpr, sempre di Gjadër.
È però poco probabile che il rimpatrio, qualora riescano a organizzarlo, avvenga direttamente dall’Albania. Più realisticamente verrebbero portati in Italia via mare e accompagnati in aeroporto, oppure, di nuovo, in un Cpr.
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