Incontro fiume dell’emissario di Trump con il presidente russo. Il tycoon: «Vladimir si muova». Gli europei pronti a fornire garanzie militari a Kiev. Londra: «Invieremo soldati per cinque anni»
Un colloquio fiume, il terzo tra l’inviato americano, Steve Witkoff, e il presidente russo Vladimir Putin. Un colloquio che per la Casa Bianca aveva un solo obiettivo: sbloccare i negoziati di pace in Ucraina che il Cremlino ritarda da oltre un mese, rifiutandosi di prendere in considerazione un cessate il fuoco.
Risultato dell’incontro? Il portavoce del Cremlino aveva avvertito di non aspettarsi «conclusione storiche», anche se una telefonata Trump-Putin rimane «teoricamente possibile».
L’irritazione di Donald
Telefonata o meno, Donald Trump si aspetta che la Russia accetti il cessate il fuoco e sembra che la sua pazienza con i ritardi di Mosca stia per finire. «La Russia deve darsi una mossa – aveva scritto sul suo social network, Truth, poche ore prima dell’incontro – Troppe persone continuano a morire, migliaia ogni settimana, in una terribile guerra senza senso. Una guerra che non sarebbe mai dovuta cominciare». La Casa Bianca ha definito il presidente «frustrato» per la mancanza di progressi. E secondo il sito americano Axios, il pesidente sarebbe pronto a dare il via libera a nuove sanzioni se Putin non si piegherà entro fine aprile.
Fino ad oggi, però, il Cremlino non si è fatto impressionare e ha continuato a chiedere agli Stati Uniti ulteriori passi nella normalizzazione dei rapporti tra i due paesi, ma senza offrire molto in cambio. Ieri il ministero degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha chiesto la ripresa degli voli aerei diretti con gli Stati Uniti e la rimozione delle sanzioni alla compagnia aerea Aeroflot. Lavrov ha detto che questa richiesta è stata avanzata agli americani nel corso del primo vertice in Arabia Saudita, ma che per ora non sono arrivate risposte da Washington.
E almeno per il momento, sembra che non ne arriveranno. In quella che è sembrata una diretta risposta a Lavrov e alle altre richieste formulate da Mosca nel corso dell’incontro “tecnico” avvenuto a Istanbul giovedì sul ripristino del normale funzionamento delle rispettive ambasciate, il dipartimento di Stato Usa aveva chiarito che, al momento, «non c’è altro di cui discutere fino a che non sarà messa una fine alle uccisioni».
Le sanzioni che Trump potrebbe approvare se la sua “frustrazione” non incontrasse una risposta del Cremlino entro breve tempo saranno probabilmente mirate sopratutto alla cosiddetta “flotta ombra”, le circa 600 petroliere di varie dimensioni utilizzata dalla Russia per aggirare le sanzioni sul petrolio.
Proprio ieri, una di queste imbarcazioni è stata sequestrata dalle autorità estoni nel Mar Baltico. Secondo gli estoni, la nave non batteva bandiera di alcun paese e dopo un’ispezione a bordo si è rivelata essere un vascello sotto sanzioni. Colpire la “flotta ombra” è ritenuto dagli esperti uno dei pochi modi in grado di infliggere nuovi danni all’economia russa. Ma numerosi esperti avvertono di non aspettarsi drastici cambi di rotta al Cremlino: Putin sarebbe convinto di aver reso la Russia “a prova di sanzioni”.
Gli alleati europei dell’Ucraina sono pronti a rivelare le garanzie militari che sono disposti a fornire. Secondo il quotidiano britannico Telegraph, il Regno Unito è pronto a inviare nel paese una forza militare di “rassicurazione” per cinque anni, con lo scopo di scoraggiare future aggressioni russe dopo il raggiungimento di un cessate il fuoco. Francia, i tre paesi baltici e un altro paese al momento non specificato sono altrettanto pronti a inviare i loro soldati.
A Bruxelles, i paesi membri del “gruppo di contatto” hanno promesso 21 miliardi di euro in nuovi aiuti militari. La Germania si è impegnata a fornire, tra gli altri, nuovi missili antiaerei Patriot, mentre il Regno Unito ha promesso l’invio di 350 milioni di sterline in nuove forniture militari. Anche se gli Stati Uniti si sono allontanati dal gruppo, il segretario dalla Difesa, Pete Hegseth, ha comunque partecipato alla riunione in videoconferenza.
Nella conferenza stampa alla fine dell’incontro, il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha detto che al momento «la pace in Ucraina appare fuori portata» a causa della volontà di Mosca di proseguire la sua aggressione. Parole condivise anche dal ministro della Difesa britannico, John Healey, che ne ha approfittato anche per rifilare una stoccata a Kaja Kallas, Alto rappresentate per la politica estera dell’Ue.
Kallas aveva definito «ambiguo» e «poco chiaro» il piano della “coalizione dei volonterosi” guidata dal Regno Unito, critica motivata anche dal fatto che il Regno Unito insiste sull’importanza della partecipazione americana alla coalizione, che però l’amministrazione Trump esclude categoricamente. Nonostante queste difficoltà, ieri Healey ha ribadito che «il piano è reale, concreto e in fase avanzata».
Il fronte
Secondo fonti dell’alto comando ucraino che hanno parlato con la Bbc, le forze armate russe puntano a circondare Sumy, una città di circa 200mila abitanti nel nord est dell’ucraina a circa 30 chilometri dal confine russo. Fino a poche settimane fa, Sumy fungeva da base logistica per le truppe ucraine che occupavano parte della regione russa di Kursk.
Dopo la ritirata degli ucraini, i russi hanno dato segnali di voler superare a loro volta il confine e minacciare il centro abitato. Zelensky ha più volte lanciato l’allarme su un possibile attacco contro la città e l’alto comando ucraino ha detto di aver inviato significativi rinforzi nella regione.
Sumy si era già trovata sotto assedio durante le prime settimane dell’invasione ed era stata difesa dalle truppe regolari e da cittadini armati fino alla ritirata russa nell’aprile 2022.
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