Sono stati giorni di tensione all’università La Sapienza di Roma. A fare da sfondo le elezioni studentesche per il rinnovo del senato accademico che si sono concluse ieri, venerdì 22 novembre. Lo scrutinio ha decretato la vittoria della lista Sapienza futura, che segue una linea più istituzionale. Seconda la lista Liberiamo Sapienza e al terzo posto Azione universitaria, di destra.

La polarizzazione è chiara e le elezioni l’hanno solo acuita: collettivi antifascisti e il gruppo di destra Azione universitaria. Tutto parte da pratiche prevaricatorie. Per ricevere voti alcuni candidati della lista di destra - con il pretesto di spiegare il funzionamento del voto online - hanno preso i telefoni di diverse persone e ha votato al loro posto. Altri episodi hanno alimentato questo clima tra i due schieramenti; tra questi delle svastiche sui manifesti della lista Cambiare Rotta.

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Poi, lo scorso mercoledì 20 novembre, arriva lo scontro fuori dalla facoltà di Giurisprudenza. Anche il giorno seguente le provocazioni non si sono fermate e come racconta una studentessa durante l’assemblea pubblica di ieri pomeriggio: «Siamo riusciti a cacciare i camerati nonostante le forze dell'ordine che come sappiamo hanno dei rapporti amichevoli e complici con questi soggetti ignorando braccia tese, cinghiate e insulti rivolti verso le compagne. Ci siamo riorganizzate e li abbiamo raggiunti a Botanica. Dopo pochi minuti visibilmente spaventati e in meno di noi hanno subito chiamato Digos e camerati più grandi. Nonostante il muro di Digos tra noi e loro, gli antifascisti hanno fatto sentire la loro voce tanto da costringere le forze dell'ordine a preparargli un corridoio, una passerella per scappare». Queste tensioni sono state accompagnate dal lancio di alcuni oggetti, tra questi un sasso ha ferito in modo lieve una persona.

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La mattina del 20 novembre i collettivi si sono riuniti sotto il Rettorato per denunciare la complicità della rettrice Polimeni. Qui la studentessa spiega come se da un lato i collettivi si organizzano dal basso, al contrario le studentesse e gli studenti di Azione universitaria sono sostenuti dal direttivo dell’Ateneo che «sempre si mostra pronto a prendere le loro difese oltre a legittimare la loro presenza dentro l'università, garantire la possibilità di candidarsi e di fare una campagna elettorale becera e violenta». Poi la studentessa aggiunge: «L'antifascismo deve essere una pratica quotidiana. Questo è il nostro spazio, ci appartiene. Non abbiamo intenzione di lasciarlo in mano ai fascisti».

Andare fuori dai collettivi

Il 22 novembre, durante l’assemblea pubblica, la scalinata di Giurisprudenza era piena di studentesse e studenti in ascolto e diverse persone di passaggio si fermavano incuriosite. Uno studente parla della necessità di allargare la partecipazione e dice: «Io comincerei a riflettere sul costruire un percorso che non è fatto soltanto da noi militanti, ma di studenti e studentesse che sono consapevoli di quello che gli succeda attorno». Si parla di Palestina, di ddl sicurezza, di carceri e in particolare delle vicende di Trapani.

Poi passa al concreto e fa alcune precisazioni: «Bisogna creare una strategia comunicativa. Da fuori quello che si vede è come se si giocasse un derby e ci sono i tifosi ultras delle rispettive tifoserie che si fanno le magagne. Non ci devono vedere così, non dobbiamo essere un fenomeno da baraccone, non dobbiamo essere quelli che vanno solo a fare gli scontri». Una narrazione portata avanti dai media e che tende alla semplificazione.

La prospettiva da adottare è quella di trovare nuovi modi per arrivare alla persone «per far capire quello che stiamo facendo serve parlare anche con chi non fa parte di collettivi». L’intervento è chiaro: essere lì, prendere parola e partecipare è fondamentale. L’università non è solo un luogo di passaggio, ma uno spazio per riflettere e costruire un percorso fatto non solo da persone militanti, ma con studentesse e studenti consapevoli.

L’assemblea diventa un corteo. Destinazione: facoltà di Economia che viene più volte definita «il covo dove si rifugiano i fascisti». Ma i simpatizzanti di Azione universitaria che in questi giorni hanno partecipato agli scontri travalicano i confini della Sapienza. Infatti, come spiega una studentessa, «i militanti di Azione universitaria sono in buon numero iscritte ad altre università, spesso private, e si appoggiano anche su una rete che all’occorrenza fa calare i camerati più grandi, le realtà di gioventù nazionale, Nes».

Il corteo, scortato dalla polizia, si muove bloccando il traffico e le vie della zona universitaria. I fumogeni accompagnano l’arrivo a Economia. Si entra dentro la facoltà, nessuno blocca l’ingresso delle manifestanti e dei manifestanti. Cori antifascisti e poi si ritorna all’esterno. Senza nessuno scontro, passando davanti alla questura di piazzale del Verano, il corteo si conclude nel cuore del quartiere San Lorenzo.

Le lotte sono intersezionali

Un tema è costante: antifascismo e transfemminismo non sono due battaglie separate. Questa connessione viene ribadita molte volte. Nei giorni scorsi, infatti, delle studentesse hanno ricevuto insulti sessisti dagli studenti di destra.

«In città universitaria c’è un cav e il personale è sottopagato. Al Policlinico sono state fatte mille promesse per l’apertura di un cav e non sono state rispettate. A noi questo ci fa schifo: che ci siano i fascisti e che non ci sia un cav», denunciano dal collettivo transfemminista Aracne.

Una studentessa del collettivo transfemminista Aracne spiega a Domani la situazione dei cav all’interno della Sapienza: «C’è solo un Cav gestito da Telefono Rosa che è un cav a bando, gestito dall’offerta più conveniente economicamente. Nel cav, aperto al territorio, manca il personale e di conseguenza anche gli orari sono ridotti». Ancora una volta l’Italia non applica quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul: il rapporto di un centro antiviolenza ogni 10 mila abitanti non è rispettato. Vicenda simile, ma con qualche differenza è il cav di Policlinico: «C'è uno sportello che ora ha iniziato ad aprire di più ma per anni è stato chiuso nonostante le battaglie delle studentesse del collettivo di medicina». I collettivi hanno fatto pressione affinché il personale medico sanitario facesse formazione rispetto ai casi di violenza «visto che il Policlinico è stato spesso teatro di violenze. Avere un cav vuol dire fare prevenzione, fare antiviolenza. Noi pensiamo che è quella la sicurezza».

Durante il corteo viene ribadito più volte l’invito a partecipare al corteo transfemminista nazionale del 23 novembre.

«Alla Sapienza manca un codice antimolestie che permetta alle studentesse donne e libere soggettività di poter attraversare tranquillamente l'università», ricorda la studentessa di Aracne e poi parla di pink washing e della “retorica femminista fasulla”: «La politica dello sfondare il tetto di cristallo portata avanti da Polimeni è una politica macista: preferisce investire in un commissariato, installare panchine rosse piuttosto che investire nella salute».

Sempre secondo questa studentessa, la maschera sta cadendo e la realtà è chiara. «Negli ultimi giorni tante persone vedendoci contestare Azione universitaria si sono unite a noi. Dobbiamo continuare a fare assemblee sempre più pubbliche, sempre più aperte, dobbiamo continuare a parlarne in giro a spiegare il fatto che per quanto loro provino a nasconderlo sono la diretta discendenza del Fuan».

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