- I misteri del massacro del 19 luglio 1992 sono contenuti nella relazione della Commissione Antimafia siciliana, presieduta da Claudio Fava.
- È la seconda parte di un lungo lavoro. La prima parte partiva dalle denunce di Fiammetta Borsellino sugli errori e sulle colpe degli uomini delle istituzioni.
- Tanti i i testimoni ascoltati dalla Commissione. Il primo è il procuratore generale Roberto Scarpinato: «La strage di via D’Amelio è ancora tra noi».
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata al depistaggio sulla strage di via D’Amelio, nella quale morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
La presenza sul luogo della strage di quegli "uomini in giacca e cravatta”, la figura del procuratore capo di Palermo Pietro Giammanco e i suoi dissidi prima con Falcone e poi con Borsellino, la scomparsa dell'agenda rossa, le rivelazioni di Giovanni Brusca e la strategia dei fratelli Graviano, le ultime velenose confessioni di Maurizio Avola che demoliscono vent'anni di indagine.
Tutti i misteri del massacro del 19 luglio 1992 sono contenuti nella relazione della Commissione Antimafia siciliana, presieduta da Claudio Fava, un'inchiesta sui depistaggi che hanno accompagnato l'istruttoria giudiziaria sull'uccisione di Paolo Borsellino. E' la seconda parte di un lungo lavoro (la prima parte partiva dalle denunce di Fiammetta Borsellino sugli errori e sulle colpe degli uomini delle istituzioni) che sarà dato alle stampe in questi giorni e che arriva a una settimana dalla sentenza della Cassazione che ha reso definitive le condanne del “Borsellino Quater”.
Sul Blog Mafie per tre settimane pubblicheremo ampi stralci della relazione che si apre proprio con il racconto del pentito catanese Maurizio Avaola confluite nell'ultimo libro di Michele Santoro, “Nient'altro che la verità”. La Commissione Antimafia smonta pezzo dopo pezzo la versione fornita dal sicario della famiglia Santapaola-Ercolano, attualmente indagato per calunnia alla procura della repubblica di Caltanissetta.
Tanti i i testimoni ascoltati dalla Commissione. Il primo è il procuratore generale Roberto Scarpinato: «La strage di via D’Amelio è ancora tra noi».
A quasi trent'anni da quel 19 luglio 1992 c'è sempre un “vuoto di verità” intorno alle morti di Paolo Borsellino e dei cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Limuli, Claudio Traina, Emanuela Loi ed Eddie Walter Cusina. Quattordici processi e una giustizia ancora lontana. Le conclusioni della commissione parlamentare: «Come si costruisce una menzogna alla quale tutti – o comunque troppi – finiscono per credere? È stata la domanda che ci siamo posti all’atto di avviare questa seconda inchiesta. E qui ci siamo misurati con il significato plurale della parola “depistaggio”: non una trama sinistra ordita da uno sparuto manipolo di soggetti, ma un pensiero organizzato, spregiudicato, capace di una sua continuità ed impunità nel tempo, coperto da inconfessabili complicità».
E ancora: «Ma fu depistaggio anche tutto ciò che precedette quella maledetta domenica. Come il progressivo e calcolato isolamento, professionale e umano, cui fu sottoposto Paolo Borsellino. Aspetti, quelli legati ai rapporti con il procuratore Giammanco e alla carenza del dispositivo di sicurezza intorno al magistrato, che avrebbero preteso puntuali approfondimenti da parte dell’Autorità Giudiziaria – come abbiamo evidenziato in molte pagine di questa relazione – ma che l’“invenzione” di Scarantino oscurò del tutto».
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