Non ci sono onde a increspare la superficie del Mediterraneo. E il sole batte come se fosse una giornata d’agosto. Solo una brezza fresca ricorda all’equipaggio della nave di Emergency che l’autunno è già inoltrato mentre la vita procede frenetica sulla Life Support, in navigazione ormai da oltre 24 ore.

Direzione sud, dopo una breve sosta al porto di Augusta, anche se non si sa ancora quale sarà l’area del pattugliamento in mare: «Dipende dal meteo, dalle onde, dalle eventuali richieste di soccorso», chiarisce Jonathan Nanì La terra, il Sar team leader, durante il primo briefing delle 9, che ogni mattina si conclude con un “gioco” pensato di proposito per rafforzare i legami tra i membri della squadra di soccorso.

Ma a spezzare l’entusiasmo basta poco. Anche oggi la rassegna stampa a tema migrazioni che quotidianamente aggiorna i membri del team non porta buone notizie: «Nuovi respingimenti a opera delle autorità greche, in acque europee vicino l’isola di Lesbos, verso la Turchia. 16 persone morte recuperate dalla guardia costiera tunisina, non molto distante dalle coste della città di Mellouleche. C’è solo un sopravvissuto tra i 13 migranti partiti da Tobruk, in Libia, verso l’Europa, dopo che l’imbarcazione su cui viaggiavano si è rovesciata (di cui abbiamo scritto ieri, ndr)», scrive su Signal, nel gruppo di lavoro della squadra Emergency, Zeno Morino, del dipartimento comunicazione della Life Support.

«Ogni giorno leggiamo di persone che muoiono nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Europa, l’Italia, è proprio per questo che ho deciso di salire sulla nave di Emergency. Si tratta di una goccia nel mare ma voglio dare il mio contributo per evitare questa tragedia continua», commenta la dottoressa di bordo, Elena Mari, 33 anni compiuti oggi, festeggiati con una torta al cioccolato grande abbastanza da riempire gli stomaci di tutto lo staff, preparata con cura dallo chef: «Le navi delle ong nel Mediterraneo non sono molte – aggiunge – per me è un onore essere su una di queste».

La dottoressa Mari intervistata

Per Mari questa è la prima missione a bordo della Life Support ma non la prima esperienza come garante dei diritti degli esseri umani che dovrebbero essere inviolabili: «Mi sono imbarcata per capire che cosa c’è a monte, che cosa succede prima nelle vite delle persone con cui sono solita avere a che fare a Ponticelli», spiega la dottoressa che solitamente opera nell’ambulatorio di Emergency alla periferia di Napoli, a Ponticelli appunto, dove risiedono circa 70mila abitanti, nella zona est della città: «La maggior parte dei nostri pazienti sono migranti, cittadini stranieri senza permesso di soggiorno. Grazie al supporto dei mediatori culturali li aiutiamo a fare i documenti necessari all’assistenza di base, che per fortuna nel nostro Paese è ancora garantita a tutti», sottolinea: «Ma non ci sono solo stranieri, anche tanti italiani si rivolgono a noi».

Mari, insieme agli infermieri a bordo della Life Support, Marcello Kurtam e Marzia Gentile, si occupa di soccorrere i naufraghi non appena salgono a bordo della nave di Emergency, valutarne le condizioni cliniche e il livello di criticità: «La maggior parte dei problemi sono legati al mal di mare, alla disidratazione, alle ustioni per il sole o il carburante delle navi. Oppure riscontro le problematiche di medicina generale a cui siamo abituati nella vita di tutti i giorni». Ma possono esserci anche casi più gravi, per cui è prevista l’evacuazione dalla nave.

Come chiarisce la dottoressa, però, le difficoltà per le persone che sognano di costruirsi una nuova vita in Europa non finiscono con il viaggio in mare: «Non basta sopravvivere al Mediterraneo. Una volta arrivati in Italia iniziano i problemi per la richiesta d’asilo, d’integrazione, per accedere alle cure. Così la loro vita continua a essere in pericolo tutti i giorni, per molto tempo».

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