Fino al 5 luglio 2023 la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha negato di avere indagini a proprio carico. Eppure le sue società erano finite sotto la lente della procura di Milano già dal novembre dell’anno prima. Solo dopo che un articolo di Domani ha confermato la sua iscrizione nel registro degli indagati, Santanchè ha comunicato di averne avuto ufficialmente notizia.

Nel frattempo alcuni filoni d’inchiesta sono stati chiusi, ed è pure arrivata la prima richiesta di rinvio a giudizio per «truffa» ai danni dell’Inps per la cassa integrazione Covid incassata da Visibilia nonostante i 13 dipendenti continuassero a lavorare. L’udienza preliminare è prevista per il 9 ottobre 2024. A questo si aggiunge, una seconda richiesta di processo per il «falso in bilancio», prima udienza il 3 ottobre 2024 e possibile rinvio a giudizio il 26 novembre. All’orizzonte, dunque, potrebbe prospettarsi un doppio processo. 

Dalla truffa aggravata al falso in bilancio, dai problemi di altre società – Ki Group e Bioera – all’ipotesi riciclaggio per la vendita della villa in Versilia fino agli enormi conflitti d’interesse: Daniela Santanchè è alle prese con la giustizia da una parte e con la politica dall’altra, con le opposizioni che da mesi chiedono le sue dimissioni. E con Meloni che ha individuato proprio nel rinvio a giudizio la linea rossa per chiedere un eventuale passo indietro della sua fedelissima ministra

Il rinvio a giudizio per truffa aggravata

Il primo filone arrivato al giro di boa riguarda l’accusa di «truffa» aggravata nei confronti dell’Inps. Nel mirino degli inquirenti è finito il gruppo Visibilia, società quotata in borsa che tra le altre cose pubblica settimanali e mensili (tra cui Novella 2000) e di cui Santanchè è stata in  consiglio d’amministrazione fino a gennaio 2022.

La procura di Milano accusa la ministra di presunte irregolarità nella gestione della cassa integrazione durante il Covid, tra il 2020 e il 2022. Secondo le tesi dei pm Laura Pedio, Luigi Luzi e Maria Gravina, la società della ministra avrebbe incassato circa 126mila euro dall’Inps per la cassa integrazione di 13 dipendenti, mentre invece lavoravano in smart working. 

Nello stesso procedimento sono indagati anche il compagno di Santanchè, Dimitri Kunz D’Asburgo, e il responsabile della tesoreria del gruppo, Paolo Giuseppe Concordia. Il fascicolo è stato aperto dopo la denuncia di un’ex dipendente dell’azienda, Federica Bottiglione.

Dai racconti dei lavoratori e da alcune intercettazioni pubblicate da Domani risulta che la ministra ne era al corrente. «Quando eravate in cassa integrazione ordinaria era consapevole che stesse lavorando, giusto?», chiedono gli ispettori dell’Inps a una dipendente.

«Sì, sì, era una gentile concessione che (...) la dottoressa ci faceva perché diceva: “O accettate questa situazione e chiudete il giornale tutti i mesi oppure chiudo baracca e burattini e vi lascio tutti a casa”, gentilmente ci concedeva gli ammortizzatori sociali», risponde la lavoratrice.

Nel mirino dei pm sono poi finite anche le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto a quelle dello stipendio: una «differenza», scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con «finti rimborsi per “note spese”».

L’accusa di falso in bilancio

Il “pacchetto Visibilia” non riguarda solo la truffa ma anche il falso in bilancio, per cui sono state chiuse le indagini e ora chiesto – anche qui – un rinvio a giudizio, il secondo. Subito dopo la nomina di Santanchè al ministero del Turismo, la procura di Milano aveva presentato un’istanza di liquidazione giudiziale, con cui veniva chiesto il fallimento della società. E aveva aperto un’indagine con varie ipotesi di reato: bancarotta e, appunto, falso in bilancio.

La guardia di finanza ha accertato che Visibilia ha accumulato negli anni 984mila euro di debiti nei confronti dell’Agenzia delle entrate. E per compensare le perdite accumulate dal 2016 al 2020, Santanchè e altri dirigenti avrebbero contabilizzato in modo scorretto i bilanci della società, compiendo anche false comunicazioni agli altri soci di minoranza. Da qui l’ipotesi di falso in bilancio. Gli indagati sono in tutto 17 (e tre società), tra amministratori, manager e componenti del collegio sindacale. Tra loro, oltre alla ministra, anche il suo compagno Dimitri Kunz, l’ex marito Giovanni Canio Mazzaro e la sorella Silvia Garnero.

