Emergono i primi dettagli sul devastante attacco di mercoledì scorso a Poltava, in Ucraina, dove nell’attacco a una scuola militare sono state uccise almeno 58 persone e più di 300 ferite. Secondo il racconto di un testimone fatto agli investigatori ucraini e reso pubblico lunedì 9 settembre, non tutti i cadetti avrebbero raggiunto i rifugi al suono degli allarmi.

Secondo il testimone, un ufficiale avrebbe ordinato a un gruppo di 25-30 cadetti di rimanere sull’attenti fino al termine del suo discorso mattutino. 

Il problema ufficiali

A compiere l’attacco sarebbe stato un missile balistico russo. La stessa tipologia di proiettili, molto veloci e difficili da intercettare, che, secondo fonti statunitensi ed europea, l’Iran avrebbe fornito in quantità alla Russia. Il ministero degli Esteri iraniano è tornato a smentire la consegna, sui cui però gli europei ribadiscono di avere ricevuto informazioni affidabili dai loro alleati.

Con missili iraniani, attacchi come quello di Poltava saranno più frequenti, ma i russi sono in grado di portarli a termine anche da soli. Meno di un anno fa, decine di soldati ucraini sono stati uccisi in un attacco aereo sul fronte di Zaporizhzhia mentre assistevano sull’attenti in uno spiazzo a una distribuzione di medaglie.

Il biasimo, ancora una volta, è stato attribuito ad ufficiali inadeguati. Anche se arrivare ad episodi così estremi, basta un giro sul fronte ucraino per imbattersi in racconti di comandanti alcolizzati, ordini impossibili e altre storie che sembrano uscite dalla Prima guerra mondiale.

Alla base di questi incidenti ci sarebbe la cultura che, in modo un semplificatorio, viene spesso definita “sovietica” e che è ancora diffusa in una parte consistente del corpo ufficiali. Una cultura che spinge a seguire scrupolosamente i regolamenti, ordini e cerimoniale, mentre viene trascurato il benessere dei propri sottoposti. I media ucraini, soprattutto i canali Telegram e YouTube, ne parlano di frequente e sono ormai parte dell considerazioni dell’opinione pubblica.

In un sondaggio condotto lo scorso aprile, prima dell’entrata in vigore delle nuove leggi sulla mobilitazione in estate, solo il 35 per cento degli intervistati aveva detto di essere pronto ad entrare nell’esercito. Una delle principali motivazioni fornite per spiegare la reticenza era il timore di finire in un’unità con un cattivo comandante, superiore persino alla paura di finire catturati.

Problemi cronici

Altre difficoltà riguardano la mancanza di addestramento, di equipaggiamenti e di rotazioni dal fronte. Le conseguenze militari a volte sono serie. Secondo quanto riportato da Cnn questa settimana, nei primi quattro mesi dell’anno, le procure militari ucraine avrebbero registato ben 19mila casi di diserzione o abbandono della posizione.

Parlando dei nuovi soldati che raggiungono il fronte, un comandante ha detto al network americano: «Raggiungono le postazioni una volta e, se sopravvivono, non tornano più. O lasciano le posizioni, o si rifiutano di andare in battaglia, o cercano di trovare un modo per lasciare l'esercito».

Droni sconfinati

Gli alleati possono far poco per risolvere questi problemi militari: inviare armi e offrire un sostegno diretto, alleggerendo le forze armate ucraine almeno di alcuni dei compiti che lo stanno mettendo sotto pressione. Per questo, Kiev chiede da tempo agli alleati di intercettare missili  droni russi in corso di avvicinamento al loro spazio aereo.

Fino ad ora, la Nato si è opposta, ma l’aumento degli episodi in cui velivoli russi sconfinano prima di colpire l’Ucraina potrebbe cambiare la situazione. Lunedì, il governo Lettone ha ammesso che pochi giorni fa un drone russo è per la prima volta preciptato oltre i suoi confini – probabilmente era andato fuorirotta a causa di un malfunzionamento. Missili russi attraversano di frequente lo spazio aereo polacco e altrettanto fanno i droni nei cieli rumeni, causando l’alzata in volo di caccia di Varsavia e Bucarest, l’ultima volta proprio questo week end. Per il momento l'alleanza si limita a commentare che si tratta di si tratta di «azioni irresponsabili e potenzialmente pericolose», come le ha definite il vice-segretario Nato Mircea Geoană. Forse nel prossimo futuro, l’alleanza approverà anche una risposta concreta.

Trattare con la Russia

Gli ucraini nel frattempo continuano a sperare in un intervento risolutivo degli alleati per cambiare il corso del conflitto. Lunedì, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto di aver parlato con alcuni deputati americani del suo nuovo “piano per la vittoria”, i cui dettagli dovrebbero essere annunciati in futuro.

Ma nell’attesa di un intervento risolutivo degli alleati in grado di alterare le sorti del conflitto, si continua a parlare di pace. Secondo il cancelliere tedesco Olaf Scholz, la prossima conferenza di pace potrebbe portare alla conclusione del conflitto, a patto che la Russia venga invitata e decida di partecipare. Sul punto, Scholz è d’accordo con Zelensky, ma questo non gli ha risparmiato critiche dall’opposizione della Cdu, che lo accusa di voler spingere l’Ucraina verso una pace favorevole alla Russia.

Al momento però, sembra essere proprio il Cremlino a non avere particolare fretta di intavolare negoziati. Dopo l’incursione di Kursk, a inizio agosto, Mosca aveva negato categoricamente qualsiasi possibilità di trattare. Sul processo di pace non è ancora emerso nulla di concreto, ha detto il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, lasciando intuire che gli Stati Uniti sono l’unico paese da cui è atteso un segnale favorevole alle trattative.

© Riproduzione riservata