Mentre da 9 mesi si attende che il ministero della Salute presenti il rapporto sull’applicazione della legge 194, a Palazzo Madama i Pro Vita hanno parlato dei “costi dell’aborto indotto e i suoi effetti sulla salute delle donne”, prendendo anche di mira la pillola abortiva Ru486. In prima fila Ignazio Zullo, capogruppo di Fdi in commissione Sanità. Le associazioni: usare disinformazione mascherata da evidenze scientifiche è un pericoloso tentativo di limitare i diritti riproduttivi delle persone, mettendo a rischio la loro salute
Il 1° ottobre 2024 Gilda Sportiello, deputata del M5s alla Camera ha presentato un’interrogazione parlamentare, scritta insieme a Federica Di Martino del progetto “Ivg, ho abortito e sto benissimo”, al ministero della Salute sull’applicazione della legge 194.
Di Martino denuncia a Domani che sono ormai nove mesi che «aspettiamo il report del ministero della Salute sulla legge 194, report che sarebbe dovuto essere depositato entro febbraio 2024».
Mentre si denuncia il mancato rapporto del ministero della Salute, nel pomeriggio di martedì 29 ottobre, presso la Sala Nassirya di Palazzo Madama in Senato, i Pro Vita e Famiglia hanno presentato il terzo rapporto sui “costi dell’aborto indotto e i suoi effetti sulla salute delle donne”. Il rapporto è stato stilato dall’Osservatorio permanente sull’aborto Opa, composto interamente da sanitari obiettori. La galassia anti scelta, dunque, si riunisce nuovamente in Senato, dove sono intervenuti una serie di nomi noti della onlus.
Per contrastare la narrazione antiscientifica contro la libertà di scelta delle donne da parte degli antiabortisti, si sono mobilitati Medici del mondo, il Coordinamento dei consultori delle donne e delle libere soggettività del Lazio, Obiezione respinta, Associazione Luca Coscioni, medici e mediche del Ssn, la bioeticista Chiara Lalli, Non una di meno Roma, La rete Pro Choice-Rica, Laiga, Nika Kovac della campagna “My voice my choice”, Mathilde Panot deputata e presidente del gruppo La France Insoumise e Gilda Sportiello, deputata dei 5S.
L’aborto è un diritto, non un’opinione
Anche per Women on Web, organizzazione non governativa internazionale che, dal 2005, ha aiutato oltre 120mila persone in tutto il mondo ad accedere ad interruzioni di gravidanza (Ivg) farmacologiche, «utilizzare disinformazione e miti su aborto e contraccezione mascherandoli da evidenze scientifiche è un tentativo non etico di limitare i diritti riproduttivi delle persone e mette a rischio la loro salute».
Proprio per questi motivi, le realtà per la libera scelta delle donne e delle libere soggettività si sono ritrovate presso la sala stampa della Camera per denunciare un sistemico connubio tra il governo e le associazioni contro la libera scelta delle donne, con un appuntamento dal titolo “L’aborto è un diritto, non un’opinione”.
Sportiello ha definito l'appuntamento «un’operazione verità», denunciando a Domani che «dentro al governo ci sono dei rappresentanti di questo mondo anti scelta. Gli esponenti di questa maggioranza firmano manifesti con cui questi gruppi contro i diritti esercitano pressioni che vertono a cancellare le libere scelte. Mettere in discussione l’aborto, attaccarlo e restringerne la possibilità di accesso, significa rendere il diritto all’aborto meno sicuro».
La dottoressa Tullia Todros, ginecologa della rete “Più di 194 voci”, afferma a Domani che «si sta dimostrando che una conquista che ritenevamo essere inamovibile è sotto un attacco molto pesante». Un attacco ai consultori e «anche alla sanità pubblica, con dati non scientifici. Abbiamo una letteratura vasta con dati che dimostrano quanto l’aborto sia sicuro».
Su questo anche la direttrice di Medici del Mondo, Elisa Visconti, interviene spiegando quanto la narrazione dei gruppi anti scelta mini la salute di chi sceglie di abortire «mettere in circolazione delle notizie senza nessuna base scientifica è uno degli ostacoli che viene riconosciuto dall’Oms. Le dichiarazioni di alcuni gruppi antiabortisti sono paragonabili a quelle dei terrapiattisti. La disinformazione crea confusione e rischia di allungare i tempi per una persona che vuole abortire, perché non si sa più dove rivolgersi, essendo esposta ad un mare magnum di bugie e di fake news». È molto grave, dunque, che venga dato «uno spazio politico, nelle sedi istituzionali, a una divulgazione totalmente non scientifica».
Una scelta politica
Il rapporto, infatti, è stato accolto dai “saluti istituzionali” del senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d'Italia in commissione Lavoro e Sanità, che in conferenza stampa ha dichiarato: «C'è una legge che secondo il governo Meloni non si tocca, però questa legge dobbiamo applicarla per intero», citando la parte legata alla rimozione degli ostacoli che determinano la scelta di interrompere la gravidanza.
Ha inoltre affermato: «La 194, così come ogni legge, va tarata e monitorata per capire gli effetti che produce riguardo la sostenibilità per il Ssn, ma anche in termini di salute per la popolazione. Da questi spunti e studi si potranno trarre conclusioni per capire come tarare meglio queste situazioni».
Federica di Martino, su questo tema, incalza: «Le istituzioni, da due anni a questa parte, sono prese ad accontentare e ad asservire quelle che sono delle realtà di gruppi e movimenti antiabortisti. Dal fondo vita nascente in regione Piemonte alle iniziative come quella dell’emendamento al Pnrr che traccia ancora di più uno stretto intreccio tra quelle che sono le realtà di governo e gli antiabortisti».
Dalla presentazione del rapporto, sono emersi diversi attacchi alla pillola abortiva Ru486, definendo la possibilità di assumerla a domicilio un «obbrobrio» che lascia in solitudine le donne. La direttrice di Medici del Mondo, Elisa Visconti, spiega bene come «sia un farmaco testato, sicuro. Nelle linee guida del 2022 dell’Oms è uno strumento consigliato, oltre allo stesso aborto chirurgico». La pillola abortiva viene presa di mira non tanto per una questione sanitaria, perché non ci sono le basi scientifiche per farlo. Viene presa di mira da un punto di vista politico «perché prendere la pillola è un gesto che una persona può compiere in autonomia. Se venissero applicate le linee guida dell’Oms, si potrebbe prendere anche a casa sotto prescrizione medica e con le indicazioni del curante, come per qualsiasi altro farmaco».
Lasciare questo spazio di indipendenza alle donne e alle persone con utero per autogestire il proprio aborto, significa «perdere il controllo sul corpo delle donne, eliminando di fatto molti di quegli ostacoli che in Italia le persone si trovano ad affrontare». Se non si dovesse più andare in ospedale ad abortire, «non si troverebbero più obiettori di coscienza e gruppi anti scelta. Non si dovrebbe dover viaggiare per centinaia di chilometri fuori regione per poter accedere al diritto all’aborto».
Quella politica di deterrenza, dunque, si sgretolerebbe. L’attacco alla pillola abortiva, conclude Visconti, «è un attacco politico, non sanitario».
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