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Padre Puglisi era il parroco della chiesa di San Gaetano. A pochi metri di distanza abitavano i fratelli Graviano, Giuseppe e Filippo, i boss delle stragi in Continente, i più fedeli alleati di Totò Riina.
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La chiesa di don Pino non era quella che negava l’esistenza della mafia e dava rifugio ai latitanti, lui aveva sfidato i boss offrendo ai ragazzi di Brancaccio un’alternativa ai Graviano e tutti i loro amici.
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Cinque mesi prima del delitto, a maggio, durante la messa celebrata nella Valle dei Templi di Agrigento, Papa Wojtyla aveva gridato il suo anatema contro la mafia. Ai boss aveva urlato: «Convertitevi».
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata a don Pino Puglisi, parroco che aveva sfidato i boss del quartiere Brancaccio a Palermo offrendo ai ragazzi un’alternativa ai fratelli Graviano, ucciso nel 1993.
Doveva sembrare l'azione di qualche balordo, di un tossicodipendente, qualcuno che l'aveva colpito per portagli via qualche spicciolo. Una rapina finita male. Era il giorno del suo compleanno, il 15 settembre 1993. Quella sera, alle ore 20.40, don Pino stava rientrando a casa, nel suo appartamento di piazza Anita Garibaldi, quartiere Brancaccio, Palermo. Lo stavano aspettando i sicari di mafia.
Padre Puglisi era il parroco della chiesa di San Gaetano. A pochi metri di distanza abitavano i fratelli Graviano, Giuseppe e Filippo, i boss delle stragi in Continente, i più fedeli alleati di Totò Riina. Erano loro i capi mandamento di Brancaccio, erano loro che mal tolleravano la chiesa di don Pino, il suo essere prete in quella borgata degradata, dove si respirava omertà e dove in tanti - troppi - erano schiavi del potere mafioso.
La chiesa di don Pino non era quella che negava l’esistenza della mafia e dava rifugio ai latitanti, lui aveva sfidato i boss offrendo ai ragazzi di Brancaccio un’alternativa ai Graviano e tutti i loro amici.
Non erano mancate minacce e intimidazioni. Alla fine di giugno del 1993 le porte di casa di tre volontari del “Comitato intercondominiale” di Brancaccio erano bruciate, tutte e tre nella stessa notte. Poi le molotov contro la chiesa. E ancora le telefonate, le lettere anonime. Segnali.
Padre Puglisi era diventato un prete troppo ingombrante, troppo pericoloso non tanto per quello che diceva, ma per quello che faceva. Lontano dalle passerelle, dai riflettori, dalle parate. I boss lo tenevano d'occhio, il suo è stato un delitto annunciato. Forse per questo, qualche istante prima di essere ucciso, Don Pino disse al killer, sorridendo: «Me lo aspettavo».
Sul Blog Mafie per quindici giorni pubblichiamo alcuni stralci della sentenza di Corte d’Assise d’Appello (Presidente Innocenzo La Mantia, n.7/2001) che ha condannato a diciotto anni di reclusione Salvatore Grigoli - reo confesso, diventato collaboratore di giustizia - e all’ergastolo come mandanti i fratelli Graviano. Grigoli ha raccontato il movente del delitto e il contesto nel quale è maturato.
Cinque mesi prima, a maggio, durante la messa celebrata nella Valle dei Templi di Agrigento, Papa Wojtyla aveva gridato il suo anatema contro la mafia. Ai boss aveva urlato: «Convertitevi». Cosa Nostra aveva risposto con le bombe a Firenze, Roma e Milano. E poi è toccato a don Pino.
Di seguito, tutti gli articoli su questa serie:
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