Solitamente sicura di sé, delle sue bellezze, della sua organizzazione, stavolta la Francia si interroga dubbiosa. Si chiede se davvero i Giochi olimpici saranno in grado di regalare il senso della festa, perduto per cataclismi di origine diversa che hanno segnato nel profondo lei e il mondo. Dal 2013, undici anni fa, quando si cominciò a puntare su Parigi 2024 dopo tre tentativi andati a male (1992, 2008 e 2012), è come se il fato si fosse accanito contro il desiderio di allegria, di spensieratezza, di normalità.

Gli attentati terroristici più devastanti in sequenza, Charlie Hebdo, Bataclan, Nizza; i moti sociali di varia origine, Gilet gialli, proteste per la riforma delle pensioni, banlieue in rivolta; una pandemia che non si registrava da un secolo, curiosamente anche allora anticipatrice di Parigi 1924; due guerre prossime, una in Ucraina e l’altra in Medio Oriente; alla ventitreesima ora anche le elezioni più drammatiche della storia recente che hanno avuto come risultato un governo dimissionario in carica fino al termine della manifestazione.

I sondaggi

Poi all’improvviso, inaspettato, l’obbligo o quasi di sorridere, di lasciarsi tutto alle spalle. Gli ultimi sondaggi dicono che il 36 per cento è indifferente al grande evento, il 24 inquieto, il 5 per cento addirittura in collera, per giungere alfine al 23 per cento che esprime soddisfazione.

Pochi? Coraggio, era l’11 per cento alla fine di maggio. Il resto seguirà, magari trascinato da qualche alloro prestigioso guadagnato dal tricolore, il loro, a riempire i vuoti che ancora si contano sugli spalti, se sono un milione e 200mila i biglietti invenduti, soprattutto per il calcio, ma questo per loro fortuna non è un Paese di monocultura sportiva e il pallone oltretutto non è mai stato importante nei Giochi, che, almeno una volta ogni quattro anni, allargano gli orizzonti.

Un adagio vuole che i francesi siano italiani di cattivo umore. E i parigini, in particolare, avvalorano il detto. Per non perdersi nella pazza folla, nei disagi insiti di un mega spettacolo, per il timore di attentati, per la fatica di campare in una città blindata e a rischio scioperi nei trasporti, molti di loro si sono organizzati: 134mila appartamenti messi in affitto su Airbnb nell’Ile-de-France, la regione della capitale, erano meno della metà nello stesso periodo dell’anno scorso, prezzo medio di 362 euro a notte, punte di 800 euro. Le Olimpiadi pagano profumatamente le vacanze in un altrove senza caos.

L’immagine

Questi i sentimenti prima che la festa cominci. Per allestire la quale, tuttavia, la Francia è stata la Francia, medaglia d’oro indiscussa nel marketing di sé stessa, se ce n’è una. Nulla lasciato al caso per mettere in vetrina tutte le cartoline dell’eccellenza, neanche fosse un film di Woody Allen (ricordate Midnight in Paris?), a beneficio dei quattro miliardi previsti di telespettatori, più della metà degli abitanti della Terra.

Il prologo con la sfilata inedita sulla Senna dei sospiri e degli amori. Gli sport equestri e il pentathlon moderno al Château de Versailles, la residenza dei vari Luigi; la scherma e il taekwondo al Grand Palais eretto per l’esposizione universale del 1900, l’anno della prima olimpiade nella Ville Lumière; il tiro con l’arco agli Invalides dove è sepolto Napoleone; il judo e la lotta al Campo di Marte dove passeggiava Mitterrand negli ultimi suoi giorni; il basket 3 contro 3, lo skateboard e la breaking, gli ultimi arrivati a distribuire titoli, nientemeno che a place de la Concorde; il beach volley all’ombra della tour Eiffel, il monumento più visitato al mondo (e noi a chiederci perché non sia il Colosseo, potenza della valorizzazione di tutto ciò che è “de France”); il tennis al Roland-Garros, ça va sans dire; il triathlon al maestoso ponte art nouveau Alexandre III, costruito per suggellare l’alleanza franco-russa ed erano evidentemente altri tempi rispetto alle frizioni attuali Macron-Putin. Il dépliant turistico-sportivo è questo.

Le sedi

Per non dare l’impressione di una Parigi pigliatutto, come da accusa insistita da parte del Paese rurale, il nuoto e affini a Saint-Denis dove sono sepolti i re di Francia e dove comincia la sterminata periferia dello scontento e della ribellione.

La vela nella Marsiglia eterna duellante della capitale, ah se Parigi avesse il mare… Il basket a Villeneuve d’Ascq, il tiro sportivo a Châteauroux, il calcio distribuito ancora a Marsiglia, Saint-Étienne, Nantes, Bordeaux, Nizza, Lione. Tocco esotico è il surf a Teahupo’o, 1.500 abitanti, Polinesia francese, per ricordare agli smemorati che l’Esagono fu Impero e ancora conserva le terre d’oltremare.

Sul palcoscenico c’è la crema di quanto la Francia ha prodotto nel corso del secoli. Ma è nel retropalco che bisogna scavare per svelare l’illusione ottica, verificare come stavolta la troppa luce accechi e siano proprio i lumi della ragione a essersi spenti nel luogo dove hanno avuto origine.

Gli spettri

La profusione retorica dei valori olimpici a cui assisteremo in questi giorni dipingerà una Francia che è esistita ma non c’è più, e la speranza è che sia solo una caduta temporanea. Il Paese è attraversato da fratture profonde che hanno poco a che fare con lo spirito universalista dei Giochi. E non basta avere praticamente nascosto, vergognandosene, la figura del barone Pierre de Coubertin, il concittadino che reinventò la manifestazione, perché dalla sua biografia sono emerse la vicinanza con Hitler, la xenofobia, il razzismo, la convinta fede monarchica.

Ci sono tentazioni razziste largamente diffuse nella società nei confronti dei sette milioni di francesi di origine magrebina, riaffermate un mese fa con i dieci milioni di voti espressi a favore dell’estrema destra e questo avviene nel Paese in teoria garante dei diritti uguali per tutti i cittadini. Nella realtà c’è stata, negli ultimi vent’anni, una progressiva ghettizzazione dei non autoctoni nelle periferie-dormitorio, sino a contraddire la politica dell’assimilazionismo che era un vanto della nazione a favore di un comunitarismo di fatto, la parola più aborrita dai transalpini.

E poi i dualismi sempre più accesi tra ricchi e poveri, tra centri urbani e periferie. La Francia è malata come le altre democrazie dell’occidente. Il colpo di pistola dello starter delle gare può regalare qualche giorno di oblio, ma è solo una breve ricreazione.

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