Se inizialmente le veniva imputata anche la bancarotta, i relativi fascicoli penali sono stati per ora stralciati dai pm «perché per nessuna delle società è nel frattempo intervenuta dichiarazione di insolvenza», cioè non sono fallite. Uscita dalla porta, l’ipotesi di reato iniziale potrebbe rientrare dalla finestra. Perché a inizio marzo, sempre su richiesta dei pm milanesi, la gestione di Visibilia è stata affidata a un commissario che sarà in carica fino a gennaio 2025. Prima di quella data, però, potrebbe prendere il via il piano di risanamento predisposto da una società della stessa Santanchè, la Athena pubblicità, già Visibilia pubblicità, con l’obiettivo di scongiurare la liquidazione di Visibilia editore grazie a un aumento di capitale di 4,5 milioni di euro. 

I debiti e l’«aiuto» di Briatore

Legati a doppio filo con le vicende societarie di Visibilia ci sono i debiti con l’Agenzia delle entrate. Nello specifico, 984mila euro di passivo nei confronti del fisco accumulati negli anni dalla società della ministra. E da qui, oltre a quello giudiziario, si sviluppano altri due capitoli della storia.

Il primo riguarda il tentativo di sfruttare una prossima sanatoria fiscale. I dialoghi intercettati dimostrano come i collaboratori della ministra appena insediata nell’autunno di due anni fa aspettassero una norma sulla pace fiscale che proprio il governo di cui fa parte Santanchè avrebbe dovuto varare. Il 3 ottobre del 2022, pochi giorni dopo le elezioni e tre settimane prima dell’insediamento, Santanchè e il suo fidanzato apprendono della richiesta di fallimento della società Visibilia editore spa presentata dalla procura di Milano al tribunale civile.

E in quei giorni la speranza è che Fratelli d’Italia porti avanti una delle sue promesse in campagna elettorale, cioè la rottamazione delle cartelle esattoriali. «Si sta parlando di pace fiscale, vediamo magari se si riesce ad avere degli sconti... e quindi eravamo più che altro in attesa di questo». Così il consulente Paolo Concordia spiegava al compagno della ministra perché avevano messo in stand by alcune cartelle di settembre.

Un secondo capitolo ha invece a che fare con un paracadute offerto dal socio e amico Flavio Briatore, fondatore e proprietario del Twiga: le intercettazioni inedite contenute nelle migliaia di pagine depositate nell’inchiesta giudiziaria su Santanchè, lette da Domani, svelano anche il suo ruolo nel salvataggio di Visibilia. Perché di tempo ce n’era poco e bisognava trovare una soluzione. 

Il 4 novembre del 2022 Dimitri Kunz al telefono con Massimo Garnero, fratello della ministra, spiega che «Flavio (cioè Briatore, ndr) dà uno e mezzo (milioni, ndr) e io do la metà, 750 mila» in cambio della quota del 22 per cento del Twiga controllata dalla Immobiliare Dani. L’affare è andato poi in porto. Quel che ancora non si sapeva è che Immobiliare Dani ha realizzato una plusvalenza di 2,2 milioni dalla vendita delle quote di Twiga, che ha consentito di far quadrare i conti del 2022.

Pagherà il fisco grazie al Twiga

Non solo. Nelle memorie presentate dagli avvocati è emerso che per pagare i debiti con il fisco Santanchè si appoggia allo stesso Twiga di Briatore: tanto più lo stabilimento fattura, quanto più lei guadagna  e quindi riesce a restituire quanto deve all’Agenzia delle entrate. Un conflitto d’interessi? Il dicastero della ministra – quello del Turismo – ha mantenuto le deleghe alle concessioni balneari, che continuano a far fruttare agli stabilimenti (Twiga compreso) milioni di euro l’anno.

A pochi giorni dal giuramento del governo Meloni, nel novembre del 2022, proprio per evitare i conflitti d’interessi che le venivano contestati, Santanchè ha venduto le sue quote del Twiga incassando 2,7 milioni di euro. Una parte è stata ceduta a Kunz, il suo compagno e altri titoli sono invece stati girati a Briatore. Peccato che con il Twiga la ministra-imprenditrice non ha reciso totalmente i legami, e non solo per rapporti di parentela o amicizia.

Nella domanda di ristrutturazione del debito di Visibilia avanzata dai suoi legali, è specificato che i futuri pagamenti all’erario saranno eseguiti dalla società immobiliare Dani, «partecipata al 95 per cento» da Santanchè. Aggiungono poi che, «in particolare, le disponibilità economiche deriveranno» anche «dalla partecipazione che Immobiliare Dani s.r.l. detiene in Ldd sas di Kunz Dimitri d’Asburgo Lorena (compagno della ministra, ndr), società partecipata al 50 per cento da Immobiliare Dani s.r.l. e al 50 per cento da Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena». Inoltre, sottolineano, che da Ldd «Immobiliare Dani (cioè Santanchè, ndr) percepisce il 90 per cento degli utili». 

