In soli dodici mesi nelle carceri italiane ci sono quasi 4mila persone in più, una media di trecento al mese. E per la prima volta anche gli Istituti di pena per i minorenni, che ancor di più dovrebbero essere strutture di ultima istanza, sono sovraffollati. «Erano decenni che non venivano riempiti i posti ufficiali disponibili per i minori», spiega Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’associazione Antigone, presentando il report. Dalla lettura del dossier di metà anno dell’associazione emerge un quadro drammatico e una tendenza sempre maggiore a rinchiudere, come dimostrano i provvedimenti presi dal governo in un anno «nel segno di un’ondata repressiva», scrive Antigone. 

Dal decreto Rave, che ha introdotto una nuova fattispecie di reato, al decreto cosiddetto Cutro, che ha aumentato i limiti di pena e introdotto anch’esso un nuovo reato, così come i decreti Giustizia e Caivano. Con quest’ultimo sono stati inseriti tre nuovi reati nell’ordinamento ed è stato aumentato, sia per gli adulti che per i minori, il massimo edittale per i reati di “lieve entità”, da quattro a cinque anni.

Risposte «di stampo securitario e repressivo», scrive Antigone, «che cercherebbero di risolvere l’insicurezza sociale percepita con l’introduzione di molte nuove fattispecie di reato e l’incremento del ricorso alla custodia cautelare», ma che colpiscono le «fasce di popolazione più vulnerabili» aggravando il tasso di sovraffollamento e le condizioni di vita, «già sotto lo standard».

Senza contare l’impatto che potrebbe avere il nuovo pacchetto di sicurezza in discussione, il ddl 1660, se dovesse essere approvato: «Un’ondata repressiva diretta a criminalizzare ogni forma di dissenso», spiega Antigone, incluso quello di resistenza passiva dei detenuti – che comprende chi è rinchiuso nei centri di permanenza per i rimpatri o negli hotspot – punita con la reclusione fino a 8 anni. Quella che il presidente dell’associazione Patrizio Gonnella definisce «un’inversione di tipo autoritario sul sistema penitenziario italiano».

Tutto questo si aggiunge a una situazione penitenziaria molto grave che viola i principi che erano stati delineati nel 2013 dalla sentenza Torregiani, quando la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva condannato l’Italia per trattamento inumano e degradante, dovuto al sovraffollamento. A undici anni da quella decisione, il sistema è di nuovo al collasso e «le carceri scoppiano», come suggerisce il titolo del dossier di Antigone. Come dimostrano gli oltre 5mila ricorsi accolti nel 2023 per condizioni di vita degradanti e l’alto numero di suicidi che, con questo ritmo, rischiano di superare l’anno peggiore, il 2022 con 85 casi.

Dall’inizio del 2024 infatti, i suicidi negli istituti sono stati 58, nove solo nel mese di luglio. I due più giovani avevano 20 anni, il più anziano 81. Almeno undici persone avevano una pena residua breve, erano vicine a una misura alternativa ed ad alcune di loro mancavano pochi mesi per rientrare in società.

Sovraffollamento

Solo 38 istituti su 189 non sono sovraffollati. Il tasso di affollamento ufficiale è del 120 per cento, ma non corrisponde a quello reale, perché la capienza regolamentare non tiene conto dei posti non disponibili, fa notare l’associazione. Su 51.234 posti detentivi regolamentari, e una presenza di 61.480 detenuti, in totale al 17 giugno 2024 erano 4.123 i posti non disponibili. Questo porta il tasso di sovraffollamento al 130,6 per cento, che supera il 150 in 56 istituti, con 14mila persone in più della capienza.

La sezione maschile del carcere di Milano San Vittore ha oltre il doppio dei detenuti, con un sovraffollamento del 227,3 per cento. Così l’istituto di Brescia Canton Monbello (207,1), di Foggia (199,7), Taranto (194,4), Potenza (192,3), Busto Arsizio (192,1), Como (191,6) e Milano San Vittore femminile (190,7).

A colpire è la presenza di detenuti per reati legati alle sostanze stupefacenti: complessivamente il 34,1 per cento del totale della popolazione carceraria, «quasi il doppio della media europea», si legge nel dossier, pari al 18 per cento.

Minori

A metà giugno erano 555, di cui 25 ragazze, i minori negli Ipm a fronte di 514 posti ufficiali. Per la prima volta sovraffollati, gli istituti per i minorenni potrebbero essere ancora più gremiti se non ci fossero trasferimenti verso le carceri per adulti di chi diventa maggiorenne, si legge nel rapporto, «interrompendo così la relazione educativa».

Una pratica facilitata dal decreto Caivano, che – aveva già avvertito Antigone – sta avendo effetti distruttivi sul sistema della giustizia minorile, con l’inasprimento delle pene e del trattamento. E, anche per l’alto numero di presenze, l’utilizzo degli psicofarmaci è molto alto. 

Misure inesistenti

«Sono necessarie misure effettive altrimenti le carceri scoppieranno di tragedie», ha detto Gonnella, introducendo il dossier, «e impongono interventi urgenti, che restituiscano dignità». Ma le misure del governo, sottolinea, «sono inesistenti e del tutto ineffettive». Piccoli interventi che però non hanno impatto sulla riduzione dei numeri né sul miglioramento della vita delle persone recluse. 

«Al sovraffollamento non si può rispondere costruendo nuove galere», sottolinea Gonnella, aggiungendo come, tra l’altro, il personale e i soldi non bastino nemmeno per quelle esistenti. Dal report infatti emerge che il rapporto detenuti agente è pari ad 1,96 detenuti per ogni agente, a fronte di una previsione di 1,5, e la media di persone detenute in carico a ciascun educatore è di 59,7, ma in alcuni istituti, come Busto Arsizio, il numero arriva a 146,7.  

La vita dentro

Le condizioni di vita per i detenuti sono al limite, e addirittura in peggioramento, come ogni anno, nei mesi estivi, tra sovraffollamento, vuoto e temperature altissime nelle celle. «Oggi mio figlio mi ha chiamata e mi ha detto che stanno tenendo i detenuti chiusi nelle celle quasi 24 ore su 24. Con 50 gradi e senza ventilatori stanotte mio figlio (che soffre di asma e sta facendo aerosol e prendendo antibiotico) si è sentito male e nessuno gli ha aperto. La situazione è al limite, bisogna fare qualcosa», ha segnalato ad Antigone una donna madre di un ragazzo recluso.

«Stipati in celle sovraffollate, senza aria condizionata e a volte con schermature alle finestre», denuncia il rapporto, e «di notte a volte i blindi vengono chiusi, rendendo rovente l’ambiente della cella». Strutture senza acqua, refrigerazione o luce, e spesso infestate da cimici. E, in base alle 88 visite svolte dall’Osservatorio di Antigone, nel 27,3 per cento delle carceri ci sono celle che non assicurano i 3 metri quadri calpestabili a persona. Sotto questo spazio, avverte Gonnella, «c’è un trattamento inumano e degradante».

«Si innesta», infine, prosegue il presidente dell’associazione, «la decisione ideologica, securitaria, sbagliatissima che ha origini nel 2022 di chiudere le celle ed evitare che i detenuti possano avere una vita di sezione aperta». Una decisione che ha prodotto l’aumento delle tensioni, proteste e manifestazioni di disperazione, culminate nei suicidi, «un numero impressionante».

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