Uno studio americano certifica che entro il 2050 si vivrà di più: fra i paesi interessati dal fenomeno ci sono l’Italia e gli altri stati dell’Europa del sud. L’Economist si chiede come sia possibile, visto che sono nazioni relativamente povere. Ma il trucco è semplice: basta unire la dieta mediterranea al movimento costante. Sembra banale, ma non lo è: secondo l’Oms un terzo delle persone al mondo ha uno stile di vita troppo sedentario
Uno studio dell’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington certifica che l’aspettativa di vita aumenterà un po’ ovunque entro il 2050. Ma se è facile capire come questo avrà un impatto maggiore in paesi ricchi, è molto meno chiaro capire come mai fra i paesi con le aspettative migliori ci siano anche quelli del sud Europa (Italia compresa), nonostante i bassi livelli di Pil pro capite. C’entra la dieta e la propensione al movimento o c’è altro? Se lo è chiesto l’Economist, in un articolo pubblicato nell’ultima edizione della rivista.
In fondo il sogno ancestrale della vita eterna – o sarebbe meglio dire, in questo caso, della longevità – è un tema che ha sempre avuto un certo fascino. C’è un documentario su Netflix che cerca di indagare i tratti comuni dei centenari e che sembra abbia avuto un certo successo (anche se Netflix raramente condivide i dati di ascolto dei propri prodotti).
Molti studiosi si sono concentrati sulle cosiddette “zone blu” del mondo, luoghi dove in effetti le statistiche indicano che si vive meglio e per più tempo. Succede ad esempio nell’entroterra sardo e nell’Ogliastra in particolare. Alla base di questa teoria c’è uno studio citatissimo, firmato una ventina di anni fa da Gianni Pes e Michel Poulain, un medico esperto in nutrizione e longevità e un demografo. L’osservazione empirica non spiega del tutto quale sia il segreto e se ci siano motivazioni genetiche e biologiche che contribuiscano ad allungare la vita.
Ma ci sono caratteristiche comuni che sembrano quanto meno accumunare le popolazioni dei centenari in varie zone del mondo: una propensione a mettere la famiglia al centro di tutto; l’assenza quasi totale del tabagismo; un’alimentazione curata, con poca carne e molte verdure; attività fisica moderata ma costante; la percezione di una funzione sociale e il consumo di legumi.
L’eccezione del sud
Ma l’Economist, partendo dallo studio americano, fa un passo ulteriore e parla di “eccezione del sud”, per mettere insieme sulla stessa barca (dove peraltro è piacevole stare) paesi come Spagna, Italia, Francia e Portogallo e i microstati della stessa zona (San Marino, Malta e Andorra).
«Tra i primi 20 paesi dove si vive a lungo ci sono paesi ricchi come Svizzera e Singapore», scrive l’Economist. «Anche l’Asia orientale è rappresentata dalla Corea del Sud e dal Giappone, che sono da tempo leader nella classifica della longevità. Ma c’è poi anche anche un gruppo compatto di paesi relativamente più poveri dove l’aspettativa di vita è altrettanto felice». E sono appunto quelli dell’Europa del sud. Nel 2050 in Italia l’aspettativa di vita supererà gli 85 anni, rispetto alla media mondiale di 83,5 anni.
Dieta e movimento
La risposta più semplice è che in questo abbia un influsso la dieta mediterranea ed è probabile che sia così. Eppure i critici sottolineano come sia difficile trovare abitudini alimentari troppo comuni fra paesi così diversi. Allo stesso tempo, una certa cultura per il cibo contribuirebbe qui a limitare il più possibile i cibi ultraprocessati, che invece sono un’abitudine quotidiana negli Stati Uniti.
C’è però poi un ulteriore aspetto ed è l’abitudine al movimento costante: secondo uno studio del 2017 – citato sempre dall’Economist – gli spagnoli sono fra le popolazioni meno sedentarie, con una media di 5.936 passi al giorno.
Questo riduce ovviamente anche i livelli di obesità e il rischio di malattie cardiovascolari, ma ha anche un forte impatto sull’umore delle persone, abituate a condividere spazi sociali con le proprie comunità.
Stare fermi uccide
In effetti cercare ricette segrete che possano allungare la vita a dismisura può sembrare un feticcio, che forse ha più a che fare con un’altra caratteristica ancestrale: la paura della morte. Eppure l’attenzione alla dieta e la lotta alla sedentarietà sono due ricette facili da seguire e rientrano invece nel novero delle raccomandazioni più comuni per chi tiene alla propria salute.
Ma in questo senso i dati non sono positivi. Un nuovo studio appena pubblicato da Lancet, e realizzato in accordo con l’Organizzazione mondiale della sanità, certifica che quasi un terzo degli adulti in tutto il mondo, circa 1,8 miliardi di persone, nel 2022 non ha raggiunto i livelli raccomandati di attività fisica. È una tendenza preoccupante, perché è aumentata di circa cinque punti percentuali tra il 2010 e il 2022.
Se si continuerà su questa strada, si prevede che i livelli di inattività raggiungeranno il 35 per cento della popolazione entro il 2030. Secondo l’Oms, gli adulti così si espongono a un rischio maggiore di malattie cardiovascolari, come infarti e ictus, a diabete di tipo 2, demenza e tumori come quello al seno e al colon.
In altre parole, prima di cercare strane formule magiche che possano aumentare la longevità, si potrebbe partire da quello che già è noto. L’Oms raccomanda che gli adulti svolgano almeno 150 minuti di attività fisica di intensità moderata o 75 minuti di attività fisica a forte intensità ogni settimana.
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