La norma del ddl Sicurezza che vieta qualunque uso delle infiorescenze della canapa coltivata dovrebbe essere notificata alla Commissione Ue e agli altri stati membri, poiché ostacolerebbe la libera circolazione del prodotto in Ue. Il governo non l’ha fatto. Il rischio è una nuova procedura di infrazione.
Il governo italiano ha una relazione complicata con il diritto europeo. Lo ha attestato con la legge che vieta la carne coltivata, inapplicabile per mancato rispettato da parte dell’esecutivo della procedura di notifica all’Unione europea. E in tema di immigrazione ha mostrato di non aver chiaro che le sentenze della Corte di giustizia dell’Ue hanno valore vincolante.
Ora l’esecutivo rischia un terzo incidente “europeo”, riguardo alla norma del disegno di legge Sicurezza in tema di infiorescenze della canapa coltivata.
La norma
La norma vieta «l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa coltivata (…) anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti o costituiti da tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati». Le sanzioni sono quelle previste dal Testo unico sulle sostanze stupefacenti.
La disposizione riguarda non solo la cannabis per uso ricreativo, ma anche la canapa a uso industriale, la cui coltivazione impiega solo piante a basso contenuto di THC (delta-9-tetraidrocannabinolo). Con il divieto in toto, il governo intende «evitare che l’assunzione di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.) o contenenti tali infiorescenze possa favorire, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che espongano a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale».
La sentenza della Corte Ue
Con una sentenza del 4 ottobre scorso, in tema di coltivazione della canapa in ambienti interni autorizzati, la Corte di giustizia europea ha statuito che gli stati membri dell’Ue non possano introdurre divieti relativi alla coltivazione di pianta di canapa ad uso industriale, purché il contenuto di THC non sia superiore a 0,2 per cento (attualmente lo 0,3).
Se questo limite è osservato, la canapa – senza alcuna differenziazione tra semi, fibre e infiorescenze – rientra tra i prodotti agricoli considerati dalla Pac, la politica agricola comune dell’Ue, nonché tra i quelli oggetto dell’Ocm, organizzazione comune di mercato per l’importazione nell’Unione di canapa e semi di canapa (ad usi diversi dalla semina).
E, dice la Corte, «in presenza di un regolamento che istituisce un’Ocm in un determinato settore, gli stati membri sono tenuti ad astenersi dall’adottare qualsiasi misura che possa costituirne una deroga o una violazione».
Dunque, a condizione che il limite di THC sia rispettato, è legittima non solo la coltivazione della canapa, ma anche la commercializzazione del prodotto derivante da tale coltivazione.
La procedura Ue
La disposizione inserita nel disegno di legge Sicurezza limiterebbe la libera circolazione all’interno del territorio dell’Unione delle infiorescenze e dei prodotti da esse ricavati (art. 34 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Ue, TFUE), in violazione di quanto affermato dalla Corte, e come tale andrebbe assoggettata alla procedura TRIS (direttiva 2015/1535).
Tale procedura prevede la notifica alla Commissione e agli altri stati membri del relativo progetto normativo, il cui iter di approvazione resta sospeso per tre mesi, affinché essi ne valutino la compatibilità con il diritto dell’Ue.
È in questa sede che lo stato può far valere eventuali ragioni di salute pubblica a sostegno del divieto, affinché Commissione e stati Ue ne tengano conto. Tuttavia, anche ove sussistano tali ragioni - dicono i giudici della Corte Ue - una misura restrittiva può ritenersi giustificata solo se, «in conformità al principio di proporzionalità», sia «idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito» e non ecceda «quanto necessario per il suo raggiungimento».
Può essere utile sapere che nel 2022 il Tar del Lazio ha deciso che la «limitazione all’industrializzazione ed alla commercializzazione della canapa soltanto alle fibre ed ai semi», cioè con esclusione delle infiorescenze, risulta in contrasto con le disposizioni Ue in tema di libera circolazione, salvo dimostrare che la relativa normativa sia volta a tutelare la salute pubblica, nel rispetto dei citati criteri di proporzionalità.
Cosa accade ora
Il governo italiano non ha notificato alla Commissione Ue la bozza di norma che vieta ogni utilizzo delle infiorescenze della canapa. Qualora non lo facesse e la norma stessa fosse approvata, essa sarebbe inapplicabile dai tribunali. E non perché i giudici siano «comunisti», ma per il contrasto della disposizione con la disciplina europea.
L’Italia, inoltre, rischierebbe una procedura di infrazione per la violazione di tale disciplina. E sarebbe l’ennesimo caso.
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