Mercoledì, a Bruxelles, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha affermato puntigliosa: «La sanità rimane da tre anni una delle nostre priorità. Abbiamo ogni anno lavorato per aumentare il fondo sanitario». Stava cercando di difendere il Documento programmatico di bilancio, redatto dal ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, e appena approvato dal Consiglio dei ministri. Peccato che le cifre la smentiscano.

Se uno consulta il Dpb scopre che per la Sanità saranno stanziati 1,245 miliardi in più nel 2025, e poi altri 3 miliardi, ma solo nel 2026. Il Mef ha poi chiarito che «alla sanità il prossimo anno andranno, rispetto al 2024, 2,366 miliardi di euro in più», dato che gli 1,2 miliardi di quest’anno vanno aggiunti al miliardo stanziato un anno fa.

Eppure lo scorso 28 giugno il ministro della Sanità, Orazio Schillaci, aveva sentenziato: «Con 3 o 4 miliardi in più potremmo risolvere i problemi della sanità. Di questi, circa 1,5 miliardi servirebbero per il personale, che deve essere pagato meglio». Stava parlando dei soldi necessari per il 2025. Dato che il governo ha stanziato solo 1,2 miliardi in più (un terzo del necessario), se ne deduce che – a detta del ministro in persona – i problemi della sanità, per ora, non verranno risolti. Grazie per la franchezza, signor ministro.

Il ministro Giorgetti durante la conferenza stampa a palazzo Chigi ha commentato giulivo: «Diciamo che in Consiglio dei ministri la delusione era abbastanza diffusa tra i colleghi. Credo che quello meno deluso dovrebbe essere Schillaci». È vero, gli altri ministri si sono visti sforbiciare le spese del 5 per cento, e Schillaci è l’unico che è scampato al taglio, ma non crediamo che stia facendo salti di gioia.

Fanalino di coda

Il governo ha stanziato 1,2 miliardi di euro lordi in più per il 2025 – che equivalgono a circa 900 milioni di euro netti – ma questo magro incremento non modifica il nostro rapporto tra spesa sanitaria e Pil, che resta del 6,2-6,3 per cento. È uno dei dati più bassi di tutti i paesi occidentali: nel 2023 è stato inferiore di 0,7 punti percentuali rispetto alla media Ocse (6,9 per cento) e di 0,6 alla media europea (6,8 per cento).

Sono 15 i paesi dell’Europa che investono più dell’Italia, con un gap che va dai +3,9 punti percentuali rispetto alla Germania (10,9 per cento del Pil) al +0,6 della Norvegia (6,8 per cento del Pil). Anche la nostra spesa sanitaria pubblica pro-capite, pari nel 2023 a 3.574 dollari, rimane ben al di sotto sia della media Ocse (4.174 dollari), sia della media dei paesi europei (4.470) con una differenza di ben 896 dollari.

Il gap con la Repubblica Ceca, per citare chi ci precede a breve distanza, è di 410 dollari della Repubblica Ceca. Con la Norvegia addirittura di 3.825. Al cambio corrente dollaro/euro, il divario con la la media dei paesi europei, nel 2023, raggiunge gli 807 euro pro-capite che, tenendo conto di una popolazione di quasi 59 milioni di abitanti, si traduce nella enorme cifra di oltre 47,6 miliardi di euro di differenza.

In altre parole, se volessimo metterci alla pari con gli altri paesi europei, per la sanità dovremmo spendere 47,6 miliardi di euro in più ogni anno. Capite bene che il miliardo virgola 3 gentilmente concesso dal governo nel 2025 vale quanto un pugno di noccioline.

Questi soldi aggiuntivi serviranno solo ad assumere nuovi medici e infermieri (forse 6.000), ad abbassare la tassazione sulle loro buste paga per pagarli un po’ di più e, magari, ad aumentare lo stipendio degli specializzandi.

Paghe e assunzioni

Peccato che oggi, negli ospedali pubblici, ci sono 15mila specialisti in meno rispetto al 2015, e 30mila dei 103mila medici ospedalieri in servizio andranno in pensione nei prossimi 5 anni. Dei 264mila infermieri in organico, 21.000 andranno in quiescenza a breve. Ora ne mancano già 13mila, da qui a qualche anno diventeranno 25mila. Assumere solo 6.000 – tra medici e infermieri – non risolverà nulla.

Poi, il governo vuole davvero aumentare la paga dei medici? Secondo le stime dell’Ocse, calcolando il valore d’acquisto, un medico italiano guadagna in media 105mila dollari l’anno, un suo collega tedesco 188mila, uno olandese 190mila, uno britannico 155mila, e uno francese 120mila. Peggio di noi fanno solo l’Estonia con 76mila, e la Grecia con 64mila.

E quella degli infermieri? Lo stipendio medio di un infermiere italiano è di circa 39mila dollari, numeri ben distanti dagli 87mila percepiti da uno belga, dai 59mila di uno tedesco, dai 56mila dollari di uno spagnolo o dai 48mila di uno britannico. Risultato: circa il 10-20 per cento dei nostri medici neolaureati o neospecializzati ogni anno fugge all’estero dove guadagnano di più e vivono sereni. Lo stesso accade per gli infermieri. Quel pochi soldi in più non cambieranno questa tragica tendenza.

Resta il miliardo di euro stanziato un anno fa. Ma solo quest’anno la spesa farmaceutica potrebbe aumentare di oltre 3 miliardi, anche a causa dell’inflazione. Il governo aveva anche in programma di rivedere i Livelli essenziali di assistenza (Lea) – cioè le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini – di finanziare il nuovo piano pandemico, e di destinare più fondi all’Aifa. Tutto bloccato, tutto rinviato a data da destinarsi.

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