Ma c’è un punto che è centrale. «Per completezza – aggiungono – si precisa che Ldd sas di Kunz Dimitri d’Asburgo Lorena è una società di management che si occupa della gestione della Twiga S.r.l. e che per l’anno 2023 fatturerà alla Twiga S.r.l. stessa una fee pari al 3,5 per cento del fatturato di quest’ultima». Tradotto: grazie alla partecipazione nella società condivisa con il compagno incasserà una percentuale dalla gestione del Twiga di Briatore. Denaro che potrà essere usato per saldare il debito con il fisco.

Ki group e Bioera

Non c’è solo Visibilia tra le grane di Santanchè. Perché la procura di Milano sta cercando anche di capire se il ricorso alla cassa integrazione sia stato corretto anche per altre due società in passato amministrate dalla ministra: Ki Group e Bioera, società attive nel settore alimentare. Dal bilancio della prima i sussidi per il covid ammontavano a 432 mila euro nel 2020 e 141 mila euro nel 2021, mentre Bioera all’epoca aveva solo tre dipendenti. Gli investigatori vogliono capire come sono state impiegate le somme, visto che i dipendenti operativi si trovavano solo in Ki group.

Anche queste due società poi, come Visibilia, sono alle prese con liquidazioni giudiziali. Per Ki group è già stato disposto il fallimento, a gennaio 2024, mentre per Bioera finora la procura l’ha solo richiesto. E anche qui, considerato che la ministra-imprenditrice deteneva tramite la sua società immobiliare Dani srl il 5 per cento di Ki group, e lei stessa è stata presidente di Bioera fino al febbraio del 2022, in caso di fallimento rischierebbe un’altra inchiesta per bancarotta. Lo scorso 22 maggio Bioera ha tentato un’ultima mossa, avanzando un’istanza al tribunale fallimentare di Milano di «concordato in bianco», dopo che sono scaduti i termini della composizione negoziata della crisi e dopo che i pm milanesi hanno già avanzato una richiesta di fallimento.

La villa in Versilia e l’ipotesi riciclaggio

L’ultima rogna per Santanchè riguarda un’operazione immobiliare lampo del giugno del 2023 e svelata da uno scoop di Domani, quando nel giro di un’ora era stata acquistata e rivenduta una villa a Forte dei marmi. I due protagonisti sono Dimitri Kunz D’Asburgo, compagno di Daniela Santanchè, e da Laura De Cicco, moglie del presidente del Senato Ignazio La Russa. I due hanno messo a segno una ricca plusvalenza di un milione di euro.

L’operazione era stata conclusa il 12 gennaio 2023, quando Kunz e Di Cicco avevano firmato alle 10:18 davanti a un notaio di Milano l’atto di vendita di una villa a Forte dei Marmi, del valore di 3,45 milioni di euro. Quella stessa villa era stata comprata dai due appena 58 minuti prima, alle 9:20 di quello stesso 12 gennaio, per 2,45 milioni di euro dal sociologo Francesco Alberoni, già candidato nelle liste per le europee di Fratelli d’Italia nel 2019 a 89 anni.

Dagli atti risulta che la coppia è riuscita a saldare la compravendita grazie al denaro già ricevuto da Rapisarda, l’acquirente finale dell’immobile, imprenditore e frequentatore di Forte dei Marmi, del Twiga, amico di Kunz e della famiglia La Russa.

A fine marzo del 2023 la guardia di finanza ha iniziato a indagare per riciclaggio sui flussi di denaro e la destinazione della plusvalenza, per capire se quella somma sia servita a coprire i debiti di Visibilia.

Il capitolo dimissioni

«Dimissioni? Nessuno me le ha chieste». Così si esprimeva Santanchè il 4 aprile, dopo che la Camera dei deputati aveva appena respinto la mozione di sfiducia avanzata dal Movimento 5 stelle e sostenuta dalle opposizioni (senza Italia viva e +Europa). Ma ora che è arrivata la seconda richiesta di rinvio a giudizio, un passo indietro non è più una possibilità remota.

Fratelli d’Italia e Meloni avevano individuato proprio nel rinvio a giudizio la linea rossa per chiedere alla ministra di lasciare. Una posizione che aveva trovato d’accordo la stessa Santanchè: «Dopo la decisione del Gup – aveva dichiarato – per rispetto del governo e del mio partito, farò una seria e cosciente valutazione». Anche se in privato con i suoi continua a difendere la propria posizione: «Un rinvio a giudizio non è una condanna definitiva. Le accuse non stanno in piedi».

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