Carlo Conti il normalizzatore. La settantacinquesima edizione non prevede passi falsi: niente polemiche con l’Iran come accadde nel 2023, quando l’attivista iraniana Pegah Moshir Pour aveva raccontato i diritti negati delle donne in Iran, o come quando l’anno scorso Ghali dal palco gridò «Stop al genocidio».

La missione del festival era chiara fin da prima che il settimo piano di viale Mazzini sbarcasse a Sanremo: in un panorama di incertezze, la governance cerca un punto di successo. Un festival senza polemiche, pulito, possibilmente più breve di quello di Amadeus (come Conti continua a ripetere a iosa nelle conferenze stampa). Per assicurare una navigazione tranquilla, è tornato in pista anche un altro grande ex della televisione pubblica: Giancarlo Leone quest’anno è di nuovo autore di Conti, come lo è stato anche nelle edizioni passate che avevano al timone il conduttore toscano.

Il festival normalizzato – canzoni tranquille, sentimenti, amore, niente politica – solleva però qualche perplessità. Pare che perfino Conti stesso si sia posto qualche domanda. Il padrone di casa non dorme a Sanremo, ma fa avanti e indietro da Bordighera, che ha preferito all’hotel Globo, dove alloggiavano Amadeus e Fiorello e che è direttamente collegato all’Ariston da una porta nascosta voluta – narra la leggenda – da Adriano Celentano: «La mattina va a pescare col figlio», dicono nei corridoi del teatro.

Un quadro di normalità: «Certo, forse una polemica ci vorrebbe», pare abbia detto Conti. Meglio di no, pensano al Globo, dove invece risiedono per la durata del festival i vertici aziendali.

Grandi ritorni

Già Leone viene percepito da qualcuno come una presenza ingombrante: la verità è che l’ex presidente si inserisce nella lunga serie di grandi “vecchi” che la Rai sta richiamando in servizio. C’è il consigliere d’amministrazione considerato vicino alla Lega Antonio Marano, già sbarcato anche lui in Liguria, c’è Angelo Teodoli, chiamato per una consulenza da Giampaolo Rossi nelle scorse settimane.

L’amministratore delegato ha avuto lunedì il suo debutto sanremese. Giunto in serata, ha sfruttato l’occasione di una conferenza stampa di presentazione di un’iniziativa di Siae e Fimi, oltre che del ministero della Cultura, sull’intelligenza artificiale per salutare la sala stampa e introdurre l’evento dell’amico Gianmarco Mazzi, sottosegretario e altro dirigente televisivo “eterno” dell’universo che gira intorno al festival. 

Ma a tentare di rompere le uova nel paniere a Rossi torna un altro ex, Roberto Sergio. L’odierno direttore generale, che si è scambiato il posto con Rossi dopo aver portato a termine l’ultima parte del mandato di Carlo Fuortes, anticipa di pochi minuti l’arrivo dell’ad e si guadagna l’attenzione della sala stampa. Maglioncino rosa, piumino-gilet, Sergio si prende la scena. Fa sapere che si è rimesso in forma e la sua unica attuale passione è il restyling di Rtv, la tv pubblica gemella di San Marino di cui è diventato direttore generale e ad.

Oltre a raccontare i successi del risanamento – «abbiamo chiuso l’anno addirittura in utile» – il dg si accomoda in platea per ascoltare l’intervento del suo amministratore delegato, con una presenza simbolica che qualcuno potrebbe fraintendere per una provocazione, più che un omaggio al collega-superiore. «Assolutamente no, i rapporti sono ottimi. Poi io so gestire le polemiche», nega lui, che anticipa il desiderio di dare una svolta creativa alla sua pensione. «A Mazzini i lavori finiscono tra cinque anni, non faccio in tempo a tornarci», dice. «Dopo? Magari scrivo un libro. O magari faccio un album con l’intelligenza artificiale».

I Villain

Insomma, i ribelli a Sanremo non sono previsti dalla scaletta di Conti, ma si prendono il loro spazio. Come Rose Villain, che si presenta con un titolo che è tutto un programma: Fuorilegge si chiama il suo pezzo, che l’artista presenta come complemento ideale del suo primo successo sanremese, Click boom!, capace di farle guadagnare tre dischi di platino nonostante le critiche poco generose.

Ma secondo l’artista, che vive a New York, lo spazio per essere ribelli c’è anche nel Sanremo sedato di Conti: «La musica è uscire dalle righe e sono felicissima di farlo qui. Credo che però saremo in tanti a portare brani che li rappresentano. Io di sicuro l’ho fatto». Ma anche la rapper non si avventura nella polemica politica. Nessun riferimento a Donald Trump o Giorgia Meloni: al primo nei giorni scorsi ha dato del «bullo», dalla seconda «non si sente tutelata». 

«La verità è che essere fuorilegge in questi anni significa sentirsi di dire quello che si vuole, fregarsene dei giudizi, andare dritti per la propria strada», dice l’artista a Domani. Confrontarsi è la chiave, però: «È un paese libero! È bello avere opinioni diverse dagli altri e potersi esprimere senza essere martellati». Nel segno della ribellione anche la scelta della cover da eseguire durante la serata dei duetti: Battisti è il «ribelle number one». 

Chissà se la pensa alla stessa maniera anche Simona Agnes. Durante la performance di Sergio, il banco (originariamente destinato al Sole24Ore) in cui siede il dg si riempie e diventa la succursale sanremese del cda: arrivano il consigliere Roberto Natale e la presidente designata, che giusto in mattinata, malignano le opposizioni, ha fatto una mossa parecchio ribelle: membro dell’Ebu, l’Unione europea di radiodiffusione, una specie di confindustria continentale di settore, avrebbe ispirato la lettera firmata in mattinata dal presidente Noel Curran, in cui raccomanda di accelerare sulla ratifica della presidente in commissione Vigilanza.

Una versione che non corrisponde al vero, filtra dai consiglieri in area maggioranza nel cda, ma intanto il capogruppo azzurro al Senato Maurizio Gasparri cavalca l’onda: la presidenza «va concretizzata con un voto perché è equilibrata» e Agnes «è una persona esperta. Ce lo chiede l'Europa bisognerebbe dire, in questo caso». 

Alla faccia del festival normalizzato, anche se in azienda giurano che la politica con la musica non c’entra niente. Come se l’entropia non bastasse, le opposizioni in commissione si sentono punte sul vivo e rilanciano: «Siamo davvero sorpresi che una organizzazione sovranazionale solitamente imparziale come l'Ebu si prenda la briga di interferire con la politica italiana andando a fare un endorsement esplicito», si legge in una nota congiunta. 

«Ci saremmo aspettati semmai una lettera per sollecitare il varo di una riforma prima di entrare in procedura di infrazione», prosegue, facendo riferimento al recepimento dell’Emfa. Lasciando nell’aria un non detto, subito concretizzato nelle chiamate che corrono tra i telefoni infuocati di Roma e Sanremo: «Hai visto mai che se la riforma Rai riprende velocità, si sblocca anche la presidenza?».

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