Avere 15 anni e sognare il proprio futuro, quando ancora nulla è stato scritto. Chi non vorrebbe farlo liberamente?

L’ultimo rapporto di Save the Children racconta una realtà diversa: in Italia la povertà penalizza le aspirazioni degli adolescenti. Più di 100mila tra ragazze e ragazzi di età tra i 15 e i 16 anni vivono in condizioni di grave deprivazione materiale, ma non solo: il 67,4 per cento di loro teme che il futuro lavoro non gli permetterà di uscire dalla povertà e più di uno su quattro pensa che non concluderà la scuola.

La ricerca è stata diffusa da Save the Children in occasione dell’apertura di Impossibile 2024, la biennale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza organizzata proprio da Save the Children. L’evento vuole coinvolgere il mondo della politica, economia e impresa e della cultura.

L’obiettivo è investire nell’infanzia e nei giovani, che rappresentano un’opportunità per lo sviluppo della società.

La povertà toglie ai ragazzi le opportunità educative

Nel 2023 in Italia 1,3 milioni di minorenni si trovavano in una situazione di povertà assoluta, un bambino su 7. La povertà relativa si attesta al 22,2 per cento per chi ha meno di 18 anni, secondo gli ultimi dati disponibili, che evidenziano anche una profonda diseguaglianza territoriale.

I 100mila ragazzi tra i 15 e i 16 anni che vivono in condizioni di gravi deprivazioni sono spesso preoccupati per le spese che la propria famiglia affronta tra bollette, cibo e vestiti e nei casi in cui non riescano a stare nelle spese, un adolescente su dieci vedono i genitori chiedere aiuto ad amici o parenti, in alcuni casi prendere addirittura un prestito. Alcuni vivono in case senza riscaldamento (7,6 per cento) o con il frigo vuoto (6,4 per cento).

In questa situazione gli adolescenti fanno quello che possono per aiutare i propri genitori: l’84 per cento cerca di risparmiare e non chiedere soldi se non per le spese importanti. I ragazzi rinunciano a uscire, a fare sport, a partecipare alle gite scolastiche e ad imparare una nuova lingua, per non parlare del fatto che il 23,9 per cento dei ragazzi di 15-16 anni iniziano l’anno scolastico senza aver potuto acquistare tutti i libri o il materiale scolastico. Il risultato è che la povertà incide gravemente sulla loro educazione.

Ma ci sono anche altri aspetti che incidono, come la casa in cui vivono: il 15 per cento dei ragazzi non ha un posto tranquillo per studiare, in alcuni casi non hanno nemmeno la scrivania o strumenti che li aiutino, come smartphone, tablet, pc. In questa situazione l’11,7 per cento non ha nemmeno una connessione veloce a internet.

Anche avere libri dentro casa è un privilegio: quasi due ragazzi su cinque hanno al massimo 10 libri sulla libreria domestica, esclusi quelli scolastici, e il 20 per cento ne ha tra 11 e 25.

I quartieri in cui vivono spesso non sono dei migliori: il 36,6 per cento non si sente sicuro a uscire di casa da solo. Altri problemi evidenziati sono la mancanza di aree verdi, luoghi accessibili in cui fare sport, luoghi di aggregazione, biblioteche e cinema. Il 34,4 per cento afferma che nel proprio quartiere i negozi stanno chiudendo a causa della crisi e quasi due terzi che non ci sono opportunità di lavoro. Per quasi un terzo dei minori intervistati è difficile spostarsi con i mezzi pubblici in altri comuni o zone della città.

«A causa di una grave ingiustizia generazionale, in Italia sono proprio i giovani i più colpiti dalla povertà – commenta Claudio Tesauro, presidente di Save the Children – Ascoltando la voce dei ragazzi e delle ragazze, abbiamo rilevato che questa condizione incide non solo sul loro presente, ma chiude le loro aspettative per il futuro».

I ragazzi ridimensionano le loro aspettative

Che cosa vorrebbero i 15-16enni per il loro futuro? Il 94,2 per cento desidera un lavoro stabile che permetta loro di guadagnare il giusto per riuscire a soddisfare i propri bisogni materiali e della loro famiglia e che sia gratificante e in linea con i propri interessi. Un altro aspetto molto importante per i ragazzi è che il lavoro permetta loro di avere tempo libero (87,7 per cento) e che non metta a rischio la salute, fisica o mentale (84,1 per cento).

Gli adolescenti sognano anche di avere una famiglia, una casa confortevole, buoni amici e tempo da passare con loro, ma anche di avere figli ed essere un buon genitore. I ragazzi vorrebbero anche la possibilità di frequentare l’università e laurearsi (59 per cento) e trasferirsi in futuro in un’altra città (31,2 per cento) o all’estero (36,7).

