Il punto non è se sia giusto o no trasformare Cent’anni di solitudine in una serie tv, ma riflettere sulla mostruosa potenza generativa dell’opera di Márquez, sul carattere mitopoietico della sua scrittura. La parola “cinema” viene dal greco “kínema” che vuol dire movimento, e la scrittura di Márquez è essa stessa quel movimento, perché Gabo ha cominciato a muovere quelle marionette da quando era un bambino nel villaggio fluviale di Aracataca, mentre ascoltava le storie di sua nonna Tranquilina Iguaràn, che gli ronzavano attorno come mosconi.