Un detenuto si è tolto la vita nell’istituto di Parma, mentre a Torino una rivolta – poi sedata – ha portato al ferimento di 6 agenti penitenziari e all’intossicazione da fumo di altri due. Approfittando della concitazione, un altro carcerato ha provato a fuggire. Tentata evasione anche ad Avellino. I Radicali: «Denunceremo Nordio». Il sindacato Spp attacca il governo
È stato un Ferragosto particolarmente difficile nelle carceri italiane: alcuni episodi, accaduti in luoghi diversi, sottolineano ancora una volta quanto sia grave l’emergenza del sovraffollamento e delle pessime condizioni degli istituti penitenziari del nostro paese.
Nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino alcuni detenuti hanno tentato una rivolta, sedata dagli agenti penitenziari che hanno riportato ferite e intossicazioni: nella concitazione di quei momenti, un detenuto ha anche tentato di evadere. Nello stesso giorno, a Parma, proprio mentre nell'istituto era in corso la visita dei Radicali e del Garante nazionale, un detenuto tunisino di 36 anni si è tolto la vita, portando a 63 il numero totale di suicidi in carcere dall’inizio dell’anno. Mentre ad Avellino è stato registrato un altro tentativo di evasione, ma il detenuto fuggitivo è stato rintracciato poco dopo lungo le campagne nei dintorni del penitenziario.
La scorsa settimana, dopo l’approvazione di un decreto carceri che secondo esperti e osservatori non sarà per nulla incisivo sull’emergenza sovraffollamento e suicidi, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha proposto una nuova ricetta (di fatto evidenziando l’inutilità del decreto legge appena approvato) per porre rimedio al problema: modificare i presupposti per la custodia cautelare in carcere, sulla scia dell’ordine del giorno del deputato di Azione, Enrico Costa, passato dopo una riformulazione con il parere favorevole del governo. Una decisione che alimenta ancora di più le spaccature all’interno del centrodestra.
Nel frattempo i Radicali, che hanno visitato anche il carcere di Bologna, hanno annunciato l’intenzione di denunciare il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, per le condizioni inumane degli istituti penitenziari italiani.
La rivolta a Torino
Sei agenti di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Torino sono rimasti feriti, in modo non grave, nel tentativo di sedare dei disordini scoppiati nel giorno di Ferragosto in diversi reparti dell'istituto e proseguiti fino alla scorsa notte. Altri due sono rimasti intossicati dal fumo di un incendio. Gli agenti sono stati medicati all'ospedale Cto e dimessi con prognosi che vanno ai 7 ai 15 giorni.
Gli incidenti, secondo quanto è stato ricostruito, sono cominciati nel primo pomeriggio di giovedì 15 agosto con una zuffa fra una decina di reclusi nel terzo piano del padiglione B. I detenuti si sono rifiutati di rientrare nelle loro celle e uno di loro ha incendiato un materasso. Nel frattempo è scoppiata una protesta nel padiglione C.
Al terzo piano, oltre a rifiutarsi di entrare nelle celle, i reclusi hanno danneggiato le suppellettili, i neon dell'illuminazione e il sistema di videosorveglianza. Al secondo piano sono stati incendiati materassi e oggetti vari. Al primo il pavimento è stato cosparso di olio da cucina per ostacolare l'intervento degli agenti.
Per fronteggiare la situazione è stato richiamato il personale libero dal servizio e sono stati fatti confluire agenti anche da altri istituti penitenziari piemontesi.
Nel corso dei disordini di Ferragosto, a Torino c'è stato anche un tentativo di evasione dal carcere. Un venticinquenne di origini marocchine, approfittando della confusione, si è arrampicato sul muro che delimita il cortile e ha tentato di darsi alla fuga. Immediatamente è scattato l'allarme e il detenuto è stato rintracciato mentre cercava un varco o un modo per superare il muro di cinta.
La reazione dei sindacati
«Quanto è accaduto è una follia», ha detto Leo Beneduci, segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp, che ha definito l’istituto torinese «il più problematico d'Italia, ingovernabile e fuori controllo». Secondo Beneduci «questo carcere è nell’anarchia assoluta. I delinquenti comandano e spadroneggiano. La situazione è definita “vomitevole” dal personale ed è talmente pericolosa da costringerci a chiedere nuovamente al prefetto di disporre l'impiego immediato di altre forze, come l'esercito, perché siamo giunti al limite. E al ministro Nordio di disporre una ispezione immediata prendendo provvedimenti nei confronti dei responsabili di questo immane disastro».
