I titolari degli stabilimenti accusano il governo di tradire le promesse. Sullo sfondo torna il Mes, mentre la presidente è attesa dalla giornata di ripartenza dell’esecutivo
Un commissario di peso in Europa con ambizione di vicepresidenza esecutiva val bene il voltafaccia a una lobby amica. Manca solo il bollino ufficiale del governo, ma il decreto Salva-infrazione è già pronto a intervenire sulle concessioni balneari, facendo registrare la rottura definitiva con coloro che, per anni, hanno rappresentato una roccaforte elettorale della destra.
Nel Consiglio dei ministri di oggi, anticipato alle ore 13, ci sarà solo un confronto preliminare, il tema sarà anche all’ordine del giorno del vertice di maggioranza fissato alle 10 tra Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini. Sarà il sigillo finale dell’estate con il tentativo di mandare definitivamente in archivio il dossier sullo Ius scholae, che ha catalizzato l’attenzione per tutto il mese di agosto.
Nodo balneari
Il summit dei tre leader sarà la sede utile alla premier per riferire dell’incontro con il presidente del Partito popolare europeo, Manfred Weber, che nei fatti ha confermato la capitolazione definitiva dell’esecutivo sulle concessioni balneari. Ci sarà un’ultima proroga, fino a un massimo di cinque anni per pochi casi particolari, dopo ci saranno le gare. I concessionari uscenti dovranno accontentarsi di indennizzi calcolati su vari parametri, compresi gli investimenti compiuti negli anni per migliorare gli stabilimenti.
Ma non sarà una passeggiata: la direttiva Bolkestein è severa anche sui ristori per i gestori uscenti. Urge una scappatoia legislativa per scrivere i bandi di assegnazione dando qualcosa in cambio ai balneari. Ma sarà comunque poco rispetto alle promesse iniziali.
La soluzione non dispiace in fondo nemmeno al ministro del Pnrr, Raffaele Fitto, ormai commissario europeo in pectore. Vorrebbe far valere il passaggio come merce di scambio per strappare la vicepresidenza esecutiva nella Commissione di Ursula von der Leyen, la linea rossa tracciata dall’esecutivo per gridare alla vittoria. I voti dei balneari sono sacrificabili, almeno nella sua visione, già da tempo.
Anche se dall’opposizione c’è chi fa notare come l’operazione di Meloni non sia così al ribasso. «Il governo sta trattando per mantenere solo il 15 per cento delle spiagge libere, una percentuale ridicola e inaccettabile, soprattutto se confrontata con la Francia, dove la legge prevede che l’80 per cento delle spiagge sia accessibile liberamente a tutti», ha incalzato il portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli.
Mentre il segretario di +Europa, Riccardo Magi, attacca: «Se davvero Meloni sta pensando a nuove proroghe delle concessioni balneari e a gare riservate solo per le poche spiagge libere rimaste ancora in Italia sarebbe un vero e proprio oltraggio al pudore».
Il decreto sarà comunque approvato nel primo Consiglio dei ministri di settembre. La bozza non è bastata a placare gli animi, nonostante alcuni accorgimenti per non scontentare del tutto le organizzazioni del settore.
I diretti interessati non ne vogliono sapere e non rinunciano a parlare di «promesse tradite», come è stato messo nero su bianco sulla rivista Mondo balneare, la bibbia del comparto. Fratelli d’Italia è il primo bersaglio del malcontento, ma a seguire ci sono Lega e Forza Italia, che sulle concessioni avevano garantito una battaglia campale. Adesso bisognerà accontentarsi del minimo sindacale, i balneari proveranno a strappare il massimo possibile dopo la débâcle.
Vecchie conoscenze
Quello dei balneari non è comunque l’unico fronte aperto in Europa. Da Bruxelles, in vista dell’autunno, ripartirà la richiesta di approvare la riforma del Mes, una vecchia conoscenza del governo Meloni.
Dopo la bocciatura che ha inasprito i rapporti con l’Ue, si punta a un ravvedimento. Weber ha recapitato il messaggio, trovando la solita freddezza della premier italiana rispetto al Meccanismo salva-stati. La destra sta appena mandando giù il boccone sulle concessioni balneari, non vuole spingersi oltre per non essere accusata di tradimento su tutta la linea.
La questione, al momento, verrà tenuta lontana dai confronti nella maggioranza, a differenza dell’analisi del Piano strutturale di bilancio. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, indicherà i capisaldi del documento, dopo aver già smentito i tagli agli assegni per i figli.
Un concetto ripreso durante un filmato social pubblicato Meloni: «Il governo non abolirà l’assegno unico nella prossima legge di bilancio. Diffidate dalle fantasiose ricostruzioni su una manovra ancora da scrivere», ha scritto la premier.
L’obiettivo è di portare la versione definitiva del Piano al successivo Cdm per mandarlo in parlamento entro il 10 settembre, data che segna la riapertura reale di Camera e Senato.
Dal Mef trapela un’intenzione: rispettare i patti con i presidenti delle commissioni Bilancio di Montecitorio e Palazzo Madama, che hanno chiesto la possibilità di esaminare il testo con il tempo necessario. Perché di mezzo c’è la strategia economica del governo per i prossimi anni.
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