Non proprio un governo, ma qualcosa di simile. La Commissione europea è il principale organo esecutivo dell’Ue, anche se per molti aspetti è un’istituzione sui generis. Le elezioni dell’8 e 9 giugno, oltre che a determinare la composizione del parlamento europeo, saranno la base di partenza per formare la nuova commissione, che non dipenderà solo dal voto dei cittadini, ma anche dagli accordi tra i capi di Stato e di governo dei 27 membri.

Un processo articolato che definirà la direzione politica dell’Europa dei prossimi cinque anni. Con un punto di domanda: Ursula von der Leyen riuscirà a strappare un secondo mandato?

Funzioni

Come recita il trattato sull’Unione europea (Tue), «la Commissione promuove l’interesse generale dell’Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine» e, più in generale, «vigila sull’applicazione dei trattati». A differenza di un sistema parlamentare vero e proprio, in Europa è la commissione l’unica istituzione dotata di potere di iniziativa legislativa: propone cioè regolamenti (direttamente vincolanti) e direttive (da recepire dagli Stati membri) che passeranno poi al vaglio di parlamento e consiglio.

Come un governo nazionale, stabilisce le priorità di spesa e prepara i bilanci annuali da sottoporre, anche qui, all’approvazione del parlamento e del consiglio. Anche se la politica estera è un ambito in cui i singoli Stati continuano a fare da padroni, la commissione rappresenta l’Ue sulla scena internazionale, in particolare nei settori della politica commerciale e degli aiuti umanitari. 

Composizione

La commissione europea è composta da 27 membri, uno per ogni Stato. I commissari somigliano molto ai ministri dei governi nazionali, ognuno con un proprio settore di competenza. Secondo i trattati, dal 2014 i commissari avrebbero dovuto essere ridotti a due terzi, con l’obiettivo di snellirne la composizione e di superare le logiche nazionali. Ma nel 2013 il consiglio europeo, dove siedono i capi di stato e di governo, ha stabilito di mantenere la regola per cui ciascun paese ha diritto alla nomina di un commissario.

Dei 27 fanno parte sia il presidente della commissione – che la dirige nel suo complesso, assegna le diverse competenze politiche e può revocare i singoli commissari – che l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, una sorta di ministro degli Esteri (in assenza di politica estera comune). Ci sono poi otto vicepresidenti nominati dal presidente.

Come vengono nominati presidente e commissari 

La nomina del presidente della commissione è un percorso che coinvolge consiglio europeo e parlamento. È il consiglio europeo che propone, tenendo conto dei risultati elettorali, il candidato alla presidenza. Ed è poi il parlamento che, a maggioranza assoluta (cioè con il 50 per cento più uno degli aventi diritto), conferma o meno la designazione dei leader degli stati membri. Nel caso in cui questa maggioranza non dovesse essere raggiunta, i capi di stato e di governo dei 27 devono proporre un altro candidato entro un mese.

Scelto il presidente, lo step successivo è la nomina dei singoli commissari, che sono nominati dal consiglio dell’Unione europea (in cui siedono i ministri nazionali in base alla materia di competenza: interni, esteri, economia, etc.), su proposta degli stati membri e con l’accordo del presidente.

Fa eccezione l’Alto rappresentante per la politica estera, designato dal consiglio europeo (composto dai capi di stato e di governo).

La commissione nel suo complesso è approvata poi dal parlamento europeo e ufficialmente nominata dal consiglio europeo a maggioranza qualificata.

I candidati alla presidenza

Per rendere più trasparente il processo di selezione del vertici della commissione, nel 2014 è stata inaugurata una prassi che prevede che prima delle elezioni ogni partito politico europeo indichi un proprio candidato di punta (spitzenkandidat in tedesco). Il consiglio europeo dovrebbe poi designare come presidente di commissione il nome indicato dall’eurogruppo che prende più voti, ma non ne è vincolato.

Per esempio, nel 2019 il Partito popolare europeo aveva indicato il tedesco Manfred Weber, attuale presidente del Ppe, ma i leader dei 27 stati membri non hanno raggiunto un accordo e il punto di caduta è stato sul nome di von der Leyen.

Per i prossimi cinque anni i popolari puntano proprio sull’attuale presidente della commissione, il cui mandato scade il 31 ottobre prossimo. Il partito socialista europeo (Pse) ha scelto come spitzenkandidat il lussemburghese Nicolas Schmit, attuale commissario per il Lavoro e i diritti sociali. Renew Europe, il gruppo che riunisce i liberali, ha indicato non uno ma ben tre candidati di punta, ognuno per ciascuno dei partiti che ne fanno parte: la francese Valerie Hayer per Renew, l’italiano Sandro Gozi per il Partito democratico europeo (Pde) e la tedesca Marie-Agnes Strack-Zimmermann per l’Alde.

La Sinistra europea ha scelto l’austriaco Walter Baier, mentre i Verdi europei hanno optato per una doppia candidatura: l’olandese Bas Eickhout e la tedesca Terry Reintke. Identità e democrazia (Id) e i Conservatori e riformisti europei (Ecr) – i gruppi di Salvini e Meloni – sono da sempre critici nei confronti del meccanismo dello spitzenkandidat e non hanno indicato candidati alla presidenza della commissione.


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