Nello scontro caldissimo fra governo e magistrati italiani sull’immigrazione, stavolta a favore di palazzo Chigi arriva l’aiutino di Elon Musk. Ma è un aiutone: il multimiliardario sudafricano è il principale regista della vittoria di Trump negli Usa, portatore di un groviglio di conflitti di interesse su scala sovranazionale i cui contorni sono anche difficili definire, come le sue proprietà: è fondatore e Cio della compagnia aerospaziale SpaceX, quella dei satelliti che usa la Nasa, fondatore di Neuralink e OpenAI, ad della multinazionale di auto Tesla, e infine proprietario del social network X, ex Twitter.

E da X, oggi suo megafono globale, risponde a un post di un aspirante emulo che accusa i giudici italiani di voler bloccare il piano migranti di Giorgia Meloni. Il post di Musk è una mezza minaccia: «These judges need to go», questi giudici devono andarsene.

Musk, fra l’altro, è un twittarolo compulsivo. Non è la prima volta che scarica la sua potenza di fuoco social su faccende italiane: lo ha già fatto difendendo Matteo Salvini durante le udienze del processo per sequestro di persona, il caso Open Arms. Quella volta ha dato del «pazzo» al giudice di Palermo. Ma non aiuta solo le destre italiane. Si è impicciato anche della politica tedesca, tifa Afd, e ha dato dello «stupido» al cancelliere Scholz.

Stavolta in Italia esplode il caso. Intanto perché oggi Musk ha un ruolo-ombra, ma comunque di primissimo piano, accanto a Trump. Ed è un amico della premier Meloni. Che lo corteggia da tempo: lo ha accolto come special guest ad Atreju, la festa di partito; lo ha richiesto per la consegna del Global Citizen Award 2024 dell’Atlantic Council a New York; e dopo la vittoria di Trump parla di lui come risorsa anche «per l’Italia». Meloni punta ad attrarre gli investimenti dell’uomo più ricco del mondo. Ma non c’è solo questo, in tanta devozione: Musk è proprietario di un social stracarico di utenti, che con lui è diventato praticamente la piattaforma amica di tutti i partiti nazionalisti in circolazione.

Un salto di qualità

Potenzialmente, per il dibattito italiano, è un salto quantico. In confronto, la potenza mediatica di Berlusconi, che negli anni 90 sbarcò in politica con la forza delle sue reti Fininvest, diventa una roba da principianti. Qui siamo su un’altra scala: con lui al suo fianco, per Meloni, la comunicazione e gli appuntamenti elettorali potrebbero giovarsi di un jolly stellare. Qualsiasi sfidante, al confronto, combatterebbe a mani nude.

Per l’immediato c’è da salvare il «modello Albania». Un flop sempre più nero, per il governo che continua a spedire (pochi) migranti dalla Puglia al porto di Shengjin, andata e ritorno, senza aspettare una parola definitiva dalla Corte di Giustizia europea (la sentenza è attesa nel gennaio 2025).

Il 12 ottobre è successo di nuovo che i giudici della sezione per l’immigrazione del Tribunale civile di Roma hanno sospeso due provvedimenti di trattenimento per due migranti che a ottobre erano stati portati nel Cpr di Gjader. Il «modello Albania» ogni giorno perde un pezzo. Per alzare fumo intorno a questo disastro, prima c’è stato l’assalto ai giudici. Ora arriva la manna dalla rete: l’attacco del cugino d’America. Amico di chi promette «la più grande deportazione di massa di migranti illegali».

Le opposizioni sparano a zero. Spesso, paradosso, proprio su X. Pd e Avs chiedono un’informativa a Meloni. Non è una polemica come le altre. Non è solo «un’ingerenza», spiega Angelo Bonelli, «ma è il segnale inequivocabile» che Musk «costruire un’autocrazia tecnologica grazie al suo impero economico per fare a meno della democrazia. Con le sue piattaforme social, la conquista dello spazio con i suoi satelliti attraverso i quali può condizionare conflitti militari e geopolitica, come in Ucraina, pone un problema per la democrazia».

«Chissà se i patrioti Meloni e Salvini difenderanno la sovranità italiana», chiede Riccardo Magi di Più Europa. Batte un colpo l’Associazione nazionale dei magistrati: c’è di più dell’intimidazione alla magistratura, «è la giurisdizione come pezzo della sovranità nazionale», per il vicepresidente Alessandro Maddalena. Parla Ernesto Carbone, membro laico del Csm: le parole di Musk contro i giudici italiani «sono pericolose. Questi nuovi oligarchi che sfruttano mondi nuovi (come lo spazio, l’etere, i social e le nuove tecnologie) per controllare la politica mondiale sono un pericolo per la democrazia».

Sovranisti intermittenti

Dalla destra, Matteo Salvini si precipita a dargli ragione, agganciandosi al post. Ci aggiunge il fatto personale della sua possibile condanna. «Visto dall’estero tutto questo sembra ancora più incredibile». Resta perplesso il moderato Maurizio Lupi: parole ««inopportune», quelle di Musk perché «addirittura dall’estero, alimentano uno scontro con la magistratura che il centrodestra non vuole».

Per ore da FdI nessuno parla. C’è indecisione, si direbbe. Da sinistra arriva lo sfottò ai sovranisti che si sono sempre imbizzarriti per le ingerenze estere nelle questioni interne. Sempre su X riaffiorano tutte le volte che Meloni si è risentita per i giudizi stranieri, francesi per esempio, sulle sue politiche. E stavolta? Il fatto è che stavolta da palazzo circola una voce: il caso Albania sarebbe stato segnalato a Musk proprio da Roma.

Al partito però la voce non è arrivata, e così i parlamentari restano senza linea per ore. Chi parla, fa di testa sua. Da una parte il presidente del gruppo della Camera Tommaso Foti minimizza: nessuna «ingerenza», dice su La7, «Musk è un cittadino. Famoso, ricco ma ad oggi è un cittadino». Dall’altra il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli che, contesta i magistrati, ma non si scorda di essere un nazionalista: «Siamo attrezzati per difenderci da soli», «Ringraziamo Musk ma non siamo come la sinistra, che sbava per amplificare a livello internazionale le criticità italiane, ridicolizzando la nazione». Dunque, stavolta, a ridicolizzare la nazione è stato l’amico di Meloni.

© Riproduzione riservata