Il nostro massimo torneo parte sabato 17 agosto: i dati economici dicono di una confusa trasformazione, ancora lontana dal risanamento. Una trattativa di questo mercato, in particolare, è stata l’emblema di questa situazione. I nostri club spendono meno dei competitor europei e lo fanno pure senza mostrare equilibrio. E l’Italia del calcio continua a non essere un paese per giovani
Per 60 milioni di euro no. Invece, per 59 milioni di euro, forse sì. Ogni finestra estiva di calciomercato ha il suo tormentone, ma quello che accompagna la Serie A verso la giornata inaugurale della stagione 2024-25 ha qualcosa di grottesco. Si tratta dell’infinita trattativa fra la Juventus e l’Atalanta per il trasferimento del centrocampista olandese Teun Koopmeiners al club bianconero.
La società bergamasca ha detto da subito che per meno di 60 milioni non se ne parla nemmeno. Valutazione francamente alta, ma da che mondo è mondo il prezzo lo fa il venditore. Sicché, ciò che inizialmente sembrava soltanto uno sparare alto per scendere a una cifra comunque rilevante, col passare delle settimane è stato chiarito come ferrea intenzione: la società bergamasca non bluffava, 60 erano e 60 rimanevano. Lì il club bianconero ha capito che il tempo delle side letter col club bergamasco è definitivamente archiviato. Da qui in poi soltanto moneta sonante.
Dunque, dopo una serie di proposte inviate a Bergamo su cifre che molto si allontanavano dalla richiesta atalantina, ecco il guizzo escogitato per consenitire a entrambe le parti di dire che nessuno ha ceduto: 52 milioni di euro, più 7 di bonus. Applausi, sipario. Forse.
Quando eravamo ricchi
Lo psicodramma che si consuma lungo l’asse Torino-Bergamo è il modo migliore per sintetizzare l’avvicinamento al campionato di Serie A 2024-25. Un campionato che parte sempre più presto, con la prospettiva di celebrare le prime tre tappe prima della chiusura del calciomercato. E questo senso di provvisorietà è la cifra del torneo che in un tempo non remoto era il più bello e ricco del mondo, ma da anni arranca in cerca di un’identità.
Quanto questa identità sia difficile è testimoniato proprio dal diverso modo in cui i nostri club spendono, e dall’impossibilità di definire dei profili esatti riguardo al modo in cui stanno sul mercato. Serve innanzitutto fare un minimo di comparazione con ciò che succede all’estero.
In questo senso vengono in aiuto i dati del sito specializzato Transfermarkt. Che pur non essendo estremamente precisi, e pur riferendosi all’intero anno solare (dunque comprendono anche i movimenti effettuati durante la finestra invernale dello scorso gennaio), offrono una panoramica di buona approssimazione.
Quei dati dicono che per trovare la prima società italiana, nella lista delle maggiori spenditrici, bisogna scendere al 12° posto occupato proprio dalla Juventus, con la Roma immediatamente dietro. Quindi troviamo l’Atalanta al 19° posto, l’Inter al 23°, il Milan al 29°, il Napoli al 35° preceduto di due gradini dal Bologna. I primi cinque club della lista appartengono tutti alla Premier League e a capeggiare la fila è il Chelsea, che da quando è passato sotto la proprietà statunitense impiega cifre talmente lunari da far sembrare affetta da braccino la gestione di Roman Abramovic (189 milioni di euro il dato di spesa per l’anno solare 2024).
Come si spende
Va da sé che aver perso i crismi della lega più spendacciona del mondo sarebbe anche un segno di sopraggiunta virtuosità, se non fosse che poi i dati bisogna andare a leggerli nel dettaglio. Se si guarda allo specifico della Serie A, le prime due della graduatoria, Juventus e Roma, spendono quasi la stessa cifra (89,4 milioni contro 88,6 milioni), ma presentano saldi agli antipodi: in positivo il club bianconero (+1,6 milioni), in rosso profondo il club giallorosso (-72,1 milioni).
