Il primo anno della nuova Mediaset, quella senza Silvio Berlusconi, è passato. Un anno in cui il suo erede alla guida del Biscione, Pier Silvio, ha mosso finalmente i primi passi in autonomia, compiendo decisioni azzardate e riorganizzando le tre reti per affrontare il futuro. E in cui il duello con la Rai ha toccato nuovi picchi. 

Nel giorno dell’anniversario su Mediaset è in programma in simulcast sulle tre reti il documentario di Toni Capuozzo Caro presidente un anno dopo, mentre i figli hanno pensato di dedicargli anche una pagina pubblicitaria sui maggiori quotidiani. 

Il ricordo resta sempre vivo, ma in azienda l’impressione è stata fin da subito che Pier Silvio fosse arrivato per restare, e che la sua affinità – e forse anche quella di Marina – fosse più con l’imprenditoria che con la politica. Insomma, Mediaset strumento d’elezione rispetto a tutte le altre aziende (e Forza Italia) per mantenere l’influenza della famiglia sulla vita pubblica italiana. 

Ma quell’influenza Mediaset se l’è guadagnata: l’intuizione fulminante dell’ex Cavaliere di costruire un impero di televisioni private aggirando il vincolo legislativo con la trovata delle cassette per trasmettere in parallelo ovunque la stessa programmazione si è evoluta portando agli italiani, dal punto di vista contenutistico, programmi che la Rai all’epoca non era in grado di offrire.

Dalle soap opera – Dallas e Dynasty su tutte, trasmesse a partire dal 1981-82 – all’intrattenimento per adulti e bambini, il Biscione ha cambiato le abitudini (e le aspettative) del pubblico. Se Non è la Rai ha contribuito (insieme a Drive in) a disinibire il desiderio di chi in tv cercava outfit minimali su corpi sensuali, i cartoni animati giapponesi hanno catturato l’attenzione dei più piccoli, il Grande fratello ha fatto sbarcare il reality in Italia, mentre Striscia la notizia segna il passo di tempi, trash, gossip e inchiesta ancora oggi. 

Tutti prodotti che il servizio pubblico ha in sequenza rifiutato, subito e poi replicato: serialità, attenzione ai più piccoli, reality e ballerine svestite (resta negli annali il piano di ascolto di Amadeus, mentre l’allora ballerina e sua futura moglie Giovanna Civitillo danzava sulle note di Livin’ la vida loca di Ricky Martin) sono sbarcate anche in Rai.

La virata di Pier Silvio

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Ma la politica è sempre stata una componente di peso, anche su tre reti volte all’intrattenimento. Oltre al fedelissimo Emilio Fede, a lungo al timone del Tg4, Mediaset ha visto anche l'esordio di Enrico Mentana, che neanche quarantenne ha fondato il Tg5, dove, almeno ad ascoltare l’ad di Cologno Monzese (e qualche battuta tagliente del direttore del Tg La7) non sembra da escludere che possa tornare. Una linea sempre in capo a Mauro Crippa, che nell’ultimo anno Pier Silvio ha però voluto allontanare dall’infotainment spericolato di Barbara D’Urso e dagli allarmi invasione di Mario Giordano. 

Il direttore generale Crippa, considerato universalmente il fautore di certa insistenza su alcuni temi cari ai populisti, in altri tempi poteva contare su una delega quasi totale da parte di Silvio Berlusconi. Il suo rapporto con il capofamiglia era un asse che il manager utilizzava per arginare le ambizioni di Pier Silvio: di fronte alle indicazioni del padre, anche il numero uno di Mediaset doveva fare un passo indietro.

Ora, quell’asso da giocare è venuto meno a Crippa. Che ha accettato di cedere il controllo sulla linea editoriale e i palinsesti a Pier Silvio, compensato a novembre anche da un’ulteriore promozione alla direzione Comunicazione e immagine dell’azienda, un’altra poltrona di gran potere.

E pazienza se oggi la linea non è più quella giordanesca anti-immigrati tanto cara alla Lega di qualche anno fa, quando Matteo Salvini aveva il 30 per cento dei consensi.

L’emancipazione di Pier Silvio (e Marina) che sta allontanando Mediaset dalla linea tradizionale ha mirato a dimostrare che è possibile fare ascolti anche senza il trash a cui le reti del Biscione avevano abituato gli spettatori nell’ultimo decennio. Una scommessa vinta per metà: lo share ha tenuto, beneficiando però parecchio del fatto che la Rai non ha saputo costruire alternative valide, soprattutto in termini di approfondimenti e certe prime serate. 

L’azzardo di Pier Silvio si è concretizzato nell’allontanamento coatto della regina del pomeriggio di Canale 5 e l’introduzione di corpi alieni nel palinsesto. Myrta Merlino è stata molto discussa, il suo approccio meno nel segno della trash tv dursiana si è dovuto progressivamente piegare al “caffeuccio” che fu simbolo della presentatrice diventata nel frattempo influencer TikTok, ma Pomeriggio 5 continua a essere battuto regolarmente dalla Vita in diretta di Alberto Matano su Rai1.

