All’incontro c’erano anche i rappresentanti di Libia, Algeria e Tunisia. Il piano, in cinque punti, ha l’obiettivo di contrastare i flussi irregolari. Sulla manifestazione di sabato: «Sarà gestita dalle forze di polizia con equilibrio in un quadro di legalità»
Il G7 dei ministri dell’Interno che si è tenuto a Mirabella Eclano si è concluso con la conferenza stampa del ministro Matteo Piantedosi, che ha toccato diversi temi legati alla sicurezza pubblica e internazionale. L’ultima giornata del G7, iniziato il 2 ottobre, si è focalizzata sulla gestione dei flussi migratori. Insieme ai paesi membri erano presenti, infatti, anche i rappresentanti dei governi di Tunisia, Libia e Algeria oltre a diverse organizzazioni umanitarie come Unhcr e Iom.
La novità principale dell’evento è stata l’adozione di un action plan in tema migratorio. «In merito al traffico di migranti, abbiamo ribadito con un'unica voce che lo smantellamento dei cartelli dei trafficanti rappresenta la priorità su cui dobbiamo agire. Le organizzazioni lucrano e mettono a repentaglio la vita dei migranti, violando le leggi degli stati», ha detto Piantedosi ai giornalisti presenti.
Che fine fanno i soldi per la gestione delle frontiere?
Nei giorni scorsi la Corte dei conti europea ha sollevato dubbi su dove vanno e su come vengono utilizzati i finanziamenti di Bruxelles diretti alla gestione migratoria in paesi come la Libia. La Corte chiamava in causa anche l’Italia in quanto inadempiente nel monitoraggio di alcuni fondi, nonostante le promesse fatte.
Interpellato da Domani sul caso, il ministro ha risposto così in conferenza stampa: «Gran parte dei finanziamenti che mandiamo in Nord Africa si caratterizza dal fatto che hanno un impiego diretto. In qualche modo riforniamo di aiuti che acquistiamo, finanziamo, compriamo, quindi gestiamo totalmente».
Poi ha aggiunto: «Laddove pure si volessero condividere posizioni di sospetto nei confronti di questi paesi, che io non condivido, noi impieghiamo direttamente queste somme, quindi non ravvisiamo che ci siano questi problemi. Del resto i problemi che ci siano distorsioni sull’uso delle risorse pubbliche, anche con l’aggravante della compromissione dei diritti umani, avviene su tutti gli scenari. L’Italia non è un paese che è rimasto immune negli anni passati da indagini giudiziarie, per esempio per quanto riguarda il sistema di accoglienza. Ci sono stati casi di distorsione e di utilizzo inappropriato dei soldi e quindi anche con la sostanziale compromissione dei diritti fondamentali delle persone in termini di scadimento della qualità del servizio che veniva erogato. Detto questo, il 99 per cento degli aiuti che noi diamo a questi paesi si caratterizza con la fornitura diretta di beni destinati a rafforzare la loro capacità a contrastare i traffici illeciti di migranti».
L’action plan
«Il piano di azione prevede prima di tutto il rafforzamento delle capacità investigative e operative delle forze di polizia, anche attraverso l’avvio di azioni congiunte, attraverso la creazione di una rete di unità specializzate in crimini e indagini nel campo del traffico di migranti e della tratta di persone», ha spiegato il ministro. «In secondo luogo, il rafforzamento della cooperazione internazionale, sia quella giudiziaria che quella di polizia, e anche lo sviluppo e la condivisione delle buone pratiche per contrastare i fattori che favoriscono il traffico dei migranti».
Poi ci sono l’implementazione di centri multifunzionali nei paesi di origine che hanno l’obiettivo di offrire «informazione e assistenza ai migranti», «la promozione di campagne di informazione e sensibilizzazione» e infine istituire un meccanismo di monitoraggio «dei flussi in modo da anticipare le tendenze dei flussi migratori stessi, quelli regolari ovviamente sia a livello globale che a livello regionale».
Sui Cpr in Albania
Durante la conferenza stampa il ministro è tornato a parlare dei centri per i migranti che l’Italia sta ultimando in Albania come un modello esemplare per la gestione dei flussi migratori, nonostante le criticità sollevate dalle organizzazioni umanitarie.
Un modello che piace al governo francese, ma anche a quello britannico del laburista Keir Starmer, che sta cercando un’alternativa all’oramai bocciato piano Ruanda ideato da Rishi Sunak e poi fallito.
«Il territorio albanese dove sarà collocato il centro di gestione delle procedure di richiesta di protezione internazionale, da gestire con procedure accelerate di frontiera, sarà sotto la giurisdizione italiana. Noi immaginiamo di applicare, come stiamo già cercando di fare sul territorio italiano, la normativa europea perché le procedure accelerate di frontiera nei confronti di persone che provengono dai cosiddetti paesi terzi e sicuri sono previste, diventeranno legge europea. Allora entreranno in vigore i regolamenti che compongono il nuovo patto migrazione-asilo che l'Italia concorse ad approvare nel luglio dello scorso anno».
Sulla manifestazione pro Palestina
Il ministro è intervenuto anche sulla manifestazione indetta per sabato 5 ottobre da alcune sigle pro Palestina in occasione dell’anniversario del 7 ottobre. La manifestazione è stata vietata per motivi di ordine pubblico, ciò nonostante alcune sigle hanno annunciato che scenderanno in piazza lo stesso.
«Qualsiasi manifestazione che va contro i divieti sarebbe illegale e sarà gestita dalle forze di polizia con equilibrio in un quadro di legalità – ha detto Piantedosi –, ma sono decisioni che vanno prese sul campo, che si alimentano e beneficiano della saggezza di chi è sul campo per come si presentano gli scenari». E ha aggiunto: «Non tutte le sigle scenderanno in piazza comunque».
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