Le loro aspettative però sono ben diverse. Se da una parte c’è una percentuale molto alta di chi pensa di riuscire a fare ciò che desidera in futuro, almeno un adolescente su quattro, indipendentemente dalla propria condizione economica, è già rassegnato a mettere da parte le proprie aspirazioni pensando di non poter esaudire i propri sogni o mettere a frutto il proprio talento. Solo poco più della metà pensa che andrà sicuramente all’università, mentre il 13,7 per cento vorrebbe ma teme di non poterselo permettere. Quasi la metà (48,8) dice che frequenterà dei corsi professionali per prepararsi al mondo del lavoro mentre il 10,7 per cento non finirà la scuola e troverà un impiego.

Per quanto riguarda il lavoro, se il 91,5 per cento desidera avere un salario adeguato, quasi un ragazzo su tre teme che non guadagnerà abbastanza soldi pur lavorando e il 38,8 per cento teme di non trovare un impiego in cui non sarà sfruttato.

I divari si fanno più profondi quando i percorsi di vita riguardano i ragazzi in condizioni di grave deprivazione. Per quanto riguarda l’istruzione, più di un adolescente su quattro afferma che non si diplomerà e andrà a lavorare. Il 43,6 per cento vorrebbe andare all’università ma non è certo di potersela permettere.

In aggiunta il 67,4 per cento degli adolescenti che vive in povertà teme che, anche nel caso in cui trovasse un impiego, lo stipendio non sarebbe sufficiente e il 67,3 per cento ha paura di non trovare un impiego dignitoso e in cui non sia sfruttato.

Se quasi il 75 per cento di chi proviene da un contesto socioeconomico più favorevole è convinto di riuscire a fare ciò che desidera nella vita, questa percentuale si abbassa di 20 punti per i coetanei in svantaggio economico.

Se invece guardiamo i dati da una prospettiva di genere, quasi il 70 per cento delle ragazze pensa di iscriversi sicuramente all’università, mentre la percentuale si abbassa di 30 punti per la componente maschile. Ma le ragazze pensano che il futuro sarà più difficile per loro: il 46,1 per cento crede che non riuscirà a trovare un lavoro dignitoso, contro il 30,5 per cento dei ragazzi. Più di una ragazza su tre (35,5) ha paura che il lavoro non le fornirà le risorse economiche adeguate, contro il 23,8 per cento dei maschi.

Le richieste dei ragazzi alle istituzioni

Se pensano al proprio futuro, più del 40 per cento dei giovani intervistati provano ansia, sfiducia o paura e quasi due terzi (64,6) pensano che chi parte da una situazione economica svantaggiata farà molta più fatica per stare al passo con gli altri.

I ragazzi percepiscono che per la loro generazione le difficoltà maggiori che affronteranno saranno dovute a crisi climatica, Intelligenza artificiale, discriminazioni e violenza, crisi economica e alle diseguaglianze che tutti questi fattori porteranno.

Ciò che più di metà degli adolescenti vorrebbero dalle istituzioni sono misure di sostegno per le famiglie in condizione di povertà, sostegno psicologico gratuito per tutti i giovani (49,4 per cento), supporto economico per proseguire gli studi (48,7) e la gratuità di libri scolastici e tutto ciò che aiuta l’apprendimento.

L’indagine sulle famiglie povere con figli tra 0-3 anni

Save the Children ha realizzato anche un’indagine insieme all’Ufficio studi Caritas italiana sui nuclei familiari in condizioni di povertà con bambini tra 0 e 3 anni assistiti dalla stessa organizzazione di beneficenza.

Le principali difficoltà che gravano su questi nuclei familiari sono l’acquisto di prodotti quotidiani come i pannolini, gli abiti per bambini o gli alimenti come il latte in polvere, e ancora le visite pediatriche specialistiche e l’acquisto di medicinali o ausili medici per neonati con disabilità. A questo si aggiungono anche le spese per i giocattoli, il pagamento degli asili nido, strutture sostitutive o baby sitter.

Queste spese costringono a fare altre rinunce, come opportunità di lavoro o formative, non potendo lasciare a qualcuno i propri figli (64,6 per cento), ma la percentuale cresce se si guarda alle donne (69,5 per cento), dimostrando che il lavoro di cura pesa ancora sulle spalle delle donne. Tra le rinunce ci sono anche il tempo per sé e le attività ricreative per i propri figli, come le feste di compleanno. Sul tema della sanità, il 35,4 per cento delle donne ha dichiarato di dover rinunciare a prendersi cura della propria salute.

Il 25,5 per cento dei genitori ha addirittura affermato di non aver iscritto i figli al nido: spesso questa decisione viene presa perché si occupa dei figli la madre disoccupata o inoccupata (69,4), oppure perché la retta dell’asilo è troppo alta (27,4).

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