La corsa chiamata l’Inferno del nord va sofferta fino in fondo. E una volta approdati al velodromo c’è un altro rito collettivo. Un cubo di cemento, tozzo, disadorno, a cui nessuno sembra aver messo mano da quando fu costruito negli anni Venti del secolo scorso. In quelle due grandi stanze con i soffitti alti, i corridori si lavano e ricevono un battesimo profano. Un simbolo che resiste