Il botta e risposta prosegue: da una parte Giorgia Meloni, dall’altra le toghe. Ieri è stato il giorno del governo, con la premier a tutto campo ospite della festa per gli 80 anni del Tempo, il quotidiano del deputato leghista Antonio Angelucci.

Dopo aver fatto saltare la tanto attesa conferenza stampa aperta a tutti i giornalisti a data da destinarsi, Meloni ha quindo scelto una platea non certo ostile per rispondere punto su punto. «Il protocollo con l’Albania funzionerà, non consento che venga smontato» perché può cambiare la questione della gestione del flussi migratori e «avevo messo in conto gli ostacoli, li supereremo» ha detto commentando la decisione del tribunale di Roma che non ha convalidato il trattenimento dei dodici migranti nei centri albanesi.

Poi è intervenuta direttamente sul cuore dello scontro: «La sentenza è assolutamente irragionevole», e «dettata da un approccio di visione diversa da quella del governo. Uno dei giudici che ha emesso le sentenze aveva pubblicamente dichiarato la propria contrarietà al protocollo Italia-Albania».

Poi ha rivendicato la scelta di utilizzare lo strumento del decreto legge per tentare di superare la decisione: «Se ci saranno altri problemi continueremo a convocare il Cdm per risolvere i problemi. Ho preso un impegno con i cittadini e lavorerò notte e giorno per rispettarlo».

La linea, dunque, è quella dell’attacco e della politicizzazione del problema: i giudici non hanno solo scritto una sentenza, ma hanno fatto opposizione al governo. E per sostenerlo ha richiamato proprio la pubblicazione da parte del Tempo della mail del magistrato di Cassazione Marco Patarnello che la attaccava.

«Non credo ci sia il disegno di sovvertire la volontà popolare ma un menefreghismo rispetto alla volontà popolare», ha concluso, smentendo anche la tesi che il governo sia ossessionato dalla paura dei complotti. Poi ha ribadito: «Una politica forte e senza scheletri nell’armadio fa paura a molti» e «la mia agenda non è condizionata da interessi personali e non condizionabile».

La linea, dunque, è sempre la stessa: Meloni si è caricata politicamente sulle spalle i due anni di governo appena trascorsi («sono in pace con la mia coscienza») e ha attaccato quello che in questo momento le appare l’avversario più pericoloso: non l’opposizione ma i giudici.

E in questa interpretazione, a distanza di qualche chilometro, le ha fatto da insperata sponda anche Marina Berlusconi, figlia maggiore del Cavaliere che – pur smentendo qualsiasi intenzione di scendere in politica (ma non ha voluto commentare ipotesi sul fratello) – quando parla condiziona gli equilibri politici nella maggioranza. «Certi giudici non sono nemici di mio padre o di Meloni, ma sono nemici del paese», ha detto a margine dell’inaugurazione della nuova libreria Mondadori alla Galleria Sordi di Roma, e «il mio giudizio sul governo è assolutamente positivo sia come cittadina che come imprenditrice».

Meloni ha anche spiegato le linee guida della manovra di Bilancio, che doveva essere il tema principale della conferenza stampa convocata, e poi annullata, martedì scorso (dopo le critiche perché per la prima volta un presidente del Consiglio non aveva partecipato a quella dopo il via libera della legge in Cdm).

Invece, a domanda del direttore del Tempo Tommaso Cerno, la premier ha spiegato che «la strategia è sempre la stessa: siamo in una situazione non facile, con poche risorse e le vogliamo concentrare su alcune grandi priorità come sostenere lavoro e salari, la famiglia e l’incentivo alla natalità e la salute», ma «senza aumentare le tasse e mantenendo i conti in ordine». Proprio il mancato aumento delle tasse è stato sottolineato come un mantra, attaccando invece il Superbonus introdotto dal precedente governo.

Interrogata sul possibile danno erariale per i viaggi in Albania, sollevato dalle opposizioni, Meloni se l’è facilmente cavata con una battuta: «Danno erariale da quelli del Superbonus e i banchi a rotelle anche no». E la questione si è chiusa qui.

Nordio e il question time

E la posizione di Meloni è stata di fatto ascoltata anche alla Camera, ieri, nelle parole del ministro della Giustizia Carlo Nordio, durante il question time: «Il compito del giudice è solo quello di applicare la legge» e il ministero sta ragionando di inviare gli ispettori in Cassazione dopo la mail di Patarnello. «La decisione del tribunale di Roma è inottemperante alla sentenza della Corte europea» perchè «non vi è nessuna motivazione, né completa né esaustiva».

Così il ministro ha risposto in merito alle due polemiche che hanno infuocato lo scontro tra esecutivo e toghe nei giorni scorsi. Per farlo, come spesso è accaduto anche in passato, il Guardasigilli ha rindossato i panni del magistrato.

Nel frattempo, però, è arrivata la critica dell’Associazione europea magistrati sulla separazione delle carriere, che è tornato ad essere argomento forte del governo in questi giorni: «L’equilibrio e la necessaria indipendenza della magistratura sarebbero compromessi e messi a repentaglio se la riforma proposta venisse adottata».

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