Secondo l’Osapp è «inaccettabile che nell'istituto penitenziario più problematico d'Italia le funzioni di comando siano state affidate a un ispettore che, seppur bravo, non ha l'esperienza giusta. Ci auguriamo che la Corte dei conti chieda ragione al capo del Dap, vista la cospicua presenza in organico di numerosissimi “primi dirigenti” di polizia penitenziaria. Cosa ancora dobbiamo aspettare?».
Sulla stessa linea anche il sindacato autonomo Sappe: «Sconcerta rivedere le fiamme a Torino. È ancora vivo in tutti noi quel che avvenne il 3 giugno 1989, quando presero fuoco i materassi accatastati e le fiamme aggredirono il braccio femminile. Persero la vita 8 detenute e 2 agenti del penitenziario, Rosetta Sisca e Maria Grazia Casazza», ha dichiarato il segretario generale Donato Capece.
Il rappresentante di Sappe si è poi complimentato con «il personale dell'Istituto che ha saputo gestire con fermezza e professionalità la situazione», chiedendo un nuovo titolare nel reparto di polizia penitenziaria del capoluogo piemontese.
Suicidio in carcere a Parma
Nello stesso giorno, un detenuto tunisino di 36 anni, in attesa di giudizio, si è tolto la vita nel carcere di Parma, dove era arrivato da Ancona da soli tre giorni. L'anno prossimo avrebbe finito di scontare la condanna che gli era stata inflitta per ricettazione e per altri reati connessi al traffico di stupefacenti.
Si è tolto la vita «impiccandosi nella sua cella della sezione isolamento», ha riferito Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria, ricordando come all’interno dell’altissimo numero di persone che si sono tolte la vita in carcere quest’anno ci siano anche 7 poliziotti penitenziari.
Aldo di Giacomo, segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Spp, ha ricordato tra l’altro che si tratta del terzo suicidio in carcere nel 2024 a Parma, che registra uno dei tassi più alti nel nostro paese: «È una strage di stato senza il minimo impegno da parte del governo per arginarla. Il governo dovrebbe agire nell'interesse collettivo e non muovere le proprie decisioni, disinteresse in questo caso, solo per ideologia politica. La polizia penitenziaria è allo stremo senza interventi il sistema imploderà», ha detto il sindacalista.
«Mentre gran parte della politica si ricorda delle visite in carcere solo a Ferragosto (nell’istituto di Parma era in corso la visita dei Radicali e del Garante nazionale, ndr), magari in luoghi di villeggiatura, e la maggioranza di governo converte in legge un decreto vuoto, tanto che il ministro Nordio ha annunciato contestualmente nuove misure per far diminuire di 15/20mila le presenze detentive (a cosa serve allora il commissario straordinario per l'edilizia?) e il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria si è cimentato nell'ennesimo vaderetrum (un vademecum illuminante come le luci di Natale), nei penitenziari la scia funebre continua inarrestabile», denuncia Gennarino de Fazio, segretario generale della Uilpa, che ha ricordato anche come gli agenti penitenziari siano sotto organico «di ben oltre 18mila unità».
Tentativo di evasione ad Avellino
«Sempre ieri sera – ha raccontato ancora de Fazio – un detenuto, approfittando anche del fatto che l'agente in servizio dovesse vigilare contemporaneamente su due sezioni, è riuscito a eludere la sorveglianza e ad evadere dalla Casa Circondariale di Avellino. Fortunatamente, è stato rintracciato poco dopo dalla polizia lungo le campagne non lontano dal penitenziario. Speriamo di arrivare a settembre senza troppe macerie a ricoprire altri cadaveri, poi saremo curiosi di sapere cosa il Guardasigilli nasconde nel cilindro, ma soprattutto auspichiamo che voglia spiegare a noi e al paese perché non lo abbia estratto prima. A meno che, come in verità temiamo, non si tratti di un altro annuncio inconsistente».