Stili di spesa, ma anche di cessione, diversi. La Juventus paga cifre da Premier League per comprare (oltre 50 milioni per Douglas Luiz, 60 in uscita per Koopmeiners) e si finanzia vendendo i talenti del futuro (uno di questi, Matias Soulé, proprio al club giallorosso). La Roma non raggiunge le cifre di spesa della Juventus, ma spende comunque e vende molto meno.
Due modi diversi di fare mercato e tenere in linea i conti. E altri modi sono osservabili fra le venti di Serie A, di cui soltanto nove risultano con saldo attivo di calciomercato nell’anno solare: oltre alla Juventus, si tratta di Bologna, Genoa, Torino, Cagliari, Hellas Verona, Lecce, Monza e Empoli. Da qui a fine mercato molte posizioni potrebbero variare. Per dire, se la Juventus infine prendesse Koopmeiners ma anche Nico Gonzalez dalla Fiorentina, sarebbe una novantina di milioni in uscita che porterebbe il saldo di mercato nettamente più in rosso di quello romanista.
Ma intanto si può osservare quale sia la politica adottata dai club che fanno il mercato. Per esempio, le due milanesi. Il Milan, che sta perfezionando l’acquisizione di Youssuf Fofana dal Monaco, continua a mantenersi entro una linea di spesa non eccessiva. Quanto all’Inter, con l’eccezione del portiere spagnolo Josep Martinez prelevato dal Genoa, il mercato nerazzurro è fatto di riscatti pattuiti. Del resto, la principale urgenza del fondo Oaktree, per questa finestra di mercato, era garantirsi il rinnovo del calciatore nerazzurro più forte: Lautaro Martinez.
Missione compiuta e accordo fino al 2029. Cioè cinque anni in più per sfruttarne il talento. O, più probabilmente, per cederlo alle proprie condizioni.
Quali giovani?
C’è chi spende 35 milioni di euro per un giovane terzino di avvenire certificato (il Napoli, per prendere Alessandro Buongiorno) e chi li incassa (il Torino del divo Urbano Cairo) ma anziché impiegarli per rafforzare la squadra decide di prendere il fratello di Gigio Donnarumma, Antonio (una sola partita in Serie A, le ultime tre stagioni trascorse in Serie C col Padova), per fargli fare il terzo portiere.
Misteri buffi di un mercato dove gli agenti continuano a dare le carte. E a strappare commissioni al termine di trattative nelle quali non se ne comprende il ruolo. Quanto ai proclami di dare maggiore spazio ai giovani italiani, per il momento non se ne vede traccia di applicazione. E mentre anche i piccoli club come il Lecce continuano a fare incetta sul mercato estero (col celebrato genio Pantaleo Corvino che, per via della legge dei grandi numeri, prima o poi qualche buon calciatore lo azzecca per forza), quelli di fascia alta non trovano di meglio che mandare via in prestito i più promettenti.
L’alternativa è iscrivere la seconda squadra in Lega Pro. Da questa stagione si tocca quota tre, col Milan che si aggiunge a Juventus e Atalanta. Anche queste sono squadre infarcite di stranieri, oltreché di giovanotti di belle speranze come i rossoneri Divock Origi (29 anni) e Samuele Longo (32 anni). I due giocheranno assieme a Maximilian “bello a papà” Ibrahimovic.
Si tratta di squadre che snaturano i tornei di terza serie e che tolgono spazio a club della periferia italiana. Ma alla leadership della Lega Pro va bene così, e inoltre la tassa d’ingresso che queste società versano è parte rilevante per le finanze della lega fiorentina. Che se potesse ne ospiterebbe anche di più.
E poi ci sono anche quegli strani amori che fanno giri immensi e poi ritornano. Per esempio, quello fra la Lazio del presidente Claudio Lotito e la Salernitana che fu proprietà del senatore Lotito Claudio. Già versati 8 milioni per portare Loum Tchaouna a Roma, altri 10 milioni e rotti potrebbero essere sganciati per Boulaye Dia. Sembra di esser tornati al tempo dei 12,7 milioni per Akpa Akpro. A Salerno cosa ne pensano?
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