La campagna vaccinale contro la poliomielite nella Striscia di Gaza, iniziata ufficialmente domenica, è una delle più complesse al mondo. È stata definita in questo modo dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa). «I bambini continuano a essere esposti, il virus non conosce checkpoint, confini o conflitti. Ogni bambino deve essere vaccinato a Gaza e in Israele per frenare i rischi di diffusione di questa malattia feroce», ha affermato Juliette Touma, a capo della comunicazione dell’agenzia.

Le Nazioni Unite, in collaborazione con le autorità sanitarie della Striscia e altre organizzazioni, si sono poste l’obiettivo di vaccinare circa 640mila bambini sotto i 10 anni. Dovranno però essere somministrate – a distanza di quattro settimane – due dosi di vaccino anti-polio, il virus che può causare nei bambini la paralisi agli arti o addirittura portare alla morte. 

Venerdì 30 agosto sono state consegnate circa 1,2 milioni di dosi di vaccino a Gaza, ha fatto sapere Rik Peeperkorn, rappresentante dell’Organizzazione mondiale della sanità per i territori palestinesi occupati, aggiungendo che altre 400mila dosi erano in viaggio verso la Striscia.

La campagna è iniziata informalmente sabato 31 agosto, con la vaccinazione di un numero indefinito di minori nel sud, e a oggi sono stati raggiunti oltre 161mila bambini sotto i dieci anni. Per facilitarne la somministrazione – programmata nelle aree centrali dal 1 al 4 settembre, a Khan Younis e Rafah dal 5 all’8 e nel nord della Striscia dal 9 al 12 – l’Onu ha annunciato “pause umanitarie” di tre giorni, dalle 6 alle 14.

Ma, secondo la testimonianza di Yasser Shaabane, direttore medico dell’ospedale Al-Awda nel centro di Gaza, «ci sono molti droni che sorvolano» l’area. Shaabane ha raccontato che i droni passavano sopra le teste di bambini e neonati arrivati nei centri e auspica che la campagna «sia tranquilla». Israele ha accettato di assicurare pause umanitarie anche per le seconde dosi, ma il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha precisato che non equivalgono in nessun modo a un cessate il fuoco.

Il virus

La poliomielite è una grave malattia infettiva che agisce sul sistema nervoso centrale e colpisce soprattutto i neuroni motori del midollo spinale. È un virus che invade il sistema nervoso nel giro di poche ore, distruggendo le cellule neurali colpite e causando una paralisi che può diventare, nei casi più gravi, totale, come spiega l’Istituto superiore di sanità. Il contagio avviene se si ingeriscono acqua o cibi contaminati, o anche tramite la saliva e le gocce emesse con colpi di tosse e starnuti da soggetti ammalati o portatori sani.

La malattia colpisce principalmente i bambini sotto i cinque anni. In Italia l’ultimo caso di polio è stato registrato nel 1982, ed è stata eradicata nella maggior parte dei paesi, tranne in Afghanistan e Pakistan. A Gaza erano 25 anni che non veniva rilevato il virus, ma il 16 agosto è stato registrato un primo caso, un bambino di 10 mesi di Deir Al-Balah rimasto paralizzato alla gamba. 

La presenza del virus, comunicata prima dal ministero della Sanità di Gaza, era stata confermata dall’Oms, che lo ha riscontrato nelle acque reflue già a luglio. E per questo le organizzazioni temono altri casi senza sintomi evidenti e la diffusione di un’epidemia, che rappresenterebbe un rischio anche per gli stati confinanti, Israele e Egitto. 

La Striscia, prima dell’offensiva israeliana, aveva un alto livello di copertura vaccinale di routine, scrive l’Oms, che però a causa del conflitto si è interrotta producendo lacune nell’immunità dei bambini. Unito alle pessime condizioni igieniche, alla «decimazione del sistema sanitario», «agli spostamenti costanti della popolazione», «malnutrizione e sistemi idrici e igienico-sanitari gravemente danneggiati» il rischio di diffusione – avverte l’agenzia dell’Onu – «rimane elevato». E questo non riguarda solo la polio, ma anche altre malattie come morbillo, diarrea, infezioni respiratorie o epatite A.

Per prevenire la diffusione del virus, sottolinea l’organizzazione, bisogna raggiungere una copertura vaccinale di almeno il 95 per cento per ogni ciclo. Ma, conclude, «un cessate il fuoco è l’unico modo per garantire la sicurezza della salute pubblica nella Striscia di Gaza e nella regione».

Vaccinare in guerra

Oltre alla distruzione della quasi totalità delle strutture ospedaliere, dall’inizio dell’offensiva, ciò che rischia di compromettere la campagna vaccinale è l’assenza di infrastrutture, anche queste distrutte dai bombardamenti di Tel Aviv, gli sfollamenti forzati e gli scontri e attacchi che non si arrestano, nonostante l’accordo raggiunto su una “pausa” a zone. «La sfida per le famiglie è arrivare qui in sicurezza, e quindi il trasporto dei bambini dalle case ai punti vaccinali», ha detto all’agenzia Dire Federica Iezzi, chirurga pediatrica di Medici senza frontiere, tra i circa 2.700 operatori sanitari coinvolti nel piano. 

Le persone che devono portare i propri figli «hanno accesso alle cliniche? Hanno carburante o i mezzi per arrivarci? È sicuro? È sicuro per il personale arrivare alle cliniche? So che abbiamo queste brevi pause umanitarie. Ma è sufficiente? No». A porre queste questioni ad Al Jazeera Chessa Latifi, vicedirettrice per la risposta alle emergenze del Progetto HOPE.

Anche gli operatori sanitari sono infatti esposti a un altissimo rischio, considerati i diversi attacchi con cui l’Idf ha colpito operatori umanitari, come era accaduto con il personale dell’ong World Central Kitchen. L’ultimo episodio è del 29 agosto quando un raid ha centrato un camion che trasportava forniture mediche e carburante verso Rafah, uccidendo cinque persone. 

Nonostante le difficoltà e i rischi, la risposta della popolazione, nei primi giorni di campagna, sembra essere molto positiva. Una donna ha detto di essere «sollevata» dopo che sua figlia ha ricevuto il vaccino, scrive su X Philippe Lazzarini, commissario generale dell’Unrwa. 

«Abbiamo ricevuto i messaggi dal ministero della Salute e ci siamo presentati subito», ha raccontato un’altra donna ad Afp, riporta France 24. «È un buon inizio», afferma la portavoce dell’Unrwa, Louise Waterbridge, che ha condiviso l’entusiasmo dell’agenzia per le 87mila vaccinazioni somministrate in un solo giorno.

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