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Nonostante il carattere importante della conduttrice, che viene descritta come insofferente e desiderosa di prendersi le stesse libertà che aveva a La7, Pier Silvio ha annunciato la sua riconferma. «Myrta Merlino al pomeriggio ha fatto un buon lavoro e il prodotto è migliorato sia per ascolti che per profilo: siamo soddisfatti. Non abbiamo motivi per non riconfermarla alla conduzione».

Scommessa Rete4

Già, il profilo: l’idea di togliere il trash dalle reti è la stessa che ha portato a rafforzare il profilo di Rete4 come rete dell’informazione. Conta poco che, sullo sfondo, Barbara D’Urso ha raccontato un’altra versione di come sia nata la sua tv fatta di rosari recitati in diretta, gossip e cronaca nera in un’intervista di fuoco dopo l’allontanamento da Canale 5: «Ho fatto tante trasmissioni in cui c'erano cose buffe, cose divertenti, cose anche estreme a volte, ma sempre perché mi venivano chieste».

Ma insomma, nel primo anno del dopo-Silvio le cose sono cambiate. Sul quarto canale è sbarcata per esempio Bianca Berlinguer, in rotta con la Rai targata Meloni, uno dei grandi volti che ha lasciato Rai3 condannandola a un destino – a parte poche eccezioni in palinsesto – di anonimato. Il suo È sempre Cartabianca ha tenuto gli ascolti che faceva anche in Rai, anche se la conduzione dell’access time continua a non brillare.

Era andata perfino peggio a Nicola Porro, che pur con la sua grande esperienza in prima e seconda serata non era sembrato adatto al programma. Per non parlare dell’edizione del fine settimana, dove gli ascolti asfittici di Augusto Minzolini sono costati quasi subito l’affiancamento all’ex colonnello di Berlusconi senior.

A fine anno, neanche il rapporto storico che lo legava al capofamiglia è riuscito a impedire che fosse accompagnato alla porta: un’altra dimostrazione di autonomia della nuova generazione.

La detrashizzazione ha toccato perfino il più trash dei format, i reality. Pier Silvio ha dato la sua impronta soprattutto al Grande Fratello, dove ha voluto cambiare i criteri di selezione dei partecipanti. «Ho visto alcune puntate dell’edizione scorsa del Grande Fratello e ho trovato che ci fossero degli eccessi: la nuova linea editoriale si traduce in “non scegliamo concorrenti per fare casino, ma concorrenti con delle storie”. In questa Isola dei Famosi ci sono state cadute di stile: il lavoro che è stato fatto sul Grande Fratello mi soddisfa, quello sull’Isola meno».

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Effettivamente, soprattutto l’Isola condotta da Vladimir Luxuria non è stata un successo in termini d’ascolti, ma anche il Grande Fratello secondo la nuova formula ha attratto in media meno ascoltatori delle precedenti edizioni. 

Nonostante tutto, però, alla fine la linea di Pier Silvio sembra aver pagato. Almeno in termini di ascolti, anche se lo share è sempre materia di interpretazione più dei testi antichi. Alla conferenza stampa di presentazione dei palinsesti 2024/25 Berlusconi jr ha lanciato la notizia, spiegando che «dallo scorso settembre a fine maggio, nelle 24 ore, compresi tutti gli eventi, il totale Mediaset è davanti al totale Rai».

Un sorpasso che pure, ha detto l’ad, non è un obiettivo per il Biscione. Quasi un piacevole effetto collaterale. La replica piccata di viale Mazzini è arrivata a stretto giro: per l’azienda, nei primi cinque mesi del 2024 la Rai è primo editore televisivo in Italia, «distanziando le reti Mediaset nell'intera giornata e nel Prime Time. Considerando le reti generaliste, la Rai ha circa 5 punti di vantaggio su Mediaset nell'intera giornata e ben oltre 7 punti di vantaggio nella prima serata. Va evidenziato come sia aumentato il divario tra Rai 1 e Canale 5 nel prime time rispetto allo stesso periodo del 2023. Nel 2024 Rai 1 ha fatto registrare un 7,3 per cento di share rispetto a Canale 5». 

A taccuini chiusi la spiegazione che arriva da viale Mazzini è più schietta: il problema, filtra, sono le reti tematiche. Mentre quelle della Rai sono improntate al servizio pubblico, come nel caso di RaiStoria, RaiScuola o RaiGulp, quelle di Mediaset, che sono pure di più, vertono su Crime e serialità, un palinsesto decisamente più appetibile per il pubblico.

E allora, ragionano in Rai, perché non smontare una delle reti tematiche che oggi arrancano e destinarla ai territori, riempendola con il branded content?

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