La nuova Commissione europea segna la fine della tradizionale maggioranza centrista che ha storicamente governato l’Ue sin dai suoi albori e prelude a una nuova Europa
Molti osservatori hanno tirato un sospiro di sollievo dopo i risultati delle elezioni del parlamento europeo dello scorso giugno. Invece di consegnare l’Unione a forze politiche di estrema destra antagoniste al progetto europeo, le elezioni hanno confermato la maggioranza alla tradizionale alleanza pro-Ue tra partiti di centrodestra, centrosinistra e liberali, che hanno governato l’Europa negli ultimi decenni.
Alla vigilia del voto del parlamento europeo, ci si aspetta che questi partiti supportino la nuova Commissione di Ursula von der Leyen con l'obiettivo dichiarato di rendere l'economia europea più verde, competitiva e sicura.
Ma non è detto che l'esito sia così scontato.
Influenze destre
La Commissione von der Leyen non si è ancora insediata, ma l'estrema destra sta già influenzando la nuova amministrazione europea, e non solo sulle questioni migratorie e ambientali.
Questa tendenza, che è destinata a rafforzarsi con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, riflette uno slittamento inedito dell’intera Unione verso le destre conservatrici, come il gruppo dell’Ecr che riunisce il partito della premier italiana Giorgia Meloni con partiti di estrema destra come Reconquête di Éric Zemmour in Francia, Vox in Spagna e i Democratici svedesi, e illiberali, quali i Patriots for Europe (PfE), gruppo co-guidato da Marine Le Pen e Viktor Orbán e il gruppo Europe of Sovereign Nations, dominato dal partito di destra estrema AfD.
Lo stesso vale per le altre due principali istituzioni dell'Ue, la Commissione e il Consiglio europeo, dove oltre metà dei membri proviene da governi espressione di forze politiche di destra. Si tratta di uno spostamento del baricentro dell’Unione che è senza precedenti e inevitabilmente influenzerà il nuovo ciclo politico europeo.
E sebbene von der Leyen, nelle ultime settimane, abbia promesso di mantenersi al centro, la nuova Commissione potrebbe trovarsi a guardare oltre il blocco politico tradizionale per raggiungere i suoi obiettivi politici. Come spiegare una tale ambiguità?
I due forni
In primo luogo, le coalizioni nel parlamento europeo sono state storicamente costruite non tanto per affinità politica quanto per la necessità di approvare specifiche proposte provenienti dalla Commissione.
Visto che nessuna Commissione ha mai fatto affidamento su una maggioranza parlamentare permanente durante il suo mandato di cinque anni, oggi significa che von der Leyen potrà affidarsi ai voti dell'estrema destra per facilitare l'approvazione delle politiche conservatrici che la sua maggioranza tradizionale potrebbe non sostenere.
In secondo luogo, la nuova Commissione non ha formalizzato un accordo di coalizione con i gruppi politici centristi che la supportano ufficialmente, c’è solo un accordo di principio che non preclude che von der Leyen possa fare affidamento ai voti dei conservatori europei di Meloni o a quelli dei Patrioti europei di Orbán e Le Pen. In assenza di tale accordo, nessuna di queste forze politiche potrà vincolare la Commissione ai propri obiettivi e impedire un coinvolgimento dei partiti di estrema destra.
Il Consiglio europeo
Il terzo fattore è il Consiglio europeo, composto dai capi di stato e di governo. Attualmente quattordici membri del Consiglio provengono da governi guidati o supportati da forze di destra o estrema destra. La pressione dei membri fondatori con governi di destra o estrema destra (Italia, Francia, Belgio e Paesi Bassi), potrebbe forzare la Commissione a deviare dalle sue priorità dichiarate.
Nella misura in cui la nuova Commissione non è politicamente vincolata né responsabile nei confronti dei suoi alleati pro Ue, è certo che manterrà aperta la porta alla cooperazione con i gruppi a destra del Ppe di von der Leyen. La forza combinata di questi tre gruppi di estrema destra – l’ultraconservatore Ecr, i Patrioti europei e l’Europa delle nazioni sovrane – può contare su 187 dei 720 seggi dell’Europarlamento. Questi gruppi diventano così alleati potenti e quasi irresistibili per il Ppe.
Agenda debole
Gli ultimi mesi sono stati particolarmente utili per intuire cosa potrebbe accadere. La pressione dei partiti di estrema destra e le proteste degli agricoltori hanno già spinto von der Leyen a rinunciare al Green deal. Queste pressioni hanno influenzato anche le posizioni dei leader in Germania e la richiesta di una «pausa regolamentare» del presidente francese Emmanuel Macron.
Da allora c’è stato un chiaro rallentamento delle politiche verdi dell’Ue. Ci sono crescenti richieste di posticipare il divieto dei motori a combustione per i nuovi veicoli a zero emissioni di CO2 previsto dal 2035. Inoltre è stata ritardata l’entrata in vigore del Regolamento sulla deforestazione e della Direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese, cruciale per rendere sostenibili le catene di approvvigionamento.
L’indebolimento dell’agenda moderata si riflette anche nelle strutture istituzionali dell’Ue. Gli ultraconservatori Fratelli d’Italia di Meloni hanno ottenuto una vicepresidenza del parlamento europeo e diverse presidenze di Commissioni parlamentari, e un membro del partito, Raffaele Fitto, è stato indicato come vicepresidente esecutivo per la Coesione e le riforme della Commissione, responsabile della gestione di miliardi di euro di aiuti regionali.
I Patrioti europei di Viktor Orbán e Marine Le Pen e il gruppo di destra radicale dei Sovranisti di Alternative fur Deutschland dovrebbero rimanere esclusi per via del cosiddetto “cordone sanitario”, un accordo implicito tra i partiti centristi per escludere forze estremiste.
Il “cordone sanitario”
Ma questo cordone è già stato allentato. Il Ppe ha di recente votato con i gruppi di estrema destra per approvare una risoluzione che riconosce Edmundo González come presidente del Venezuela ma anche in occasione del voto sul Regolamento Ue sulla Deforestazione, esempi di come il centrodestra potrebbe cercare il supporto dell’estrema destra per costruire maggioranze ad hoc.
Di fatto, il “cordone sanitario” è già caduto in Italia, Svezia, nei Paesi Bassi, dove i governi hanno combinato forze conservatrici tradizionali con l’estrema destra, ma non ancora a livello di Unione europea.
Alla vigilia del voto del parlamento europeo sulla nuova Commissione (il prossimo 27 novembre), una domanda urgente emerge: su quale maggioranza politica farà affidamento von der Leyen nei prossimi cinque anni? Su una maggioranza composta da attori di estrema destra, alleati di Trump, un tempo marginali, o da forze politiche tradizionali come socialisti, liberali e Verdi?
Le azioni di von der Leyen e del Partito popolare europeo negli ultimi mesi sembrano puntare verso una direzione precisa. Benvenuti nella nuova Europa.
Alberto Alemanno è professore di diritto dell’Unione europea a HEC Paris e Democracy Fellow a Harvard University
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