Il sigillo sul nome di Raffaele Fitto sta per essere apposto. A palazzo Chigi, il ministro del Pnrr ha incontrato il presidente del Partito popolare europeo, Manfred Weber. Ufficialmente perché detiene la delega agli Affari europei, nei fatti nelle vesti di candidato italiano per un ruolo della Commissione europea.

«È stato un buon incontro, come sempre», si è limitato a dire il numero uno dei popolari a Bruxelles che ha conosciuto e apprezzato Fitto negli anni a Bruxelles. Ed è arrivata la garanzia di non porre ostacoli sul profilo del Mr. Pnrr italiano.

Ricucitura europea

Ma Weber ha avuto un lungo colloquio anche con Giorgia Meloni. Messi da parte i panni della propaganda a mezzo social, con il video che ha annunciato il rientro a Roma, la premier ha affrontato vari argomenti nel faccia a faccia con il leader dei popolari.

L’incontro è durato un’ora e 40 minuti circa, a testimonianza di un menù ricco di argomenti. Non è un mistero che l’Italia abbia bisogno di un po’ di magnanimità, leggasi flessibilità, da parte dell’Unione europea in vista della prossima manovra economica.

Altrimenti il provvedimento sarà lacrime e sangue con tutte le conseguenze del caso per l’esecutivo di centrodestra.

La leader di Fratelli d’Italia ha perciò la necessità di trovare una sponda nel Ppe, nonostante la bocciatura della (popolare) Ursula von der Leyen come presidente della Commissione europea.

La pausa estiva ha portato a più miti consigli con l’occasione di sfruttare il tour italiano di Weber che in agenda aveva anche l’incontro con Antonio Tajani, nel doppio ruolo di ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia, partito che rappresenta il Ppe in Europa. Insomma, la ripartenza di Meloni è segnata dalla tessitura dei rapporti in vista dei prossimi passaggi.

Antipasto di bilancio

Archiviate le iniziative dal sapore europeo, lo sguardo è rivolto a domani con il primo Consiglio dei ministri post ferie. Ci sarà l’ufficializzazione del nome di Fitto da mettere sul tavolo Ue, peraltro proprio nelle ultime ore utili: von der Leyen ha fissato la scadenza per fine mese, non oltre.

La procedura di un via libera in Cdm è però una scelta politica di Meloni, che vuole condividere la scelta con i colleghi di governo. In modo da non ritrovarsi con qualche recriminazione nei giorni a seguire.

Secondo quanto risulta a Domani, peraltro, sarà l’occasione per fare un primo punto sul Piano strutturale di bilancio che ha come deadline il 20 settembre.

Il Mef, però, vuole farlo approvare da palazzo Chigi non più tardi del 7-8 settembre (nel primo Cdm del mese) per dare modo al parlamento di svolgere un esame adeguato. C’è in tal senso un accordo con i presidenti delle commissioni Bilancio di Camera e Senato.

Nelle prossime ore, dunque, non ci saranno passaggi ufficiali, ma il ministro dell’Economia Giorgetti potrà tratteggiare il contenuto del documento, decisivo per stabilire la strategia economica per i prossimi anni. Ogni virgola va valutata con attenzione.

Anche perché nelle schermaglie di fine estate tra alleati abbondano con una sequenza di trovate propagandistiche. La Lega di Matteo Salvini ha rilanciato la cancellazione della riforma e un passo verso l’introduzione di Quota 41, Forza Italia ha lasciato intendere di voler chiedere qualcosa, come le misure a favore delle imprese. Giorgetti dovrà mettere un po’ di ordine per placare la ridda di rumors, dopo che il Mef ha già diffuso una nota per sconfessare tutte le ipotesi circolate negli ultimi giorni.

All’ordine del giorno della riunione a palazzo Chigi sono previsti argomenti minori, come le ratifiche di accordi internazionali e il recepimento di direttive europee, al netto delle interlocuzioni informali, dal bilancio a Fitto.

Meloni ha bisogno di un momento di ripartenza reale, non può bastare un video. Anche per questo motivo ha voluto organizzare nello stesso giorno il Consiglio dei ministri e il vertice di maggioranza con gli altri leader, Salvini e Tajani.

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