I numeri dell’emergenza
Le persone detenute che dall'inizio dell'anno a oggi si sono tolte la vita in carcere sono 63: «un dato elevato» rispetto allo stesso periodo del 2023, in cui si registrarono 44 suicidi (+43,1 per cento) e del 2022 in cui se ne registrarono 52 (+17,1 per cento)», ha fatto notare invece il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Felice Maurizio D'Ettore, in un focus sul fenomeno basato su dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Delle 63 persone morte per suicidio quest'anno, 61 erano uomini e 2 donne: con riguardo alla nazionalità, 33 italiane (il 52 per cento) e 30 straniere (48 per cento), provenienti da 15 diversi paesi. Le fasce d'età più presenti sono quelle tra i 26 e i 39 anni (30 persone) e tra i 40 e i 55 anni (16 persone); le altre si distribuiscono nelle classi 18-25 anni (7 persone), 56-69 anni (9 persone) e over 70 (una). L'età media delle persone che si sono suicidate è di circa 40 anni. Quanto alla posizione giuridica al momento del suicidio, 26 erano state giudicate in via definitiva e condannate (41,3 per cento), mentre 8 avevano una posizione cosiddetta "mista con definitivo", cioè avevano almeno una condanna definitiva e altri procedimenti penali in corso; 24 persone (38,1 per cento) erano in attesa di primo giudizio, 2 ricorrenti, 2 appellanti e un internato provvisorio.
Con riferimento invece ai reati ascritti, dal report emerge che la maggior parte delle persone (33, pari al 53,3 per cento) che si è tolta la vita in carcere era accusata o era stata condannata per reati contro la persona: tra questi, 13 per omicidio (tentato o consumato), 8 per maltrattamento in famiglia e 4 per violenza sessuale. A seguire i reati contro il patrimonio (20, pari al 31,7 per cento) e quelli legati agli stupefacenti (5). Trentaquattro detenuti (pari al 54 per cento) si sono suicidati nei primi sei mesi di detenzione; di queste, 7 entro i primi quindici giorni e 5 addirittura entro i primi cinque giorni dall'ingresso. Trentaquattro persone (54 per cento) sono risultate coinvolte in altri eventi “critici” e di queste 15 (il 23,8 per cento) avevano precedentemente messo in atto almeno un tentativo di suicidio.
Inoltre, 14 persone (il 22,2 per cento dei casi) erano state sottoposte alla misura della "grande sorveglianza" e di queste 5 lo erano anche al momento del suicidio. Gli istituti in cui si sono verificati i suicidi sono 42, pari al 22,1 per cento del totale delle strutture penitenziarie.
I Radicali: «Denunceremo Nordio»
I Radicali italiani, che hanno visitato gli istituti di Parma e Bologna, con una delegazione composta dal segretario nazionale Matteo Hallissey, dal tesoriere Filippo Blengino, dal portavoce di +Europa Bologna Alessio Zini e altri attivisti radicali, hanno annunciato l’intenzione di denunciare Nordio «anche per le condizioni del carcere di Bologna, dove sono evidenti situazioni di illegalità. La dignità e i diritti umani sono palesemente violati», ha detto Hallissey.
Secondo il segretario dei Radicali italiani «le condizioni del carcere di Bologna sono disumane. In questo mese di caldo torrido, non ci sono ventilatori e la struttura è fatiscente, con oltre il 160 per cento di sovraffollamento. Due terzi dei detenuti potrebbero usufruire di misure alternative, ma non possono farlo perché sono stranieri senza un domicilio. È una follia».
I Radicali hanno visitato anche il carcere Pagliarelli e l’Ucciardone di Palermo. Anche in quell’occasione hanno parlato di «situazione drammatica», tra «carenza di personale, sovraffollamento tra i detenuti e una novità che non ci era stata comunicata e che forse nessuno all'esterno sapeva: da metà luglio nel reparto di alta sicurezza (del Pagliarelli, ndr) nel braccio destro è stato disposto di realizzare una sezione di reclusione dove espiare le pene definitive. Una decisione che ha creato tanta tensione tra i detenuti e che ha fatto scattare lo scorso 2 agosto momenti di tensione e disagio tra i detenuti», ha detto Donatella Corleo, consigliera generale del partito Radicale.
«La casa di reclusione per i detenuti che devono scontare la pena definitiva, per lo più oltre i cinque anni, deve consentire di potere svolgere un'attività lavorativa. In questo modo creando una sezione di reclusione in un braccio di alta sicurezza comprimi le opportunità lavorative e crei ancora un ulteriore sovraffollamento perché rischi di fare arrivare in questa sezione i detenuti da tutta la Sicilia che devono scontare una pena definitiva», ha concluso Corleo.
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