Era segnato. Quando la sera de 12 gennaio del 1988 cade a terra, colpito da quattro pallottole di una 357 Magnum, Giuseppe Insalaco era un uomo braccato. Dai sicari mafiosi e dai potenti della città.
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata all’omicidio di Giuseppe Insalaco, sindaco di Palermo ucciso il 12 gennaio del 1988 dopo aver denunciato a più riprese le collusioni tra politica e mafia.
Era segnato. Quando la sera de 12 gennaio del 1988 cade a terra, colpito da quattro pallottole di una 357 Magnum, Giuseppe Insalaco era un uomo braccato. Dai sicari mafiosi e dai potenti della città.
Sindaco di Palermo per cento giorni e poi latitante con l'accusa di avere intascato una tangente, era solo e disperato. Non aveva più un amico. L'avevano abbandonato tutti, minacciato, scaricato soprattutto dai boss del suo partito - la Democrazia Cristiana - dove allora comandavano Vito Ciancimino e Salvo Lima, entrambi in intimità con Cosa Nostra. Personaggio molto scomodo Insalaco, pericoloso per una Palermo sprofondata nel silenzio.
Un omicidio ”strano”, tracce anomale sul luogo del delitto, un Vespone bianco abbandonato insieme a un casco. Il movente della sua morte? Avere denunciato il sistema di potere al Comune, svelato alla Commissione parlamentare Antimafia come funzionavano i grandi appalti, aver fatto i nomi di padroni e padrini.
Le indagini sul delitto sono andate a vuoto per molto tempo, fra piste passionali e sospetti fino a quando sono stati individuati i due killer, Domenico Ganci e Domenico Guglielmini, mafiosi della famiglia della Noce. Inchiesta chiusa. Un po' poco per spiegare la morte di un ex sindaco di Palermo che aveva puntato il dito contro l'alta mafia e la corruzione nei palazzi palermitani.
Giuseppe Insalaco ha lasciato un lungo memoriale con una lista di nomi divisa in due colonne, i due volti di Palermo. Da una parte il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il presidente della Regione Piersanti Mattarella, il cardinale Salvatore Pappalardo, Pio La Torre, il giudice Cesare Terranova.
E dall’altra Vito Ciancimino e Salvo Lima, il ministro repubblicano Aristide Gunnella, gli esattori mafiosi di Salemi Nino e Ignazio Salvo e infine il conte Arturo Cassina, il "re” degli appalti a Palermo per oltre mezzo secolo. Un documento che, al tempo, in Sicilia provocò un terremoto.
La storia dell'ex sindaco di Palermo è raccontata da Bianca Stancanelli nel libro “La città marcia” (Marsilio editore). Da oggi e per quasi un mese il Blog Mafie ne pubblicherà ampi stralci.
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La Palermo innominabile dei boss e dei ministri© Riproduzione riservata