La Lega rompe un tabù e parla di stabilità minata nel governo dopo le richieste fatte da Tajani. Giorgetti mette le mani avanti: «Il Patto di stabilità obbliga gli Stati a politiche di corto respiro»
Lo ius scholae ha fatto saltare il tappo dell’immagine unitaria del governo. L’alleanza di destra si mostra compatta come non mai, certo.
Ma solo quando si trova a favore di telecamera. Sì, perché è lontano dall’obbiettivo delle macchine fotografiche le divisioni si moltiplicano.
Ribolle infatti il magma del malcontento, che ricade sui vari dossier da affrontare nelle prossime settimane, e solo il collante del potere è la polizza su una navigazione duratura.
Al rientro dalle ferie, alla Camera c’è da approvare in aula la stretta sulla sicurezza. Il disegno di legge ha superato l’esame in commissione Affari costituzionali dopo vari stop&go.
Le mine sono state disinnescate, seppur con qualche mal di pancia proprio in Forza Italia, il partito più bizzoso in questa estate, in particolare sul punto del carcere per le madri incinte. Insomma, i leader si godono gli ultimi giorni di relax agostano ma all’orizzonte si stagliano varie incognite e soprattutto le decisioni cruciali per l’economia.
Su tutti spicca il piano strutturale di bilancio, che richiede una condivisione nella strategia da qui ai prossimi anni. «Questo piano non dovrà essere presentato ogni anno. Una volta presentato, il 20 settembre, rimarrà quello per 5 anni. E potrà essere sostanzialmente cambiato solo in caso di cambio di governo», ha ricordato Luigi Marattin per evidenziare l’importanza di un testo che «vincolerà obbligatoriamente spesa pubblica e riforme strutturali», ha sottolineato ancora il deputato di Italia viva.
Giancarlo Giorgetti ha garantito che ci sarà un passaggio parlamentare. Ed è facile prevedere che non mancheranno i distinguo su un documento che richiede, almeno sulla carta, una visione a largo raggio.
Il ministro dell’Economia ha comunque messo le mani avanti: «Nel Patto di stabilità e crescita il pensiero lungo non è adeguatamente valutato. Quindi costringe gli Stati nazionali, nelle decisioni di politica e di bilancio, a fare valutazioni inevitabilmente di breve e corto respiro», ha detto durante il suo intervento al meeting di Comunione e liberazione.
Per poi ironizzare polemicamente sui progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza: «Ricordano i piani quinquennali dell’Unione Sovietica».
Governo ballerino
Le risorse sono poche, insomma. Come se non bastasse la fiducia sugli effetti del Pnrr continua a calare e d’altra parte le tensioni aumentano. Una sequenza di immagini tutt’altro che rasserenante.
Giorgia Meloni ha fiutato l’aria e ha convocato una riunione per il prossimo 30 agosto, vera ripartenza dopo una pausa alquanto lunga per il governo, che ha staccato la spina dal 7 agosto.
Ora occorre fare il punto della situazione e provare a tracciare una rotta con Matteo Salvini e Antonio Tajani che ad agosto hanno portato l’alleanza sulle montagne russe. Tanto che Massimiliano Romeo,» capogruppo della Lega al Senato, ha pronunciato una frase finora impronunciabile: «Si mina la stabilità del governo».
Ma Forza Italia ha rilanciato con un post sui social del partito i punti previsti dal programma di governo: «Favorire l'inclusione sociale e lavorativa degli immigrati regolari. Garantire flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e accesso alla pensione, favorendo il ricambio generazionale.
Sono punti presenti nel programma del centrodestra di governo. Lo Ius scholae rappresenta lo strumento per mantenere queste promesse nei confronti degli elettori», si legge. In questa botta e risposta continuo, si torna al punto di partenza: la destra non è affatto granitica a differenza dello storytelling meloniano. La presidente del Consiglio viene descritta «infastidita» da queste polemiche.
Ed è consapevole che un vertice non basterà a riportare un clima sereno. Le europee hanno interrotto la luna di miele tra alleati. Così se solo sulla riforma della cittadinanza viene messa in dubbio la tenuta dell’esecutivo, le prossime settimane si preannunciano quantomeno ballerine.
In questo quadro, dopo il piano strutturale di bilancio, è difficile immaginare che il governo possa imporre un’altra manovra economica a «emendamenti zero», chiedendo ai parlamentari di maggioranza di non toccare palla come è accaduto lo scorso anno. Al Mef l’opzione viene considerata difficilmente praticabile.
Retorica complottista
La Forza Italia battagliera di Antonio Tajani è lontana parente di quella forza politica dimessa e accondiscendente di qualche mese fa quando era impaurita dal tracollo elettorale. Ora c’è stato il risultato alle elezioni di giugno e subito dopo è arrivata la spinta della famiglia Berlusconi, che chiede un partito più determinato.
Liberalismo e collocazione nell’alveo dei moderati, sono le parole d’ordine. Così tra le varie voci che si rincorrono sulle misure da inserire nella finanziaria, ci sarebbe l’intenzione del governo di tassare il buy back, ossia il riacquisto di azioni proprie da parte di una società.
Sarebbe un’operazione in stile tassazione degli extraprofitti, che peraltro è finita nel nulla. Ma con l’aria che tira i forzisti sono pronti alle barricate, denunciando l’introduzione di nuove tasse. Sebbene rivolte solo alle aziende.
L’indiscrezione è destinata a essere catalogata come una provocazione estiva. Mentre verrà messa nero su bianco la richiesta di un aumento delle pensioni minime, antico pallino di Silvio Berlusconi.
E in mezzo a tanta incertezza, la soluzione è quella più comoda: la ricerca dei nemici immaginari. «Crediamo che ci siano grosse resistenze da parte di apparati rispetto alla voglia di cambiamento, di rinnovamento e di rafforzamento dell’Italia», ha semplificato il concetto Francesco Lollobrigida. Il complotto esterno che minaccia il governo. Come se non ci fossero già problemi interni.
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