La ministra Roccella, annunciando un testo unico che raccoglierà le disposizioni per contrastare la violenza di genere, ha affermato che «avrà un impatto anche sul fronte del cambiamento culturale». Ma la cultura non si cambia per decreto: se mancano campagne di sensibilizzazione, programmi educativi o altre iniziative svolte in via continuativa, in grado di acuire la consapevolezza
Nella giornata contro la violenza sulle donne, il 25 novembre scorso, la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, ha annunciato l’inizio dei lavori per la redazione di un testo unico di raccolta delle disposizioni sul contrasto a tale tipo di violenza. La ministra ha sottolineato il fatto che il testo «avrà un impatto anche sul fronte del cambiamento culturale».
Abbiamo detto più volte che la cultura non si cambia per decreto. A maggior ragione se il decreto – un decreto del presidente della Repubblica, in questo caso – non introduce nuove disposizioni, ma ha una funzione meramente ricognitiva di quelle già vigenti.
Il testo unico
Roccella ha reso noto di aver dato mandato ai propri uffici e a quelli della ministra per le Riforme istituzionali, Elisabetta Alberti Casellati, di predisporre «un tavolo di lavoro presso la Presidenza del Consiglio per redigere il testo un testo unico contro la violenza sulle donne con il coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate», nonché «della Commissione bicamerale contro il femminicidio, da cui è anche partita questa quest’idea». Infatti, la Commissione, istituita nel febbraio 2023, ha tra i suoi compiti anche l’adozione di «iniziative per la redazione di testi unici in materia».
A partire dalla legge di riforma del diritto di famiglia, si sono susseguiti una serie di interventi, a tutela delle donne vittime di violenza, che hanno contribuito a una stratificazione normativa, con la conseguenza che oggi la regolazione in materia è disorganicamente «dispersa nelle varie norme che riguardano il tema».
Il testo che le raccoglierà – ha precisato Roccella – sarà «compilativo, quindi non comporterà innovazioni di tipo legislativo», cioè modifiche nel contenuto delle norme.
Vi saranno incluse non solo le disposizioni che strettamente attengono alla violenza, ma anche quelle che «riguardano per esempio l’empowerment delle donne, quelle che riguardano il lavoro, quelle che riguardano tutti i fronti su cui in qualche modo la violenza contro le donne si esprime».
Il testo unico dovrà essere redatto secondo una serie di criteri indicati dalla legge (n. 400/1998): la puntuale individuazione delle norme vigenti; la ricognizione di quelle abrogate, anche implicitamente; il coordinamento delle disposizioni esistenti, in modo da garantirne la coerenza logica e sistematica ecc.. Le norme che prevedono reati, come pure quelle contenute in altri testi unici, non saranno spostate dalla loro sede attuale.
La ministra ha, infine, annunciato che l’iniziativa «si concluderà in una giornata significativa, l’8 marzo».
La violenza di genere e la cultura
Un testo ricognitivo può giovare in termini di chiarezza del quadro regolatorio. Ma si può davvero dire che esso potrà determinare un «cambiamento culturale», come ha affermato Roccella?
Se ne può dubitare. Un’iniziativa di mera raccolta delle norme vigenti in tema di violenza sulle donne non può di certo supplire, ad esempio, alla mancanza in via continuativa di campagne di sensibilizzazione, di programmi educativi o di altre iniziative in grado di formare le coscienze e di consentire a tutti di acquisire un’effettiva consapevolezza circa la cultura del rispetto.
Ad esempio, si è arenato il progetto “Educare alle relazioni”, presentato un anno fa dal ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, e finanziato con 15 milioni di euro, che avrebbe dovuto articolarsi in gruppi di discussione tra studenti e professori per 30 ore complessive extracurricolari, al fine di educare alla parità di genere, prevenire comportamenti violenti e diffondere la conoscenza del Codice penale.
Né il testo unico potrà compensare la mancanza di preparazione che talora si riscontra nel personale preposto a ricevere le denunce delle donne, con la conseguente incapacità di attuare le azioni necessarie per metterle in sicurezza.
A fronte di tutto questo, come può Roccella enfatizzare l’idoneità di un testo unico ricognitivo a cambiare la cultura, e magari ad attenuare le criticità a causa delle quali tante, troppe donne subiscono violenza o addirittura vengono uccise?
E, se davvero la ministra crede che questo testo abbia un’importanza essenziale, perché l’ha tenuto nel cassetto dal 31 luglio scorso, data in cui è stato approvato dalla commissione parlamentare, e l’ha riesumato solo quattro mesi dopo, mostrando così di considerare la giornata contro la violenza sulle donne solo come una cornice scenografica entro cui collocarne l’annuncio?
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